L'approfondimento

Le paure dietro la scelta: «Meglio un orso di un uomo»

Con la ricercatrice e docente in psicologia e neuroscienze sociali dell'USI Rosalba Morese parliamo del dilemma diventato virale sui social, in cui si chiede alle donne se preferirebbero trovarsi bloccate nel bosco con un animale o con un essere umano
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Federica Serrao
14.05.2024 09:00

«Preferiresti trovarti bloccata da sola in un bosco con un uomo o con un orso?». Questa la domanda che un ragazzo ha rivolto a diverse giovani donne, in un video diventato virale su TikTok. Un quesito molto semplice. La cui risposta, però, è decisamente più articolata. Stando a quanto emerge dal dibattito generato online, sembrerebbe esserci una preferenza ben marcata. «Preferirei trovarmi con un orso. Gli uomini fanno paura». «Ho sentito che gli orsi non ti attaccano, a meno che tu non dia loro fastidio. Quindi, forse, meglio un orso». «Dipende che tipo di uomo, ma probabilmente sceglierei l'orso». «Preferirei al 100% un orso, anche se è terribile da dire». «Gli orsi mi terrorizzano. Ho sempre avuto paura di loro, fin da quando ero piccola. Mi spaventano da morire. Ma sceglierei comunque un orso». 

Sono solo alcune delle tantissime risposte raccolte, tra video e commenti sui social, sulla questione. In questo caso, è opportuno ribadirlo, non ci sono risposte giuste o risposte sbagliate. Si tratta, insomma, di una domanda ipotetica e soggettiva. Tuttavia, la tendenza registrata, che vede le donne aver meno paura di incontrare un orso rispetto a un uomo, ha sollevato discussioni più ampie. Soprattutto riflessioni, in particolare sul concetto di paura, cruciale per rispondere a questa domanda. Con la ricercatrice e docente in psicologia e neuroscienze sociali Rosalba Morese dell'Università della Svizzera italiana proviamo a esplorare, più in profondità, quello che si nasconde dietro alla risposta a quello che, apparentemente, sembra solamente un semplice quesito diventato virale sui social. 

Comportamenti «imprevedibili»

«Per cominciare, dobbiamo fare una premessa. La scelta tra uomo e orso rappresenta un dilemma: molte persone si sono espresse a riguardo, ma non si tratta di uno studio scientifico, con risultati utili, da poter interpretare in maniera generalizzata», chiarisce l'esperta. «Tuttavia, alla base di questo dilemma, è possibile individuare un concetto molto importante: quello di paura, che sperimentiamo quando ci troviamo in situazioni di minaccia e pericolo». Questa domanda, insomma, sollecita quella che è la nostra risposta di paura. Paura che potremmo provare sia di fronte a un uomo che a un orso. Ma i comportamenti dell'essere umano potrebbero essere meno prevedibili rispetto a quelli dell'animale, secondo quanto sottolineano diverse donne online. 

«La cosa peggiore che possa fare un orso è ucciderti, l'uomo può fare molte più cose, come violentarti o torturarti», osserva un'utente, a cui si accodano molte altre ragazze, che sostengono che l'uomo possa fare del male in molti modi, non necessariamente uccidendo la vittima. E sono proprio le conseguenze di questi gesti «imprevedibili» che, in diversi casi, spaventano. «Il problema non è soltanto chi, tra uomo e orso, ci potrebbe attaccare. La mente umana, infatti, di fronte alle due diverse situazioni, rappresenta le possibili conseguenze, non solo a breve termine, ma anche nel medio e lungo termine», ci spiega la nostra interlocutrice. 

Il punto è che molte volte, quando si è vittima di qualcuno, non c'è solo un pericolo imminente
Rosalba Morese

Diversi livelli di vittimizzazione

Ma non è tutto. «In una situazione come quella descritta, in primo luogo potremmo reagire con la classica reazione automatica di fuga, che è ciò che succede quando abbiamo paura. La nostra mente, però, pianifica anche, come detto, quelli che potrebbero essere rischi. Sappiamo, per esempio, che di fronte a un orso potrebbe esserci un problema immediato. Ma di fronte a un altro essere umano, in caso di pericolo, potrebbero esserci più problematiche, difficili e minacciose, da affrontare». Senza bisogno di scendere nei particolari, insomma, la preoccupazione di molte donne tra i commenti è quella di incontrare un malintenzionato, che possa sottoporla a torture e molestie peggiori persino alla morte. «Il punto è che molte volte, quando si è vittima di qualcuno, non c'è solo un pericolo imminente. Ci sono, infatti, anche dei processi di vittimizzazione secondaria e terziaria con cui la persona è costretta a convivere». 

Per spiegarci meglio di cosa si tratti, l'esperta ci propone un esempio preso direttamente dai commenti letti online. «Mi ha colpito la risposta di un'utente, che diceva: "Preferirei mi attaccasse un orso, perché se fosse un uomo, e io riuscissi a sopravvivere, poi dovrei passare tutta la vita a cercare di convincere la gente a credere a ciò che mi è successo". Questo evidenzia le conseguenze legate al difficile momento di pericolo che potremmo vivere, alle violenze che possiamo subire in varie forme, e in generale a tutto ciò che succederà dopo». Il timore di non essere tutelati e creduti da chi di dovere, dunque, potrebbe solo peggiorare una situazione già delicata. «La vittimizzazione secondaria implica il giudizio, la condanna sociale, ma anche l'emarginazione, l'isolamento e l'esclusione sociale. La situazione diventa ancora più impattante quando entra in gioco la vittimizzazione terziaria, ossia quando la persona colpevole non viene punita». 

In altre parole, la nostra mente – chiarisce la nostra interlocutrice – conosce la complessità di una situazione, che potrebbe portare a ulteriori minacce e conseguenze a livello non solo fisco ma anche psicologico e sociale. Ed è per questo motivo che, di fronte a una domanda come quella presa in esame, molte donne potrebbero rispondere esprimendo preferenza per l'orso. «Ricordiamo che la sofferenza derivante dalla violenza di genere include tantissimi aspetti. Spesso risulta più semplice ed evidente considerare l’impatto fisico e diventa più difficile tenere in considerazione l'impatto psicologico che può avere sulla persona che vive questa situazione, tanto da incidere sullo stato dia salute, sulla vita sociale e lavorativa della vittima. Ed è per questo che pensare a una condizione di pericolo come questa in realtà può richiamare le paure associate alla situazione».

La paura è un'emozione funzionale alla sopravvivenza
Rosalba Morese

Una paura più complessa

Un aspetto importante da sottolineare è anche quello relativo ai dati che parlano di femminicidi e di violenza sulle donne. «In questo caso si parla di violenza di genere, perché la domandaposta a donne rispetto al rischio di incontrare in un contesto di pericolo con un uomo. Se pensiamo ai casi di cronaca, è indubbio che, a livello mondiale, le situazioni di pericolo riguardano maggiormente le donne, rispetto agli uomini». Una ragione che, certamente, può contribuire a portare a un certo tipo di risposta, piuttosto che a un'altra. «La paura è un'emozione funzionale alla sopravvivenza. Ma tanto dipende anche dall'esperienza. Dunque, questi pensieri sono basati in gran parte sui nostri ricordi, o su ciò che abbiamo vissuto in passato. Può trattarsi sia di esperienze positive, che di esperienze negative, rispetto a situazioni che coinvolgevano uomini e situazioni di pericolo».

Tuttavia, quando si parla di violenza di genere, ci sono tantissime sfumature. «Molestie, cat-calling, sessismo, discriminazioni, abusi, sono solo alcuni esempi di violenza di genere. Potrebbe trattarsi anche di diffusione non consensuale di immagini personali. Ciononostante, le esperienze, dirette e indirette, che le persone che hanno risposto possono aver percepito, ci fanno riflettere su quanto questo fenomeno possa essere diffuso. Sicuramente, c'è un arousal, come suggeriscono le neuroscienze. Potremmo avere, insomma, già una preparazione, che ci consente di proiettarci più facilmente in quel contesto e in quel setting provando più paura, rispetto a quanto potrebbe accadere con un evento che potremmo considerare più raro, come quello dell'incontro con un orso». In altre parole, dal momento che sono molto più frequenti i casi in cui è un uomo a far del male a una donna, rispetto a quelli in cui il colpevole è un animale, la nostra mente rappresenta più facilmente il primo scenario. Facendo ricadere la preferenza sull'orso, che viene considerato meno pericoloso.  

Dietro a questa emozione negativa, in realtà, se ne nascondono molte altre, come quella della normalizzazione della violenza di genere, la giustificazione, e non solo
Rosalba Morese

«Abbiamo sicuramente una componente che viene associata a livello di minaccia, ma anche di familiarità e che può essere, come detto, più vicina o più lontana. Può essere, per esempio, una paura che proviamo in maniera sistematica in alcuni contesti. Quindi, è come se quella paura fosse espressa in maniera più evidente, attraverso questo dilemma». Ossia, la domanda tra chi si preferirebbe incontrare in un bosco, tra un uomo e un orso. «Questo ci fa riflettere sul fatto che dietro a questa emozione negativa, in realtà, se ne nascondono molte altre, come quella della normalizzazione della violenza di genere, la giustificazione, e non solo. Dunque, non è solo una paura legata a una situazione: piuttosto, quella paura mette in evidenza tutto ciò che si nasconde, realmente, dietro alla risposta», osserva Rosalba Morese.

«Quando una donna vive una situazione di questo tipo, ciò ha un impatto enorme su qualcosa che io definisco il "pilastro, le fondamenta di una persona": ossia, la sua dignità e la sua identità. Situazioni di questo tipo ledono il pilastro che tiene in piedi la nostra identità individuale, rendendoci molto fragili. Ed è anche per questo motivo che la paura dell'uomo, per una donna chiamata a rispondere a questa domanda, può diventare veramente simbolica. La violenza colpisce la dignità, e non c'è cosa peggiore, al di là di tutto ciò che potrebbe succedere, quando sentiamo le nostre fondamenta crollare, rendendoci fragili e indifese». E basta un semplice dilemma, diventato virale sui social, per dimostrarlo.