Cultura

«Comunismo e Nazismo, diversi ma accomunati dal fascino per i dittatori»

Paolo Grugni protagonista all'hotel Dante Lugano di un confronto tra i due regimi, tra ossessioni, paranoie e paure: «Il loro retaggio ancora presente nella società odierna»
Mattia Sacchi
27.05.2023 06:57

Comunismo e Nazismo. Due dittature così simili ma così diverse tra loro, nel cui confronto è facile cadere in stereotipi e luoghi comuni. A confrontare e analizzare i due regimi Paolo Grugni, protagonista ieri di una serata all’Hotel Dante di Lugano organizzata da Reto Sormani, direttore generale della Sandro Sormani SA, e moderata dal giornalista del Corriere del Ticino Mattia Sacchi.

Lo scrittore milanese, ma in pianta stabile a Berlino, è autore di «Darkland», incentrato sui movimenti neonazisti ai giorni nostri, e «Il palazzo delle lacrime», ambientato negli ultimi anni della DDR. In una sala piena in ogni ordine di posto, Grugni ha illustrato come, per quanto unite dal filo comune della propaganda e della disinformazione di Stato, le due dittature si approcciassero in modo completamente opposto alle rispettive utopie.

Ne «Il palazzo delle lacrime», Grugni narra le vicende di un maggiore della Stasi, nella disillusione di un comunismo che si alimenta di oppressione e controllo dei suoi cittadini. Mentre in «Darkland» sarà un criminologo a unire gli elementi esoterici che sono alla base fondante dell’ideologia nazista in cui quello ariano è il popolo eletto.

Il romanzo diviene quindi il pretesto per analizzare valori e dogmi poco conosciuti delle due ideologie, nei quali Grugni trae riflessioni e ritratti inediti di personaggi realmente esistiti come Markus «Mischa» Wolf, «l’uomo senza volto» a capo della Stati per oltre 30 anni, e «l’angelo della morte» Josef Mengele, autore di atroci e sconvolgenti esperimenti durante gli anni del nazismo.

«I dittatori hanno sempre catalizzato un certo fascino da parte delle popolazioni oppresse, in cerca di leader che possa aiutarli, almeno ascoltando le loro promesse, a migliorare le loro condizioni di vita. Un fascino che per molte persone persiste ancora oggi, nonostante quello che sappiamo su di loro. Proprio per questo ritengo importante il lavoro di analisi sui motivi per cui sono arrivati al potere e anche sui crimini che hanno commesso, cercando di far vivere ai lettori le atmosfere che un normale cittadino poteva vivere in quegli anni», spiega Grugni.

Che tuttavia non vuole cadere in stucchevoli paragoni, magari facendo la conta dei morti di ogni regime: «Sono discorsi inutili che lasciano il tempo che trovano, non penso che a una persona normale interessasse la differenza tra un gulag o un campo di concentramento. In entrambi i casi sono stati strumenti di repressione per pedine che in alcuni casi diventavano semplicemente carne da macello. Preferisco riflettere su come abbiano condizionato la società in cui viviamo oggi e su come il loro retaggio sia ancora presente. Esserne consapevoli e informati è l’unico modo per evitare che certi orrori riaccadano».