Di manoscritti, film e case maledette
Quante volte abbiamo visto e sentito il perentorio invito: non entrate in quella casa! Ce lo hanno consigliato e anche ordinato innumerevoli locandine di film dell’orrore per attirarci, nostro malgrado, proprio all’interno di quelle sequenze filmiche presunte maledette. Ora – a dire il vero il libro è del 2000 e la prima edizione italiana del 2005 – la stessa strategia viene tentata da un romanzo enigmatico dal titolo all’apparenza innocuo Casa di foglie. L’autore è l’americano Mark Z. Danielewski e la casa editrice che ripete l’operazione in Italia è 66THAND2ND. Anche nel caso di Danielewski, tanto per non smentirsi, ci sono gli inviti a inizio libro di lasciar perdere. Chi decide di leggerlo si avventura in un’accozzaglia di racconti che si combinano e ricombinano in una miriade di caratteri diversi. In breve, è la storia di tale Zampanò, che muore cieco in un appartamento chiuso ermeticamente, e quella di Johhny Truant che nell’abitazione trova un manoscritto del morto a proposito di un film girato da tale Navidson a proposito di una casa, la casa di foglie, in cui andò ad abitare con la famiglia. Casa che è, ovviamente, maledetta e le sue forme/dimensioni variano. Da corridoi sperduti proviene un ringhio minaccioso... Il libro sembra essere piaciuto a Stephen King, a chi altri sennò?
Recensione apparsa su ExtraSette n. 4, 2020