Antologie

Gli equilibri poetici di Pusterla tra consapevolezza e ricerca

Raccolte in un volume denso di spunti e di significati, le liriche frutto degli ultimi dieci anni di produzione letteraria dell’intellettuale ticinese riportano in evidenza le tematiche e i linguaggi di un instancabile osservatore del reale
Fabio Pusterla (Mendrisio, 1957) insegna letteratura italiana al liceo e all’università. © CdT/Archivio
Matteo Airaghi
Matteo Airaghi
13.04.2022 06:00

Avrebbero di sicuro lasciato sbigottiti gli occhiuti e paranoici funzionari della Stasi (la famigerata polizia segreta della Germania Est) sempre a caccia dell’ingrediente segreto della poesia e della sua (per loro incomprensibile) fascinazione sulle pensanti menti umane, le liriche di Fabio Pusterla contenute nella recente antologia Da qualche parte nello spazio (edita dalla fiorentina Le Lettere) che condensa gli ultimi dieci anni di produzione e ricerca dello scrittore e intellettuale ticinese. E lo avrebbero fatto per un motivo semplicissimo e quasi banale: sono libere e sono bellissime, tanto da far innamorare di sé anche il lettore meno avvezzo ai tempi, ai canoni e alle forme della scrittura poetica. Un modo insomma, tra linguaggio e passione, tra consapevolezza e ricerca, per scoprire o riscoprire, l’inesausata capacità di penetrare il reale dell’esperienza letteraria pusterliana; con la sua straordinaria abilità di trasformare i discorsi, le analisi e le percezioni legate al suo io a quelli generali che finiscono, quasi per magica sensibilità, per concernere il nostro noi. Un passaggio dal particolare all’universale che si dipana attraverso sessanta componimenti tratti dal periodo 2011-2021(a quindici anni dall’ultima raccolta targata Einaudi e intitolata Le terre emerse) abbracciando i testi più significativi delle raccolte Corpo stellare (2011), Argéman (2015) e Cenere, o terra (2018) cui si aggiunge una serie di inediti che danno conto del lavoro in corso di un poeta coerente ma aperto alle nuove sperimentazioni. Accanto al prezioso saggio introduttivo di Mario Natale ad arricchire il volume ecco anche un suggestivo autocommento autoriale che guida il lettore poesia dopo poesia, titolo dopo titolo, verso dopo verso nell’analisi sfumata e inflessibile del reale delle liriche pusterliane.

«Se leggo un libro - ci spiegava Pusterla in una bella intervista qualche anno fa - e se quel libro è un vero libro e non un prodotto puramente commerciale, scopro qualcosa di nuovo, vivo più intensamente la vita, uso diversamente e liberamente il tempo. Mi sottraggo cioè alle forze che tendono a banalizzare, plastificare e per finire azzerare la mia esistenza, trasformandola in pura merce senza profondità psichica o esperienziale. In questo senso, leggere è secondo me un gesto di resistenza e di liberazione, di conoscenza e di lotta. E quello che posso vedere a scuola, come insegnante, è esattamente questo: lo studente che inizialmente odia leggere, quando incontra un libro che lo cattura sente di aver fatto un balzo sulla via della crescita interiore. E comincia subito a cercare un altro libro del genere, di cui avverte improvvisamente il bisogno». Ed è esattamente quanto accade degustando questo Da qualche parte nello spazio in cui come scrive ancora Pusterla, « il singolo libro di poesia non si esaurisce in sé, ma si proietta nei successivi, formando con loro un sistema di tracce, una pista ravvisabile solo dopo averla percorsa». Per Fabio Pusterla la realtà così com’è pretende sempre di essere la sola possibile; la poesia scopre invece altre realtà possibili o più profonde, a volte luminose, a volte perturbanti, sempre lancinanti.

E così il rapporto uomo/natura da sempre al centro della ricerca dell’autore di Mendrisio cerca nuove strade e nuovi linguaggi per urlare la sua urgenza ineludibile in un senso di vastità e precarietà che non può dare risposte ma che non può smettere (talvolta in forma di sublime) di porsi degli interrogativi sul limite della nostra esistenza, hic et nunc. Anche perché come sottolinea il poeta «non sapere esattamente cosa si può sperare non è una ragione sufficiente per smettere di farlo: e forse, anzi, è un motivo in più». Lasciandosi meravigliare da ogni manifestazione della vita che continua anche in questo tempo di dolore, di follia e di autodistruzione, Pusterla introduce anche elementi nuovi rivisitando se stesso e aggiornando i propri equilibri sotto il profilo linguistico e della ricerca della parola. Lo stile forse non muta ma di certo l’autore si sente paradossalmente più libero nella scrittura: «libero di sperimentare modi e forme assai diversi tra di loro, tanto nei ritmi quanto nell’uso delle immagini». Si illudevano gli scherani della Stasi che una metrica regolare e un buon ritmo delle rime avrebbe garantito il controllo ordinato dell’intero Paese. No, la poesia non controlla e non si controlla ma, come ci dimostra Pusterla, ci aiuta ad essere vivi e ad amare la realtà. Magari disperatamente ma fino all’ultimo meravigliati di quanto con tutta la nostra anima e tutte le nostre contraddizioni aneliamo a continuare ad esserlo e a farlo.