ChiassoLetteraria

Gli scambi tematici e culturali di un porto al confine svizzero

Grande ed entusiasta partecipazione alla sedicesima edizione della rassegna – Tra i momenti salienti gli incontri con Jon Kalman Stefansson, Carola Rackete, Miguel Bonnefoy, David Abulafia e Amitav Ghosh
© Cartulano
Mattia Darni
16.05.2022 18:59

Dopo un’edizione saltata e un’altra spostata agli inizi di settembre causa coronavirus, quest’anno il festival internazionale ChiassoLetteraria era atteso dall’arduo esame del pubblico. L’incognita, per gli organizzatori, era se le persone fossero ancora abituate ed interessate a riunirsi nella cittadina di confine per discutere di letteratura. Ebbene, la prova è stata superata a pieni voti: circa 5.000 le presenze nella cinque giorni del festival la cui sedicesima edizione è tornata ai numeri del periodo pre-pandemico. Come da pronostico, a far registrare il tutto esaurito è stato l’incontro con l’ambientalista, attivista e capitana di nave Carola Rackete. Buon riscontro di pubblico lo hanno ottenuto anche gli appuntamenti con lo scrittore e poeta islandese Jon Kalman Stefansson, con l’autore francese di origine venezuelana e cilena Miguel Bonnefoy, con il professore emerito di Storia del Mediterraneo all’Università di Cambridge David Abulafia e con lo scrittore indiano Amitav Ghosh. Alto gradimento lo ha ottenuto pure la tavola rotonda sull’Ucraina alla quale hanno partecipato il cantante, attore e scrittore Moni Ovadia, il reporter Nello Scavo e la specialista di storia e cultura russa Giulia Lami.

«Siamo estremamente soddisfatti che il lavoro di un anno abbia permesso l’allestimento di un programma di spessore, con diverse conferme e tante scoperte», dice Marco Galli del coordinamento di ChiassoLetteraria. «In fondo, scopo di un festival è fare da passatori di libri e pensieri tra degli autori di qualità e dei lettori appassionati e curiosi che hanno fiducia nelle nostre proposte. A renderci orgogliosi sono pure stati i riscontri positivi degli autori intervenuti che a ChiassoLetteraria si sono sentiti accolti e riconosciuti».

La grandezza della piccolezza
Ad aprire il festival, venerdì 13, è stato Jon Kalman Stefansson che, intervistato da Silvia Cosimini, ha ripercorso i temi ricorrenti della sua produzione quali l’oceano, il cielo e l’amore spiegandone la valenza per il popolo islandese. Ad emergere durante la discussione, oltre alla forte vena ironica del protagonista, l’importanza, per l’uomo, di sentirsi piccolo: chi vive in una simile condizione, infatti, non cade nella trappola dell’arroganza. In questo senso, per l’autore islandese, il dialogo con il mare e le stelle è fondamentale poiché, guardando per esempio il cielo, ci si rende conto che si conosce solo una piccola percentuale dell’universo. La consapevolezza dei propri limiti permette poi di ampliare in maniera costante il proprio bagaglio culturale poiché spinge gli individui allo studio.

Svizzera al centro
I porti, filo conduttore quest’anno della rassegna, si sa, sono anzitutto luoghi di scambio di merci ma pure di lingue e culture. E di questi scambi, nella cittadina di confine, se ne sono prodotti molti, anche tra i vari incontri, innescando una serie di dialoghi a distanza. È così accaduto, ad esempio, che nella giornata di sabato 14 siano prima intervenuti due autori d’origine straniera che vivono e lavorano in Svizzera – Usama Al Shahmani e Marina Skalova – e, successivamente, due autori svizzeri – Bruno Pellegrino e Christoph Geiser – che hanno raccontato della funzione di Venezia nella propria produzione.

Un tema ricorrente
Altra questione presente in maniera trasversale in più interventi è stata «la memoria». Il primo ad abbordare il tema è stato Jon Kalman Stefansson per il quale la memoria è un modo di combattere la morte e la sua insensatezza. Ricordarsi delle persone che si sono conosciute è per lo scrittore islandese una maniera di tenerle in vita anche una volta defunte. Una domanda ricorrente per Bruno Pellegrino è invece: «Se non si ricordano nemmeno le cose che ci sono accadute tre giorni prima, allora che senso ha averle vissute»? Quale rimedio per sconfiggere la paura e il panico di dimenticare, lo scrittore svizzero ha scelto di tenere un diario.

La rivelazione
Rivelazione di questa edizione di ChiassoLetteraria è stato lo scrittore francese di origine venezuelana e cilena Miguel Bonnefoy. Il suo intervento ha calamitato l’attenzione del pubblico che lo ha ascoltato in uno stato di trance intervallata da numerosi, e fragorosi, applausi. Intervistato dal regista ticinese Stefano Knuchel, Bonnefoy ha esposto in maniera chiara e avvincente i temi portanti della sua letteratura, a cominciare dal colonialismo culturale. Ha quindi spiegato che il Venezuela è un elemento centrale nei suoi lavori perché vuole sottrarre il Paese a una visione stereotipata conferendogli dignità e i soli due modi per farlo sono la politicizzazione e i romanzi: lui ha scelto i secondi perché parlano più efficacemente alle persone. In questo senso si inserisce altresì il realismo magico a cui lo scrittore fa capo per veicolare dei messaggi. A contribuire al successo del colloquio pure l’intervistatore che ha saputo porre domande semplici ma pertinenti.