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Quando la malattia diventa risorsa, anche in tempi di COVID

Ecco Doppio laccio. Il cancro al tempo del Coronavirus, un libro nato dall’idea del gruppo «Anna dai capelli corti» che è «un inno alla vita», un regalo al lettore – Presentazione questa sera, alle 18.00, al LongLake festival
© Shutterstock / Anita Delgrande
Jenny Covelli
19.08.2021 06:00

Adenocarcinoma ovarico bilaterale a cellule chiare con aspetti sarcomatoidi. È una definizione di cui non si vorrebbe mai capire il significato. Eppure Anita se l’è sentita dare, undici anni fa, quando le è stato diagnosticato questo tumore maligno ovarico. Era il 2010. Dopo sei cicli di chemioterapia (e tanto altro), ne è uscita. Per poi ricadere nel baratro quattro anni e cinque mesi più tardi. «Siamo nel 2015 quando il ginecologo, durante una visita di controllo, mi comunica che vede una macchia strana. Paura? No, è puro terrore. Quello che annienta ogni tuo pensiero, ogni tua sicurezza, ogni tua conquista. Io sono ruzzolata in fondo al burrone e mi sono emotivamente sfracellata». Questo è parte del pensiero che Anita Delgrande ha condiviso nel libro Doppio laccio. Il cancro al tempo del Coronavirus. Quando la malattia diventa risorsa. Il suo è uno dei tanti raccolti in poco meno di 200 pagine. Ma cosa c’entra il cancro con la COVID-19? «Quando ad ammalarsi è stato il mondo intero, chi aveva già vissuto la malattia si è ritrovato ad affrontare la situazione con uno spirito diverso – si legge nella quarta di copertina -, maggior consapevolezza del valore della vita, maggiore capacità di adattamento, tanta forza di volontà per guardare avanti, fiduciosamente, nonostante tutto». Anita, nella primavera del 2020, non ha provato paura: «Forse è un mix di timore e ansia che questo misterioso virus possa far del male alle persone a me care. Questo COVID non mi incute paura e credo che quella sentita quando ero alle prese con il male era ben diversa».

È stata questa consapevolezza ad aver dato vita alla nuova iniziativa editoriale del gruppo «Anna dai Capelli Corti» - gruppo nato all’interno del Centro di senologia della Svizzera italiana diretto dalla dottoressa Olivia Pagani a dicembre 2015, sotto la guida della psiconcologa Gabriella Bianchi Micheli, dedicato alle pazienti colpite da tumore al seno prima dei 50 anni - e sviluppato dalla curatrice Maria Grazia Rabiolo con il prezioso supporto di Anita Delgrande, Denise Lombardi e Olivia Pagani. Un volume edito da Edizioni Casagrande e incluso nella collana «Ricerca e Formazione». Perché, lo scrive Andrea Vitali nella sua prefazione, «in tutti i testi proposti si rintraccia una consapevole chiarezza dell’aver esperito cosa significhi avere per fedele compagna la solitudine dell’isolamento. E possiamo trarne qualche insegnamento, pari a una sorta di vaccino, contro quell’altro isolamento con il quale abbiamo dovuto confrontarci» tutti. Questo libro è un’eredità: consente di guardare alla situazione pandemica che ancora stiamo vivendo con altri occhi. «È un inno alla vita», secondo la curatrice. Ha consentito a chi ha dato il suo contributo di esternare le proprie emozioni, di lasciarle uscire. E regala a chi lo legge le consapevolezza che seppur sia vero che non vorremmo mai affrontare dei momenti difficili, abbiamo le risorse per farlo. Non è vero che «non è una lettura da spiaggia», è l’approccio con cui si prende in mano il libro a fare la differenza.

Anche se la copertina può essere dura, con quella parola, «cancro», in bella vista. Un termine che è difficile da pronunciare. Anita stessa, che l’ha affrontato due volte, lo ha sempre chiamato tumore. «Perché cancro ha un non so che di aspro duro rigido, mentre il termine tumore un sentore di agrodolce». La verità è che si può chiamare come si vuole, ma non cambia la realtà delle cose. Ed è l’associazione con «risorsa» a dover attirare il lettore. Le donne che raccontano la loro esperienza hanno provato sulla loro pelle cosa significhi davvero quella brutta parola, ma hanno trovato la forza di andare avanti. Sono loro a scrivere «la malattia mi ha dato l’opportunità di valorizzare aspetti della mia vita che avevo dato per scontati» e sono loro, di conseguenza, a poter insegnare qualcosa a tutti gli altri. «Ecco COVID, lo avevo imparato e lo stavo già dimenticato, inghiottita nuovamente dalla frenesia del quotidiano, ma tu me lo hai fatto ricordare».

Emozioni nero su bianco
Quando per due anni vivi più in ospedale che tra le quattro mura di casa, e nella notte della festa della mamma rischi davvero di non risvegliarti a causa di un’emorragia due giorni dopo l’intervento, succede che cominci a scrivere una lista dei desideri. Delle cose che vuoi fare quando starai di nuovo bene, per non dimenticare quanto la vita possa darti gioia. Nella lista di Anita c’è anche il desiderio di scrivere un libro in cui raccontare tutto ciò che ha vissuto. «Che Doppio laccio non sia tutto mio è relativo. Mi dà un’emozione e una soddisfazione enorme. A volte lo prendo in mano e penso ‘‘davvero là dentro c’è la mia testimonianza?’’. È come se avessi scritto una canzone e c’è chi la ascolta. Sapere che può essere letto in qualsiasi parte del mondo mi rende felicissima». Questo libro è quindi anche una prova di vita per tutte le protagoniste, dalle «Anne» che inizialmente scambiavano pensieri su un gruppo WhatsApp, a chi ha deciso di condividere i sentimenti più intimi, rendere pubblico il suo vissuto. Che l’ha resa guerriera.

Perché si usa questo termine? «Perché affrontare il cancro è una battaglia, è come andare in guerra – aggiunge Anita -. Sai che il nemico c’è, ma non lo conosci, non sai da che parte spunterà. Ogni momento può attaccarti, sei indifesa. Durante la malattia un giorno stai male e un altro giorno risorgi, hai le energie e la forza per proseguire. Il denominatore comune è il personale curante. Che diventa come una famiglia. Se ti metti nella condizione di poter avere fiducia, quella ti può far andare avanti e credere che puoi riuscirci». Ed è proprio la forza a essere più frequentemente tirata in ballo, quando si parla di guerriere. «Quando senti dolore fisico, sei una roccia friabile, perché è come se ti stessi sgretolando. Dopo la chemioterapia quella roccia diventa granellini di sabbia. Quando invece stai risalendo la montagna, è una roccia che ti trattiene, che è talmente forte da darti il coraggio di andare avanti e di non cedere».

Le testimonianze sono un regalo a chi le leggerà
Questo libro lancia un messaggio, senza illusioni: la malattia è dolore, è penosa, dura. E non sempre le cose vanno bene. C’è chi non sopravvive. Ma c’è anche chi ce la fa. E dalla malattia si può imparare. Che è necessario trovare tempo per sé, che non bisogna dimenticare di mettersi al primo posto e che quando si sta bene si può essere anche utile agli altri. «Spesso la pandemia è stata associata a qualcosa che privava la gente della libertà, ma in un certo senso ce l’ha data. Perché abbiamo avuto il tempo di stare a casa con i figli, fare delle attività finora messe sempre da parte, di riflettere. Ce l’ha data in un’altra forma». In Doppio laccio tante testimoniante sono diventate risorsa. E hanno dimostrato che non sempre nella malattia è tutto negativo. E che è giusto dedicare del tempo alla riflessione. Guardare in faccia il cancro e chi l’ha vissuto può spaventare. Ma, conclude Anita, «chi ha il coraggio di affrontare la paura e dedicare un po’ di tempo a questo libro, anche se si tratta di un tema difficile, vi troverà della forza interiore. La gente è stufa di sentir parlare di malattie? Questo è diverso. Vi renderà più forti».

Doppio laccio. Il cancro al tempo del Coronavirus. Quando la malattia diventa risorsa sarà presentato questa sera, giovedì 19 agosto, nell’ambito della rassegna Wor(l)ds del festival LongLake. L’appuntamento è alle 18.00 al Boschetto Parco Ciani.

La copertina del libro, disponibile in libreria.
La copertina del libro, disponibile in libreria.