Lo zen e l’arte dello scrivere

Non c’è bisogno di cimentarsi nell’impresa di scrivere un libro per sapere quanto possa essere difficile, a volte, riempire una pagina bianca, superare l’impasse della banalità, sciogliere un nodo narrativo, trovare una soluzione brillante per tenere il lettore incollato alle parole. Lo sa bene chi pratica la professione di giornalista mentre all’ennesimo articolo sul Consiglio comunale o sull’incidente in autostrada non sa più cosa inventarsi per uscire dal tran tran dei luoghi comuni. E ne è cosciente perfino lo scrittore occasionale di discorsetti, o magari anche solo di una lettera all’amata, all’amico o ai nonni che si voglia intelligente, appassionata ed efficace. Per costoro arriva come una piccola benedizione un volume singolare e divertente, serio nella sua leggerezza e leggero nella sua serietà. S’intitola Oracolo manuale per scrittrici e scrittori ed è stato firmato per le edizioni Sonzogno da Giulio Mozzi. L’autore scrive per esperienza pratica, avendo egli stesso vergato diverse raccolte di racconti (l’ultima: Favole da morire, nel 2015, ed. Laurana), e per sapienza teorica dato che insegna da anni scrittura creativa e visto che nel 2011 ha fondato a Milano la Bottega di narrazione (bottegadinarrazione.com).
Prima di raccontarvi il suo volumetto - che, detto per inciso, da mesi è in cima alle classifiche dei manuali – vale la pena di segnalare un appuntamento tutto ticinese con Mozzi, che prossimamente terrà un laboratorio di scrittura creativa dal titolo «La cura di un racconto» in Villa Scazziga a Muralto (termine per le iscrizioni: 31 luglio, contatti: [email protected], https://scritturaenarrazione.wordpress.com).
Ciò detto, già ci contraddiciamo. Perché si fa prima a sfogliare il suo libro che a descriverlo in modo sistematico. Apriamo il volume a caso e leggiamo una frase a caratteri cubitali che occupa l’intera pagina a destra: «Può darsi che tu non sia capace. Può darsi che tu non sappia di essere capace. Può darsi che tu non sappia di che cosa sei capace». Sembra un aforisma zen. Invece, sulla pagina a sinistra, ecco in caratteri più piccoli, l’occidentalissima spiegazione: «O, più spicciamente: preparati al fallimento. È statisticamente più frequente del successo. Riconoscere i propri fallimenti è molto utile. Incaponirsi in imprese fallimentari è letale. È come far debiti per pagare debiti. Non se ne esce vivi».
Ok, lo concediamo, per un aspirante scrittore: come primo consiglio pescato nel mucchio non è il massimo dell’incoraggiamento, ma ha il pregio di dirti qualcosa di brutalmente vero, e perciò utile. Vabbé, proviamone un altro, un centinaio di pagine più indietro: «Prepara il lettore a un lieto fine». Spiegazione: «Alcuni lettori ne saranno felici, altri forse disgustati. Per questi e per quelli, alla fine ci sarà la sorpresa: sia che il lieto fine ci sia davvero, sia che tutto volga al peggio. L’importante è che tu crei delle aspettative; meno importante è di che cosa crei l’aspettativa». Bene, qui la dritta è molto più succosa per chi volesse davvero scrivere un racconto o un romanzo. Si vede che è «vissuta».
Funziona esattamente così il libro di Mozzi e così deve essere usato, come spiega egli stesso nella parte introduttiva: se stai lavorando a una storia scritta «e ti trovi in un momento di difficoltà perché non sai come far andare avanti la faccenda» apri a caso il libro, «troverai, sulla pagina di destra, un consiglio o una provocazione o una riflessine o una domanda, e spesso, sulla pagina di sinistra, un breve approfondimento. Prova ad applicare ciò che hai trovato al tuo problema. Se ti pare che non c’entra niente, fa’ finta – è un gioco! – che invece c’entri».
Gioco sì e no, a dirla tutta «perché è frutto di venticinque anni di esperienza nella scrittura, nel lavoro editoriale e nell’insegnamento della narrazione», aggiunge. E poco altro c’è da dire, se non che la lettura di queste pagine è, oltre che agile, piacevolissima. Anche per i non scrittori o aspiranti tali. Come conferma lo stesso Mozzi in uno dei suoi aforismi zen: «Si dice: “Se vuoi imparare a scrivere devi leggere”. Ma se vuoi imparare a leggere devi scrivere». E tanto vi basti.