L’odissea a rovescio di Checco l’africano

Avventuroso, Checco Zalone lo è sempre stato, così ogni suo film comincia al Sud per poi andare in giro per l’Italia, dove il suo personaggio, in attesa che l’amore e la fortuna gli cadano nella rete, viaggia verso Nord portandosi dietro desideri, furberie, discriminazioni ataviche, equivoci, opportunismi e una candida ignoranza grazie alla quale ridicolizza luoghi comuni e sottaciute verità storiche e sociali con battute surreali e una comicità spietata e sorniona.
Cado dalle nubi, Che bella giornata, Sole a catinelle, sono stati tutti viaggi cinematografici che hanno conquistato ed entusiasmato il suo pubblico, così come Quo vado? che nel 2016 al box office italiano totalizzò sessantacinque milioni di euro d’incasso, risultato che lo incoronò, a furor di popolo, più che un comico, quasi uno «Zorro» nazionale. Così per il suo quinto film, Zalone ha lasciato a casa il suo regista e co-sceneggiatore storico Gennaro Nunziante ed è partito per l’Africa dove ha girato Tolo Tolo, «Solo Solo», per l’appunto, film del quale è attore protagonista, ma anche regista (esordio che firma come Luca Medici, il suo vero nome), e sceneggiatore, seppure a metà con Paolo Virzì.
Al lavoro con Virzì
«Paolo mi ha chiamato perché aveva un soggetto per questo film e abbiamo cominciato a scriverlo insieme».- ha raccontato Zalone qualche giorno fa presentando il film a Roma con una proiezione che mescolava ai giornalisti, amici e gente della troupe - «Ma il film diventava sempre più mio ed io mi sono reso conto che pian piano stavo costruendo il protagonista sempre più su di me e gliel’ho rubato. Quando poi mi sono ritrovato a girarlo anche come regista, con le responsabilità del cast e della produzione, ho desiderato che tornasse lui. Però quando le scene mi venivano bene ero molto contento di averlo fatto io».
Un destino in fuga
La storia di Tolo Tolo comincia a Spinazzola, dove Pierfrancesco Zalone detto Checco torna, non per il reddito di cittadinanza in gran voga in paese, ma per portare il progresso aprendo il primo sushi bar delle Murge, coinvolgendo generosamente “in solido” nell’impresa, tutti i parenti. Quando il suo sogno gastronomico orientale fallisce, Checco lascia ai parenti-soci una marea di debiti e scappa in Africa dove lo ritroviamo cameriere in un lussuoso villaggio, buen retiro di “paperoni” italiani, perseguitati dalle tasse e da mille gabole amministrative e finanziarie. Come li capisce lo squattrinato Checco, ancora imprenditore nell’anima, che tenta invano di spiegare ad Oumar (Souleymane Sylla), africano appassionato di cinema italiano, che l’Italia è tutt’altro che la mirabilia che crede lui. Ma ecco che una colonna di miliziani dell’ISIS piomba su quella costa paradisiaca e la mette a ferro e fuoco e a Checco, salvato da Oumar, seppur preoccupato dall’ira dei parenti che lo aspettano a Spinazzola, non resta che unirsi ai migranti africani in partenza per il «grande viaggio» verso l’Italia.
Nella sua avventura all’incontrario il nostro antieroe percorre tutte le tappe dell’odissea africana con candida prosopopea e crema per le occhiaie: la traversata del deserto in camion sovraffollati, la dissenteria, i soldati libici, i giornalisti, le barche in mezzo al mare e i divieti di sbarco. Ma Checco sogna, ora innamorato della coraggiosa Idjaba (Manda Touré); ora «granello di sale in un mondo di cacao», con le mani sui fianchi e il mento alzato verso il cielo in preda ad un rigurgito mussoliniano.
Scene strampalate
Tolo Tolo, girato tra Kenya, Marocco e Malta, malgrado il grande dispendio di mezzi e di energie, dopo l’azzeccato prologo pugliese, dissipa e disperde la storia in un’accozzaglia di siparietti e scene strampalate, come quella in mare con Checco e gli immigrati impegnati in coretti e coreografie acquatiche in stile disneyano; o lo straniante finale in cartoni animati, astruso e assai costoso. Difficile pensare a Tolo Tolo come ad un film politico, malgrado il bel cameo del giornalista –star opportunista internazionale; o a quello del disoccupato-cameriere-prefetto-ministro e poi Presidente del Consiglio interpretato da Gianni D’Addario che «ha la carriera di Di Maio, veste come Conte e parla come Salvini». Poco credibile anche annoverarlo nella schiera dei film eredi della commedia all’italiana, come le ambiguità del video Immigrato forse avevano fatto pensare, e Checco «l’africano», per quanto dica Zalone, non assomiglia affatto a quel graffiante Alberto Sordi da lui preso a modello. La svaporata comicità zaloniana del protagonista di Tolo Tolo «metafora dei tempi attuali, che resta imperturbabile davanti agli eventi del mondo, immerso nei fatti propri, senza moralismi» non riesce a toccare il cuore come vorrebbe Zalone e neppure a farci ridere. E se non fosse per i bravi attori africani di lingua francese che lo circondano, neanche a farci sorridere.
Dal debutto a Zelig al grande schermo 15 anni di successi
Checco Zalone, nome d’arte di Luca Medici nasce a Bari il 3 giugno del 1977. Dopo diverse esperienze nell’ambito del jazz, si fa le ossa nel laboratorio Zelig di Bari, raggiungendo la notorietà nel 2005 quando approda sul palco di Zelig Off e partecipa successivamente a Zelig Circus, in cui si esibisce anche nell’imitazione di Carmen Consoli. Nel mese di maggio 2009 inizia le riprese del suo primo film Cado dalle nubi, per la regia del barese Gennaro Nunziante. Il 5 gennaio 2011 esce nei cinema il suo secondo film Che bella giornata, di nuovo per la regia di Nunziante, che nei primi due giorni di programmazione incassa la cifra record di quasi 7 milioni di euro. Il 31 ottobre 2013 esce il suo nuovo film, Sole a catinelle, che dopo soli quattro giorni di programmazione, supera già il record conquistato con il film precedente e che supererà anche gli incassi italiani di Titanic. Per il capodanno 2016 esce Quo vado? che diventa campione d’incassi italiano, sfiorando i sette milioni al botteghino nelle prime 24 ore. Con Tolo Tolo, Zalone batte il suo stesso record, incassando il primo giorno in sala quasi 8,7 milioni di euro.