Streaming

Ma Zerocalcare è troppo romanesco?

In Italia impazza la polemica attorno a «Strappare lungo i bordi», la nuova e fortunata serie Netflix del fumettista – La risposta dell’autore via Twitter: «Madonna regà ma come ve va de ingarellavve su sta cosa»
© Netflix
Marcello Pelizzari
22.11.2021 19:24

Sulla carta d’identità c’è scritto Michele Rech. Per tutti, però, è Zerocalcare. A 37 anni, è uno dei fumettisti più influenti e seguiti d’Italia. È bravo, va da sé. Per alcuni molto bravo. Non a caso, ha portato la sua arte su Netflix. Parliamo, è evidente, di Strappare lungo i bordi, fra le serie più viste negli ultimi giorni. Una breve, ma intensa, storia sui tormenti e i disagi quotidiani di una generazione perduta e per certi versi abbandonata. Priva di certezze e riferimenti. Tutto molto bello, insomma. O forse no, dal momento che alcuni si sono soffermati su un aspetto centrale e vitale, ancorché secondario: la romanità, che emerge chiaramente in ogni scena.

Un problema? Un peccato originale? Un brutto vizio? Ai nostri occhi e, soprattutto, alle nostre orecchie la scelta è parsa coerente. E logica. Nato a Cortona, in Toscana, Rech è cresciuto dapprima in Francia e poi proprio a Roma, zona Rebibbia-Ponte Mammolo. Pazienza se il suo romanesco è stretto, a tratti troppo stretto. Al punto che bisognerebbe quantomeno farsi un giro, approfondito, fra le borgate. Ma, appunto, si tratta di una scelta logica. Che Zerocalcare ha saputo difendere, con forza, al cospetto di un colosso come Netflix. Perché, allora, dargli contro in questo modo? Il tutto, come sottolinea Wired, lasciando «impuniti» altri mattatori romani o serie come Boris, che ha fatto della romanità un valore assoluto. È come se, per dire, agli attori di Gomorra fosse stato imposto l’uso di un italiano dantesco. Che effetto avrebbe prodotto un simile compromesso? Zerocalcare, riassumendo, avrebbe potuto usare solo e soltanto il romanesco per raccontare le sue disavventure presenti e passate.

Piuttosto, il pregio di Strappare lungo i bordi è proprio la sua universalità. Può sembrare un paradosso, in realtà questa serie non appartiene unicamente a Roma. È estendibile a qualsiasi altra città italiana e del mondo. D’altronde, Netflix non ha confini e in passato ha già fatto centro con l’animazione seriale per adulti. Oltre alla forma, infatti, c’è parecchia sostanza. Ci sono contenuti, ci sono verità, ci sono emozioni. C’è, in tutto e per tutto, Zerocalcare, al netto di qualche concessione peraltro inevitabile quando bisogna trasformare un fumetto in una serie televisiva. C’è un racconto coerente, a tratti caciarone e a tratti delicato, capace di catturare lo spettatore. Un racconto, si badi, privo di luoghi comuni o stereotipi. È realtà, punto. La realtà vissuta in prima persona dall’autore.

Zerocalcare, giustamente piccato, ha affidato a Twitter la sua reazione. Ha scritto in romanesco, proprio come avrebbe fatto nella serie. Perché certe cose, certe battute, certe situazioni, beh, solo il romanesco può spiegarle. E farle passare. E siccome siamo in tema, giova ricordare che un prodotto di successo come Narcos – siamo sempre nell’universo Netflix – in passato è stata aspramente criticata per aver utilizzato uno spagnolo troppo standard per venire incontro ai gringos, ovvero agli spettatori nordamericani.