Musica

Manfred Eicher: Il futuro della discografia sta nel pensare differente

Nostra intervista al fondatore della storica etichetta jazz ECM che festeggerà i suoi cinquant’anni di esistenza con un doppio concerto in programma sabato 9 novembre alla RSI di Lugano
Manfred Eicher, 76 anni, ha fondato la ECM (Edition of Contemporary Music) a Monaco di Baviera nel 1969 e ne è ancora oggi al timone.
Red. Online
08.11.2019 06:00

Si festeggerà un compleanno importante sabato 9 novembre (ore 20.30) all’Auditorio della RSI, i 50 anni di una delle più celebri etichette jazz al mondo, la tedesca ECM, che da tempo ha stretto un solido legame con Lugano dove produce molti dei suoi dischi. Ne abbiamo parlato con il suo fondatore e ancora oggi timoniere, Manfred Eicher.

Iniziamo con un «buon compleanno» caloroso, specie in un periodo in cui le case disografiche fanno parlare soprattutto perché chiudono. Al contrario della ECM che invece pare essere in salute. Qual è il suo segreto?
«Credo che sia il continuare a pensare in modo differente. Che è un po’ quello che 50 anni fa mi spinse a mettermi in proprio. Da musicista prima e poi da produttore per la Deutsche Grammophon, sentivo la necessità di un approccio diverso alla discografia, con uno sguardo più aperto alle nuove correnti jazzistiche e, in generale, ai suoni della contemporaneità. Una visione che mi ha portato a lavorare dapprima con artisti quali Chick Corea, Keith Jarrett, Jan Garbarek e Paul Bley (i primi nomi importanti della nostra label anche se il primo disco lo facemmo con il pianista Mal Waldron) e poi ad aprirci alla musica contemporanea con le New Series inaugurate da Arvo Pärt».

Un modo di lavorare che è divenuto un marchio di fabbrica, tanto che si parla della ECM non solo come di una label ma come di un’autentica corrente musicale.
«Vero, anche perché gli artisti che sceglievamo dovevano avere determinate caratteristiche: non è che firmassimo chiunque, anche a costo di rinunciare a personaggi che potevano garantirci vendite sicure. Sin dall’inizio (benché senza una strategia di marketing ben precisa – io ero e sono anzitutto un musicista) si è sempre cercato una musica che avesse profondità ma anche una forte caratterizzazione estetica, che trasmettesse un’idea di limpidezza e di mistero. Può sembrare strano, ma per me la limpidezza ha un suo misterioso fascino. Ecco sono state queste le linee guida del nostro lungo percorso».

Ho sempre cercato una musica che avesse profondità ma anche una forte caratterizzazione estetica, che trasmettesse un’idea di limpidezza e di mistero

Linee che valgono ancora in un’epoca di musica «liquida»?
«Credo di sì. Anche perché se internet e lo streaming hanno stravolto il concetto di musica e della loro fuizione facendo – a mio avviso – danni colossali, il desiderio di avvicinarvisi con un approccio più profondo permane. Dopo la grande abbuffata di playlist, di musica, come diceva, “liquida” sento che sta tornando il desiderio di avere qualcosa di più che una cascata di suoni: produzioni più pensate, studiate, curate anche da un punto di vista grafico, in grado di dare un’emozione non solo sonora ma anche visiva e fisica. Cosa che lo streaming, al contrario dei dischi, non può dare».

Dischi la cui produzione, lei continua a seguire passo dopo passo. Credo sia l’unico proprietario di una casa discografica che abbia curato personalmente, ad uno ad uno tutti i 1600 titoli pubblicati. Qual è quello che l’ha fatta penare di più?
«A dire il vero ormai ho superato quota 1700 (ride - ndr). Il più impegnativo? The Köln Concert di Keith Jarrett: per il suo concetto (una straordinaria improvvisazione pianistica registrata dal vivo all’Opera di Colonia - ndr), perché a Keith non andava bene nessun pianoforte, per la sua maniacalità... Però poi ne è venuto fuori un piccolo capolavoro...»

Il disco più impegnativo che ho prodotto è «The Köln Concert» di Keith Jarrett che però, alla fine, è risultato un piccolo capolavoro

Alcuni dei suoi dischi più importanti sono registrati alla RSI. Come è nato questo legame?
«Tutto è cominciato agli inizi del Millennio. Furono Anouar Brahem (musicista tunisino, noto virtuoso di oud – ndr) e il suo ingegnere del suono Martin Pearsons, che aveva lavorato a lungo con me per i dischi di Jarrett, a parlarmi di Lugano. “Devi andare a vedere quegli studi – mi disse – e a sentire i suoni che escono”. Alle loro parole mi è venuto in mente di aver ascoltato un disco registrato alla RSI da Arturo Benedetti Michelangeli che mi aveva colpito per la purezza del suono e ho deciso di venire qui a verificare di persona. E da allora non mi sono più mosso, anche perché sia io che i musicisti che ho portato qui si sono innamorati del luogo, degli studi che sono caldi, intimi, dove ci si sente immediatamente a proprio agio».

Dunque il legame tra ECM e il Ticino è destinato a durare ancora a lungo.
«Mi auguro di sì: ho sentito che c’è un po’ di incertezza riguardo al futuro di questa struttura e spero si valuti bene cosa fare. Anzi lancio un appello: salvaguardatela al meglio, questi studi sono un patrimonio dove nasce musica in grado di espandersi in tutto il mondo. Idem per l’aeroporto...»

Prego?
«Credo che sia un peccato che si stia dismettendo l’aeroporto di Lugano. Una città come questa ha bisogno di un aeroporto con voli internazionali, fondamentali per il suo sviluppo e per permettere a chi come noi intende farne una sede operativa di raggiungerla facilmente».

Una serata con Gianluigi Trovesi e Joe Lovano

È con un doppio set che sabato 9 novembre, nell’ambito della rassegna «Tra jazz e nuove musiche» si festeggeranno i cinquant’anni dell’etichetta discografica tedesca ECM (acronimo di Edition of Contemporary Music) fondata nel 1969 a Monaco di Baviera da Eicher e che da allora ha prodotto circa 1700 album che spaziano dal jazz alla musica contemporanea senza scordare interessanti escursioni nel repertorio medievale e rinascimentale. A partire dalle 2030, all’Audirorio RSI si esibirà dapprima il duo composto dal celebre virtuoso delle ance Gianluigi Trovesi e dal fisarmonicista Gianni Coscia e, di seguito, il trio «Tapestry» del grande sassofonista americano Joe Lovano. Info: www.rsi.ch/jazz

Gianluigi Trovesi e Gianni Coscia.