Musica

Mattia Zappa: «Bisogna essere positivi anche nell’emergenza»

Il violoncellista ticinese parla di come ha affrontato il lockdown e di quelle che, a suo avviso, sono le prospettive per l’universo concertistico
Red. Online
05.05.2020 06:00

Tra le categorie più colpite dal lockdown e dal successivo – e lento – ritorno alla normalità (ma quale?) ci sono i musicisti, improvvisamente piombati in un limbo professionale dal quale è difficile intravedere una via d’uscita. Di come si vive, da musicista, questo particolare momento ne abbiamo parlato con il violoncellista ticinese Mattia Zappa.

Con che spirito un professionista dei concerti vive il blocco di ogni attività artistica?
«Con la medesima sofferenza di chi, in ogni categoria sociale e lavorativa, improvvisamente si è ritrovato mpossibilitato a fare qualsiasi cosa. Tuttavia noi musicisti abbiamo di fronte una situazione forse ancora più buia rispetto ad altri lavoratori che nei prossimi giorni ricominceranno anche se lentamente con le loro attività. Le orchestre e chi opera all’interno di eventi che radunano un folto pubblico, infatti, non hanno al momento alcuna prospettiva. E questa incertezza è, a mio avviso, la cosa peggiore. Io personalmente ho comunque cercato di sfruttare questo periodo in modo positivo. Visto che l’orchestra in cui suono (la Tonhalle di Zurigo – ndr) è stata chiusa e ci hanno messo in disoccupazione tecnica, ne ho approfittato per studiare, mi sono dedicato al mio violoncello ore e ore ogni giorno scoprendo una voglia ed un’energia nuove. Del lockdown ho insomma cercato di vedere l’altro lato della medaglia: dopo essermi ritrovato improvvisamente con l’agenda svuotata e una volta superato il prevedibile attimo di smarrimento, mi sono riorganizzato e ho cercato di sfruttare questo tempo libero che mi è stato regalato per studiare, provare a rinnovarmi, trovare nuovi spunti. Un lavoro essenziale per chi opera in ambito artistico ma che spesso la mancanza di tempo ci impedisce di fare».

Nom mi piacciono le esibizioni in streaming: per me la musica deve essere dal vivo; il suono non lo si può comprimere in un telefonino, la qualità ne risente incredibilmente. E poi si perde un elemento fondamentale della musica che è il contatto umano

Come vede la ripresa dell’attività nel suo settore?
«Quello che vedo è che tutti stanno cercando di riorganizzarsi. È un momento in cui viene richiesta la nostra flessibilità, la nostra apertura mentale nel trovare nuove soluzioni (una può essere quella di provare a due metri di distanza l’uno dall’altro: cosa fattibile ma molto scomoda, soprattutto se sei in un’orchestra di 100 elementi fissi come la Tonhalle di Zurigo) e in effetti vedo che circolano tante nuove idee. Molti si buttano sul digitale, sullo streaming, una scelta che però, personalmente, mi intristisce».

Come mai?
«Perché per me la musica deve essere dal vivo; il suono non lo si può comprimere in un telefonino, la qualità ne risente incredibilmente. E poi si perde un elemento fondamentale della musica che è il contatto umano: tra i musicisti ma anche con il pubblico. Io quindi non ho fatto streaming da casa. Tornando al discorso della ripresa credo che ci troviamo in una situazione simile a quella del secondo dopoguerra, la fine degli anni ‘40 del secolo scorso, quando mancavano i mezzi per far lavorare le orchestre e si è dovuto ripiegare sull’intimo, sul piccolo, sulle trascrizioni delle grandi sinfonie, per esempio, per sestetto, settimino. Ecco, credo che il primo periodo post COVID-19 sarà quello in cui le grandi orchestre rimarranno per un po’ in stand-by (purtroppo) ma che regalerà molte opportunità per le piccole formazioni, per i quartetti d’archi, che sarà più facile portare in giro tra le gente, tra piccoli gruppi di pubblico, piuttosto che in grandi enormi concerti, nei festival».

Festival che presumibilmente soffriranno le preannunciate misure di distanziamento sociale che renderanno molte sale da concerto troppo piccole per ospitare grandi orchestre...
«È vero (sorride) se dovessimo rispettare i due metri di distanza tra un musicista e l’altro non ci rimarrebbero che gli stadi... Battute a parte, va pure considerato che quello dei concerti sinfonici e operistici in massima parte è un pubblico molto "maturo", facente parte della fascia più a rischio e che quindi faticherà a tornare nelle sale da concerto dopo questa crisi. Per questo la vedo molto dura.»

Per chi, come lei, ha sempre sviluppato a margine del lavoro in orchestra, progetti cameristici non dovrebbero per contro esserci tanti problemi...
«Mi piace vedere, in quanto è successo, anche delle opportunità . Ed è per questo che in questi giorni sto lavorando molto a casa preparando nuovi programmi per violoncello solo. Così da essere pronto a suonare laddove ci sarà la possibilità, dove c’è anche il bisogno umano di ascoltare della musica dal vivo. Nei prossimi giorni comincerò grazie ad un’iniziativa della Tonhalle Orchestra per cui lavoro: visto che l’ensemble è fermo ci mandano infatti sul territorio, nelle varie strutture per anziani a suonare, a portare musica dal vivo. Li chiamano i “balcon-concerti” perché noi musicisti saremo nei foyer o nei giardini mentre gli ospiti di queste strutture resteranno nei loro appartamenti ascoltandoci dai loro balconi. Ecco comincerò da questa iniziativa, settimana prossima, e sono molto curioso di vedere come sarà. Credo che varie iniziative come questa possano avere fortuna in questo periodo».

Dopo 20 anni era giusto che ai «Concerti in S. Martino» ci fosse un passaggio di testimone. E infatti dal prossimo anno cederò il timone della rassegna al violoncellista dell’OSI Felix Vogelsang

Lei però oltre che un musicista è anche un organizzatore. In questi giorni avrebbe infatti dovuto prendere il via la XX edizione dei «suoi» Concerti in S. Martino a Ronco s/Ascona.
«Purtroppo già due mesi fa si intravedeva che a maggio la situazione sarebbe stata critica per cui già allora decidemmo di cancellare la rassegna, benché dal profilo organizzativo tutto fosse pronto. Ed è un peccato perché sarebbe stata la mia ultima volta: avevamo infatti già deciso che dal 2021 i concerti sarebbero stati affidati ad un nuovo direttore artistico, il violoncellista dell’OSI Felix Vogelsang: una scelta maturata dalla consapevolezza che dopo 20 di lavoro e di una certa impostazione artistica fosse giusto un passaggio di testimone».

Passaggio di testimone che, da quanto possiamo capire, dunque sarà virtuale.
«Ebbene sì: io speravo di comunicare personalmente al pubblico questo cambiamento al vertice purtroppo ci tocca farlo virtualmente... In pratica adesso».

E dal punto di vista del musicista solista cosa c’è nel futuro di Mattia Zappa?
«Se tutto va bene a settembre pubblicherò per la Decca, assieme al pianista Massimiliano Mainolfi, l’integrale delle Sonate di Brahms per violoncello e pianoforte. Poi c’è il progetto che assieme ad un altro pianista, il bulgaro Ivo Kova, ho dedicato ad autori più crossover come Pat Metheny e Jaco Pastorius e che speriamo anche in questo caso di riprendere a portare in giro».

E in generale, cosa si augura che accada in questa Fase 2?
«Che non ci si pianga troppo addosso ma si inizi a guardare a quanto accaduto da un’altra angolazione, prendendo il lockdown come un salutare periodo di disintossicazione da quello stress, da quella frenesia che ci ha preso tutti negli ultimi anni. Mi auguro che tutti in questo momento siano positivi, pronti a portare, appena sarà possibile, nuova linfa, nuovo entusiasmo e nuova musica alla nostra società e alle nostre vite».