Meret Oppenheim, dalla prima opera surrealista a Casa Costanza, anche in inglese

Il bigliettino di Alberto Giacometti, la missiva dell’amica Leonor Fini, i ricordi di Casa Costanza a Carona, ma anche di Max Ernst e di Jean Arp. Questo e molto altro troverete in Mein Album / My Album di Meret Oppenheim, un libro d’arte che riassume la vita dell’icona del Surrealismo dall’infanzia al 1943. L’intrigante volume, edito da Scheidegger & Spiess e curato da Lisa Wenger con Martina Corgnati, è stato tradotto in lingua inglese giusto in tempo per la grande retrospettiva al Moma di New York. Meret Oppenheim: my exhibition, che si apre il 30 ottobre, è approdata nella Grande Mela dopo essere stata ospitata al Kunstmuseum di Berna e alla Menil Collection di Houston. Mein Album/My Album, che tra le pagine sfoggia disegni, lettere, foto di opere e l’inedita biografia scritta a mano dalla stessa Meret, verrà presentato da Lisa Wenger, nipote dell’artista, e dalla critica Martina Corgnati allo Swiss Institute di New York questa sera.
Lisa Wenger, come le è venuta l’idea del libro Mein Album pubblicato da Scheidegger
& Spiess con la traduzione in lingua inglese?
«Volevo
a tutti costi far tradurre in inglese il grande libro di corrispondenza di
Meret Oppenheim che ho realizzato in passato e divulgarlo perché comunque è
pieno zeppo di informazioni interessanti per la storia dell’arte. Invece poi
non ho trovato i fondi necessari e non avremmo potuto ultimare il lavoro per tempo. Allora con Martina
Cognati abbiamo scelto di tradurre in inglese l’album di Meret, da noi curato e
già pubblicato da Scheidegger & Spiess nel 2013 in tedesco col titolo Worte nicht in giftige Buchstaben einwickeln,
per renderlo accessibile a un
pubblico più ampio. Abbiamo inoltre aggiunto un’autobiografia di Meret,
scritta in francese negli anni 1970-71, con l’idea di fare parlare solo lei… Il
tutto è condito dalle foto delle opere descritte o schizzate nell’album».
Nel libro d’arte
Meret Oppenheim nomina nelle prime pagine i nonni materni. Chi era Lisa Wenger
di cui lei porta lo stesso nome?
«Lisa
Wenger, mia bisnonna e nonna di Meret, era una famosa autrice di fiabe per
bambini. Ne ha scritte tante fra cui la più famosa in schweizerdeutsch s’intitola
Joggeli söll ga
Birli schüttle! è una
specie di Fiera dell’est. Questo librettino molto carino
viene ancora oggi adottato nelle scuole
primarie della Svizzera tedesca».
Che cosa può dire
dell’Album che riunisce a mo’ di collage l’ autobiografia dei primi trent’anni dell’artista,
nata a Berlino
nel 1913 e morta a Basilea nel 1985, con una selezione di lettere
private?
«Meret
ha realizzato quell’album a 45 anni di età qualche tempo dopo una lunga crisi
depressiva quando ha finalmente rivisto la luce. L’artista deve a sua mamma l’abitudine
di scrivere appunti e di tenere tutto, a partire da ogni singolo biglietto».
Che bambina era Meret
che in tempo di guerra viveva con i nonni materni?
«Di
questo non ho nulla di scritto, ma so che Meret sin da piccola era sempre
portata a fantasticare e a disegnare, a creare delle storie che illustrava. Tra a l’altro suo nonno materno, Theo
Wenger, si distingueva nel disegno e conservo ancora un quadretto dell’Arca di Noè
molto carino».
Perché sua zia non
voleva che si parlasse della sua vita?
«Meret
aveva proprio un po’ costruito quello che si doveva dire della sua vita. Potrei
immaginare che all’inizio questo atteggiamento era frutto di una grande insicurezza
nonostante il successo avuto da giovane con la famosa tazzina ricoperta di
pelliccia. Mia zia non voleva che si rendessero note le sue lettere d’amore. In
occasione della pubblicazione del libro con la sua corrispondenza è uscito che
aveva avuto una relazione romantica con Marcel Duchamp di cui nessuno sapeva».
Meret Oppenheim – Mountains Opposite Agnuzzo (Ticino), 1937, oil on painting cardboard, 41 × 54 cm, B 1 © 2022, ProLitteris, Zürich
Meret Oppenheim –Mask «cadavre exquis», undated, shingles and various materials, 30 x 20 x 10 cm, MSM 92 © 2022, ProLitteris, Zürich
Meret Oppenheim –Mask «cadavre exquis», undated, shingles and various materials, 30 x 20 x 10 cm, MSM 92 © 2022, ProLitteris, Zürich
Che rapporto aveva
Meret Oppenheim con Alberto Giacometti?
«Forse
Meret era un pochino innamorata di lui perché nella scultura L’orecchio di Giacometti delinea un
fiore all’interno. Lei a Parigi andava spesso nel suo atelier e si recava con
lui al museo egizio. Non c’era niente fra loro se non una grande amicizia. Meret
andò a trovare Giacometti anche in Bregaglia ed erano uniti da un rapporto di
conoscenza e stima reciproca».
In famiglia come
era vista Meret Oppenheim?
«I
miei nonni erano molto aperti e Meret era molto sostenuta da Lisa Wenger. Quando
la ragazza, a 17 anni, mostra a suo padre la sua prima opera surrealista,
l’equazione X= coniglio, era come se dicesse “scuola, no grazie”. Quindi a 18
anni Meret andò a Parigi con l’amica Irene Zurkinden e le si aprì un mondo».
Può raccontare l’aneddoto
legato alla nascita dell’opera più surrealista del Moma “Oggetto/Colazione
in pelliccia”?
«Meret
si ritrova con Picasso e Dora Maar al Café de Flore a Parigi e mostra loro quel
bracciale, realizzato con un cerchio di metallo ricoperto di pelliccia, che
aveva proposto a Elsa Schiaparelli. Picasso dice che è bello, ma che alla fine
si potrebbe coprire tutto con la pelliccia. Al che Meret risponde che avrebbe
potuto ricoprire anche la tazza da tè e il piatto sul tavolino. Dopodiché Andrè
Breton la invita alla Esposizione
surrealista di oggetti che si terrà a Parigi da lì a breve, nel 1936, e lei
va in un grande magazzino a fare l’acquisto più speciale della sua vita. Nasce
così la celebre opera ricoperta da pelo di gazzella cinese».
C’è una bellissima
lettera di Leonor Fini che vuole un paio di guanti come quelli di Meret però con
un cuore. Che rapporto aveva sua zia con quest’altra protagonista del
surrealismo?
«Allora
dopo questa prima lettera Meret e Leonor saranno legate da un’amicizia
lunghissima e strettissima. Ci sono moltissime pagine di lettere fra loro che
sono incredibili perché non solo sono divertenti, ma riescono a dare uno
sguardo su cosa succedeva nella Parigi degli anni che precedono e seguono la
guerra mondiale. Di guanti Meret ne ha fatti diversi. Ricordo che la rivista
Parkette nel 1985 in occasione di un numero speciale aveva fatto riprodurre quelli
di camoscio azzurrino con le venuzze della mano serigrafate e ricamate».


Casa Costanza a Carona
in Ticino, acquistata nel 1917 dai nonni Wenger, che cosa ha rappresentato per
Meret ?
«Sin
da piccola Meret era innamorata di quella casa che apparteneva ai nonni materni dove veniva in vacanza con mia
zia Kristin e mio papà Burkhard. Nel 1967 mia zia, con i suoi fratelli e l’architetto
Aurelio Galfetti hanno intrapreso una grande ristrutturazione. In questo modo Casa
Costanza è diventata un’altra Gesamtkunstwerk, un’opera d’arte totale che reca
l’impronta di Meret».
Meret nell’album
sostiene di essere stata influenzata dagli acquarelli di Hermann Hesse. Che
rapporto c’era tra i Wenger e il premio Nobel?
«Ruth
Wenger, cantante, pittrice e zia materna di Meret, era stata per qualche anno la
seconda moglie di Hermann Hesse. Lo scrittore era molto spesso a Carona per via
dell’amicizia con la mia bisnonna Lisa Wenger».
Come ricorda sua zia
Meret?
«Durante
la mia infanzia questa zia famosa portava una ventata di glamour quando arrivava
però non aveva un grande feeling con i bambini. Dopodiché lei iniziò a parlare
con noi, dall’adolescenza in poi. Me la ricordo come una zia premurosa che era
veramente interessata a quello che
facevamo. Mi suggeriva delle cose, ad esempio mi faceva parlare con sua sorella
grafologa per i miei percorsi professionali. Da adulta quando vivevo a Milano e
lei veniva a Carona a trascorrere le vacanze ci vedevamo spesso. Era una donna
per cui l’indipendenza e la libertà erano tutto. Dopo che Max Ernest era stato
buttato fuori dal gruppo dei surrealisti Meret scrisse a Breton che sarebbe
andata comunque a una sua festa: “…voglio dirtelo perché tu sappia che non c’è
niente di più importante per me della mia libertà”».