L'anniversario

Mezzo secolo di Pacha

La discoteca di Ibiza, nel frattempo diventata un brand globale, fu inaugurata il 15 giugno del 1973: che cosa resta, oggi, di quell'atmosfera?
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Stefano Olivari
27.05.2023 14:07

Il Pacha compie 50 anni ma non li dimostra, anche se da tempo è uscito dalle varie classifiche dei posti più ‘‘giusti’’. Intendiamo il Pacha come discoteca di Ibiza inaugurata il 15 giugno 1973, non come gruppo e meno che mai come franchising, con il marchio che ha invaso tutto il mondo senza però mai nemmeno sfiorare la magia di un locale che è quasi sinonimo di Ibiza e come l’isola delle Baleari è diventato un luogo dell’anima più che un banale posto in cui andare a ballare. Ma dopo mezzo secolo cosa è rimasto del mito del Pacha? E di quello di Ibiza?

Quanti DJ...

Il Pacha originale non è mai stato quello di Ibiza, ma quello in Catalogna aperto nel 1967 a Sitges dai fratelli Urgell, che cavalcarono il boom turistico spagnolo fondato soprattutto sugli arrivi dall’Inghilterra e dalla Germania. E sei anni dopo a Ricardo Urgell venne l’idea di valorizzare Ibiza, isola delle Baleari fino a qual momento meta di un turismo tranquillo e per famiglie: un’anima che peraltro a Ibiza è sempre rimasta, nonostante tutte le megadiscoteche nate sulla scia del Pacha. L’originale ebbe tre tratti distintivi: fu il primo grande locale di Ibiza, fu il primo a puntare sulla musica elettronica, già a fine anni Settanta, superando la discomusic, e fu il primo a puntare non su DJ anonimi ma su personaggi di culto, idolatrati e pagati al livello dei cantanti più famosi. Dal Pacha sono passati, fra i tanti, David Guetta, Martin Solveig, Fatboy Slim, Bob Sinclair, Martin Garrix, Tiësto e Afrojack, solo per citare nomi pop, ma molto più numerosi sono quelli che sono partiti dal Pacha, anche con mansioni umili come riordinare i dischi del DJ-sacerdote, usandolo in seguito come biglietto da visita. Il resto lo ha fatto il passaparola: anche chi non sa niente di Ibiza sa che esiste il Pacha.

L'azienda

Il Pacha è ovviamente un luogo per turisti, lo è sempre stato e non ha mai avuto pretese intellettuali. Del resto i DJ del Pacha devono far ballare ogni sera, tutto l’anno, 3.500 persone e non pochi amici di un piccolo club da stupire con citazioni e virtuosismi. Pacha è sempre stato sinonimo di divertimento, più che di abbrutimento, gli inglesi (e non solo) che si sfondano di alcol non è che a Manchester o Liverpool siano astemi. Nel tempo il marchio è cresciuto e tanti Pacha sono sorti in tutto il mondo, da New York a Mosca, da Rio de Janeiro a Londra, da Atene e Monaco a Barcellona: un franchising stile Hard Rock Café, con tanto di merchandising e di imitazioni trashissime, come l’ormai defunto Pascià di Riccione. Il Pacha non è quindi un localino tipico che ha perso la sua anima, con i vecchi che la rimpiangono, ma è sempre stato un’azienda organizzatissima. Infatti dal 2017 è di proprietà di un fondo statunitense, Trilantic Capital Partners, nato da una costola di Lehman Brothers, che lo ha rilevato dai fondatori per 350 milioni di euro: quindi discoteca di Ibiza, discoteca di Sitges, licenze, marchi (celebre quello con le ciliegie), casa discografica, eccetera.

La concorrenza

Sulla scia del Pacha sono nati a Ibiza tanti locali anche più grandi ed esteticamente più belli, come il Privilege (10.000 posti, nato nel 1975 con il nome di Ku, questo forse l’unico brand a poter rivaleggiare con il Pacha), l’Amnesia (partenza nel 1976, 5.000 posti), l’Hï Ibiza (nato nel 1986 come Space, 5.000 posti) e il DC10 (aperto nel 1999), senza dimenticare il più recente Ushuaia (2011) che di fatto è per chi ama le non stop essendo incorporato in un hotel. Trasgressione? Come nelle altre discoteche europee, né più né meno, però le dimensioni di questi locali danno una sensazione di abbandono e di fuga dal mondo in un contesto più organizzato e pulito di quello di un rave party. Impossibile tenere il conto di chiusure, riaperture, risse e processi: le discoteche spesso attirano il peggio dell’umanità e non c’è selezione all’entrata che tenga. In generale la vita notturna di Ibiza è caratterizzata dal sesso, etero e gay, o per lo meno dalla sua ricerca, più che da droghe e alcol che pure non mancano. Una vita che costa, perché restringendo il discorso al Pacha è difficile entrare spendendo meno di 40 euro (dipende dalle serate e dalle feste, nell’estate 2022 si poteva arrivare in zona 100), senza contare l’indotto visto che al bar in pratica soltanto l’acqua costa meno di 20 euro.

Il superclub

Il Pacha è riuscito nell’impresa di intercettare il clima libertario e post-hippie degli anni Settanta, l’edonismo degli Ottanta e anche la moda dei cosiddetti superclub, nata nei Settanta a New York con Studio 54 e Xenon ma esplosa nel mondo nei Novanta, dove il ‘‘super’’ riguardava sia la grandezza sia la quantità di ambienti diversi (il Pacha ne ha cinque), a tema e con il tema anche mutevole da una notte all’altra. Un grande classico per gli amanti di Ibiza era ed è comunque il giro dei posti principali, senza dichiarare fedeltà al Pacha o ad altri. Un esempio di serata-notte ibizenca poteva e può essere questo: aperitivo-ritrovo alla 20.30 nei bar conosciuti da tutti, come il Mar y Sol, lo Zoo e il Montesol (nomi che abbiamo ritrovato in posti ben più tristi di Ibiza). Cena in un ristorante a caso, a Ibiza uno vale l’altro ma è meglio evitare quelli annessi alle discoteche, poi a mezzanotte il punto della situazione al Keeper, un discobar mai passato di moda. Alle 2 scatta l’ora giusta per il Pacha, alle 4 quella per il Privilege (il fu Ku), alle 6 quella per l’Amnesia.

People from Ibiza

L’isola, sia nella sua parte trasgressiva sia in quella tranquilla, è rimasta una specie di parco anni Ottanta popolato da persone che quel decennio lo hanno vissuto o lo hanno mitizzato. Con l’inno, People from Ibiza, scritto e cantato da Sandy Marton che con Ibiza c’entrava zero (era jugoslavo e viveva a Milano) ma che anche a distanza ne percepiva le vibrazioni, ben colte dal suo scopritore Claudio Cecchetto. Non è un caso che a Ibiza Sandy Marton sia poi andato a vivere, rimanendoci. Molto anni Ottanta erano e sono i weekend a Ibiza con tappa in ogni discoteca e moltissimo anni Ottanta la toccata e fuga, con charter da Malpensa che partivano il venerdì o il sabato sera per tornare il mezzogiorno del giorno dopo, pronti per il pranzo in famiglia, senza avere dormito un minuto. Oggi le è rimasta quell’aura di trasgressione, meritata soltanto in parte, che le serve per vincere facile l’eterno derby con la vicina Formentera.