Mina, ottant’anni da mito

Qualcuno sostiene che sia la più grande cantante vivente. Forse non è così, ma è indubbio che nel mondo dello spettacolo pochi sono riusciti ad eguagliare quanto fatto nel corso della sua carriera da Mina Anna Maria Mazzini, in arte Mina, che oggi, proprio in quella Lugano che da più di mezzo secolo ha eletto a suo «buen retiro», festeggia i suoi primi ottant’anni.
Un traguardo importante, da lei tagliato in uno stato di forma che se non siamo in grado di valutare sul fronte fisico (la riservatezza e la reticenza alle pubbliche apparizioni sono parte fondamentale del suo personaggio), artisticamente è quello dei giorni migliori. Il suo ultimo lavoro realizzato assieme a Ivano Fossati, ha aggiunto l’ennesimo disco di platino al suo ricchissimo palmares fatto di oltre 150 milioni di dischi venduti ed è tra i più programmati dalle radio; grazie alla pubblicità la sua voce entra a ripetizione nelle case di tutti noi e la sua immagine, sapientemente gestita attraverso originalissimi servizi fotografici, pochi ma efficaci videoclip e «apparizioni» in stile Lourdes a pochi eletti, non è mai stata così forte.
Da diva a mito
Forse neppure in quegli anni Sessanta e Settanta in cui era l’incontrastata regina della tivù italiana e delle hit parade, perché allora si trattava «semplicemente» di una grande vedette che in quanto tale veniva sottoposta al trattamento riservato al suo status: divismo in stile hollywoodiano ma anche una crudele e spietata messa a nudo di fronte ad una pruriginosa opinione pubblica affamata di pettegolezzi, maldicenze e scandali, specie se riguardanti una donna desiderosa di mantenere una propria indipendenza e autonomia – ciò che la spinse a lasciare l’Italia a favore di Lugano (come fece anche Rita Pavone) e a ritirarsi dalle scene.

Oggi invece Mina non è più una diva, è un mito e come tutti i miti al di sopra di ogni cosa. Di qualsiasi tentativo di classificazione stilistica visto che in sessant’anni di carriera e oltre un centinaio di dischi ha cantato di tutto e in tutte le lingue, dal pop al rock al jazz, dalla canzone d’autore all’opera. E al di sopra di ogni tipo di considerazione di carattere qualitativo, appurato che ogni suo disco è frutto di intelligenti e ponderate scelte autorali, con ampi spazi dedicati a giovani talenti, spesso in netto contrasto con le mode del momento, nonché di soluzioni sonore di grande classe.
Un’icona di stile
Anche sul fronte prettamente visivo ogni suo lavoro rappresenta una sorpresa, un modo diverso, originale, fantasioso, onirico di presentarsi, seppur virtualmente, al proprio pubblico mescolando grazia, eleganza provocazione e condendo il tutto con una robusta dose di ironia. Caratteristiche che, unite alla sua sfuggevolezza all’impalpabilità della sua presenza ne fanno, come detto, un assoluto punto fermo della cultura e del costume e dello stile italiano. E non solo per i «diversamente giovani»: non è un caso che alcuni degli osannati travestimenti sanremesi di uno dei nuovi idoli dei teenager italici, Achille Lauro, non siano altro che dei rifacimenti delle metamorfosi di Mina sulle copertine dei suoi dischi. Dischi nei quali, come dicevamo in precedenza, in questi suoi primi ottant’anni, Mina ha messo di tutto: classica melodia italiana, sperimentazioni vocali, swing, rock, cabaret, tradizione napoletana e, soprattutto negli ultimi anni, parecchio jazz.
Ma per chi al di fuori delle registrazioni fonografiche, tra le quali è facile perdersi vista la loro vastità, volesse saggiare «dal vivo» le qualità interpretative della cantante luganese (non ce ne vogliano i lettori d’oltre confine se la definiamo così, ma è un dato di fatto che la maggior parte della sua vita e della sua produzione artistica sia legata al Ceresio) YouTube rappresenta un serbatoio altrettanto ampio cui attingere: le sue performance in programmi che hanno fatto la storia della televisione (Studio 1, Senza Rete, Canzonissima, Il Musichiere...) restano leggendarie, così come i suoi duetti con personaggi che vanno da Lucio Battisti a Giorgio Gaber, da Alberto Sordi a Vittorio De Sica, da Caterina Valente a Walter Chiari all’immenso Totò.
Semplicità e riservatezza
Esibizioni che rappresentano degli autentici pezzi di storia con al centro sempre e comunque lei, il suo talento mai ostentato ed un carisma costruito sulla modestia e sulla semplicità. Caratteristiche probabilmente stanno alla base della decisione, concretizzatasi nell’ormai remoto 1978, di rinunciare a qualunque apparizione pubblica, ma anche alle precedenti scelte di non avventurarsi, salvo qualche piccola ed estemporanea esperienza, sulle vie del cinema – e questo sebbene allettanti e prestigiose offerte non siamo mai mancate – e di non raccogliere la sfida di varcare l’oceano e cimentarsi con un mercato americano pronto ad accoglierla a braccia aperte e dove vantava illustrissimi estimatori. A cominciare da una delle più grandi cantanti jazz di sempre, Sarah Vaughan, che una volta dichiarò: «Vorrei avere la voce di una giovane ragazza italiana di nome Mina». Buon compleanno e cento di questi giorni signora Mazzini.
Franco Ambrosetti: "Una musicista vera, esigente e attenta alle novità"
Il jazzista luganese Franco Ambrosetti è stato per tantissimi anni uno stretto collaboratore artistico di Mina.
Cosa ci può dire di lei?
«Che è una persona straordinaria e una cantante pazzesca, come poche altre al mondo. E che ancora oggi, a ottant’anni, è intonata come una ragazzina. Sembra quella di Tintarella di luna, con la stessa energia, la stessa forza di allora. E poi che è una musicista vera, con un’inesauribile voglia di fare cose non banali, originali, che escono un po’ dal percorso normale della canzonetta. Tanto che quando registravo con lei, spesso, negli assoli mi trattenevo perché essendo una musica commerciale non mi sembrava il caso di esagerare. Ma lei insisteva sempre “Vai avanti, senza timore”. Ha insomma una grande apertura mentale. E poi mi chiamava “l’angelo” perché diceva che suonavo come un angelo. Mi ha anche regalato un angioletto d’oro da mettere sulla giacca».
Questa sua apertura la rende un’artista con la quale è facile o è difficile lavorare?¨
«Facilissimo. Se sei un musicista vero con lei lavori subito. Però è molto esigente, con se stessa e naturalmente anche con gli altri. Nel senso che non puoi andare lì e fare le scale che hai imparato al Conservatorio. Con lei devi essere creativo».

È vero che le basta un solo «take» (una sola prova - ndr) per incidere una canzone?
«Quasi sempre. E ciò è indice di una grande sicurezza. Nonché di un controllo di voce davvero straordinario».
Un aneddoto su di lei?
«Ricordo un mio concerto alla RSI assieme a Gianni Ferrio, storico arrangiatore della RAI ai suoi tempi, al quale venne ad assistere. È stata una delle sue rarissime uscite pubbliche, nella quale – cosa curiosa – si ritrovò in platea seduta quasi a fianco di un’altra superstar della voce Caterina Valente. E poi una curiosità artistica: quando 30 anni fa cominciò a inserire i miei assoli nei dischi, nessuno nella musica leggera usava la tromba. Lo strumento principe per quella funzione era infatti il sax. Adesso non c’è un disco in cui non c’è un trombettista che suona. È grazie a lei, insomma, che la tromba è diventata uno strumento pop».