Il personaggio

Monty Alexander: «Sono cresciuto con la musica di Nat King Cole»

Nostra intervista al pianista giamaicano che a JazzAscona renderà omaggio all’interprete di «Route 66» e «Unforgettable» nel centenario della sua nascita
Red. Online
26.06.2019 06:00

È la grande stella di JazzAscona 2019 il pianista Montgomery «Monty» Alexander che giovedì 27 giugno alle 22.00, si esibirà in trio allo Stage New Orleans. Originario di Kingston, Giamaica, dove è nato il 6 giugno 1945, Alexander è da quasi mezzo secolo una delle personalità più amate del panorama jazzistico internazionale in virtù di uno stile immediato, un tocco frizzante ed energico ed un originale linguaggio nel quale forti elementi blues si mischiano al fraseggio bebop e ai ritmi caraibici. In carriera ha suonato e inciso con artisti provenienti da ogni angolo possibile dell’universo musicale: Frank Sinatra, Tony Bennett Ray Brown, Dizzy Gillespie, Sonny Rollins, Clark Terry, Quincy Jones, Ernest Ranglin, Barbara Hendricks, Bobby McFerrin, Sly Dunbar & Robbie Shakespeare... Conosciuto ed apprezzato per la sua abilità di «gettare ponti» tra un genere e l’altro - ferma restando la centralità del jazz – a JazzAscona si esibirà in trio omaggiando una delle figure centrali della sua formazione artistica, Nat King Cole. Lo abbiamo intervistato.

Monty Alexander, perché la scelta di ricordare Nat King Cole?
«Perché è stato un musicista importantissimo per me. Ho imparato a conoscerlo quando ero ancora un bambino in Giamaica. I miei genitori ascoltavano spesso i suoi dischi e ballavano sulle sue note nel salotto di casa. Allora non sapevo nulla di questo grosso artista, ma mi piacevano molto le sue ballate e le sue canzoni. Quando avevo undici anni venne a Kingston per un concerto e lo vidi dal vivo. Il suo stile elegante, la sua eccezionale presenza scenica mi colpirono parecchio, ma ancora di più mi affascinò la sua bravura al pianoforte. Con Oscar Peterson e Art Tatum ha avuto una grossa influenza sul mio percorso musicale».

Quali canzoni di Nat King Cole metterebbe nel suo ideale podcast?
«Mi piacciono tutte! Sia le ballate, sia le interpretazioni dei classici americani di George Gershwin e Cole Porter. Pezzi swing come Straighten Up and Fly Right o Route 66 erano molto popolari anche fra noi musicisti. Ma ci sono anche brani meno popolari che ha interpretato magistralmente».

Quando avevo undici anni Nat King Cole venne a Kingston per un concerto e lo vidi dal vivo. Il suo stile elegante, la sua eccezionale presenza scenica mi colpirono parecchio, ma ancora di più mi affascinò la sua bravura al pianoforte

E quali proporrà ad Ascona?
«Ho deciso di proporre le più popolari, tra le quali la magnifica Unforgettable. Sua figlia Natalie nel 1991 lo ha omaggiato duellando virtualmente con lui sulle note di questo grande classico. Lei, che è una stella del pop e dell’R&B, mi ha pregato di adattarlo al suo stile, cosa che ho fatto molto volentieri. È stato un onore aiutarla a produrre i 20 brani dell’album Unforgettable... with Love. Come avrei potuto avvicinare di più lo spirito di Nat King Cole se non lavorando con un membro della sua famiglia?»

Nella sua giovinezza in Giamaica, negli anni ’40 e ’50, che musica ascoltava, oltre a quella di Nat?
«Mi piaceva molto Louis Armstrong. Come Cole poteva, con la magia della voce, trasmettere molto calore umano. È quello che provo ancora oggi. La Giamaica ha naturalmente i suoi ritmi, il calypso e le islands song che Harry Belafonte ha reso famosi in tutto il mondo. Fra le stelle dell’R&B ho ammirato molto Fats Domino e Little Richard. Ma mi piacevano anche i grossi pezzi pianistici classici, come quelli di Rachmaninov e Chopin, che hanno avuto un grosso influsso su di me».

Come è cambiata la sua vita quando si è trasferito, nel 1961, a Miami?
«Quando arrivai in America avevo 17 anni e non avevo idea di quale strada avrebbe preso la mia vita, anche se una voce interna e mistica mi spinse a continuare a suonare il pianoforte. Lo feci nei bar e nei club, e così entrai nel mondo della musica, anche se mi considero fortunato di avere potuto trasformare il tutto in una carriera da musicista. I primi tempi, da teenager, furono anonimi: il successo arrivò quando incontrai dei mostri sacri come Nat King Cole, Bing Crosby, Tony Bennett e Frank Sinatra».

E poi?
«Il primo contatto con Frank Sinatra in un club di un suo amico fu un fulmine a ciel sereno. Mi invitò a suonare per lui a New York, dove interpretava le canzoni di Nat King Cole che già conoscevo. A quei tempi mi muovevo essenzialmente nel mondo del «Great American Songbook». Ma ero anche un appassionato di pugilato. Quando assistevo ai combattimenti di boxe mi rendevo conto che i pugili si comportavano come i musicisti e non si facevano del male se appartenevano alla stessa comunità “black”. E lo stesso valeva anche per i miei amici, che andavano tutti pazzi per la musica, il baseball e la boxe (ride). Devo ringraziare loro e queste passioni, se mi sono sempre tenuto lontano dalle droghe, un pericolo sempre molto presente».

Miles Davis sapeva della mia passione per il pugilato e mia accompagnò a vedere Cassius Clay al Madison Square Garden

Ha condiviso la passione per il pugilato con Miles Davis: andavate alle riunioni o le guardavate alla televisione?
«Miles sapeva della mia passione e mi accompagnò tre volte al Madison Square Garden. Allora la stella era Cassius Clay, che poi si avrebbe cambiato il suo nome in Mohammad Alì. Con il suo stile variato era uno dei campioni più celebrati e io lo vidi spesso. Ebbi anche la possibilità di incontrarlo una volta».

Di cosa parlaste?
«Gli chiesi se gli piaceva il jazz e lui annuì (ride). Uno dei suoi migliori amici era il cantante Sam Cooke, mi disse, che come Nat King Cole fu influenzato dalla musica religiosa e che come lui proveniva dalla «Chicago South Side». Da ragazzo Nat suonava il piano nella chiesa di suo padre e i fedeli spesso concludevano le loro preghiere con il motto “Straighten Up and Fly Right”. Fu da ciò che Nat trasse l’ispirazione per scrivere una delle sue più famose canzoni. I musicisti di colore e i pugili avevano degli ottimi rapporti e quando si incontravano nei bar ad avere lo stile di vita più sano erano proprio quest’ultimi, che non toccavano una goccia d’alcool.
Quello di domani non sarà il suo primo concerto ad Ascona (Monty Alexander partecipò alla rassegna nel 2005 dopo due apparizioni ad Estival nel 1989 e 1998 - ndr): che ricordi ha di quell’evento?
«Che l’atmosfera era grandiosa! Si sentiva la passione per il Jazz degli organizzatori. Sono felice e grato di poter tornare dopo così tanti anni. Con me ci saranno due grandi musicisti (Hassan JJ Shakur al basso e Jason Brown alla battera – ndr) con i quali darò il meglio».

Il programma di oggi ad Ascona

Tra le proposte odierne di JazzAscona annotiamo la parata della New Orleans Jazz Orchestra Brass Band in piazza della Posta (ore 18.30) e l’esibizione di Adonis Rose & The NOJO 7 allo Stage Elvezia (ore 22.30). Di interesse il ritorno della giovane svedese Ellen Birath (Stage New Orleans, ore 20.00) e l’assegnazione dell’AET My Choice Audience Award 2018 alla JT & Ka-nection Band (nella foto).

Animato anche il Villaggetto dei media con lo showcase di Francesca & Guido Di Leone (17.45), l’intervista «live» a Monty Alexander (19.30) e lo showcase delle 23.00 (diretta su Rete Uno) di Pugsley Buzzard.