L'appuntamento

«È fondamentale comunicare la scienza in modi nuovi»

Intervista a Telmo Pievani, filosofo, evoluzionista e divulgatore, che ha ideato e realizzato lo spettacolo «NOMADIC– Canto per la biodiversità», domenica sul palco del Palazzo dei Congressi alle 18.00
© francesco ballestrazzi
Michele Castiglioni
07.11.2025 19:15

IBSA Foundation presenta lo spettacolo NOMADIC– Canto per la biodiversità, ideato e realizzato dal filosofo, evoluzionista e divulgatore Telmo Pievani e Gianni Maroccolo, leggenda del rock italiano, tra i fondatori dei Litfiba e dei C.S.I. Sarà domenica sul palco del Palazzo dei Congressi alle 18.00 e si addentrerà in modo inusuale nel tema delle migrazioni, un argomento quanto mai attuale in un’epoca segnata da crisi ambientali, sociali e politiche. Ne abbiamo parlato con Pievani.

NOMADIC tratta il tema delle migrazioni contestualizzandolo in modo particolare raccontando l’affinità tra i movimenti umani e animali. Com’è che è nata l’idea e cosa vuole comunicare questo spettacolo?
Sì, esatto: l’idea è di proporre al pubblico una visione del migrare, cioè dello spostarsi un po’ più ampia, che tocchi sia lo spazio, sia il tempo. Nello spazio perché raccontiamo storie che riguardano tutto il pianeta, e nel tempo, perché spiego in che modo il migrare è stata una strategia evolutiva di adattamento importantissima per gli animali. E tra questi animali, naturalmente ci siamo anche per noi. Quindi mettiamo le migrazioni umane nel contesto delle migrazioni di tutti gli animali, con continui rimandi tra noi e loro: si parla di tutti gli esseri viventi che si muovono, come diceva Darwin, nel fiume della vita. Un fiume che si muove e si sposta continuamente. Le migrazioni poi possono essere positive o negative come tutti i fenomeni naturali, perché se da un lato destabilizzano, allo stesso tempo creano anche tanta diversità e tante innovazioni e incontri. Quindi mettiamo in scena questo viaggio nelle migrazioni e lo facciamo mescolando linguaggi diversi con la mia narrazione scientifica immersa nellala musica e cicondata dalle immagini di Marco Cazzato, le animazioni video di Michele Bernardi. Il tutto è nato dall’incontro con Gianni Maroccolo, che è avvenuto in realtà con un’altro progetto che all’inizio era quello dei Deproducers: quattro grandi musicisti - Gianni Maroccolo, Max Casacci, Riccardo Sinigallia, Vittorio Cosma - che avevano inventato questo progetto di musica per conferenze scientifiche molto particolare. Io ero il Frontman, diciamo il narratore di uno di questi spettacoli. Così ho conosciuto Gianni e quando gli ho parlato di questa mia idea delle migrazioni, lui l’ha sposata subito.

Quanto è difficile veicolare un discorso sociale e scientifico, attraverso il mezzo dello spettacolo? Come avete trovato l’equilibrio tra i due toni di voce?
«È stato un lunghissimo lavoro di produzione, poiché solitamente musica e scienza vengono semplicemente accostate, con una “semplice” alternanza tra pezzo scientifico e brano musicale. In NOMADIC non è così: abbiamo fatto tre settimane di lavoro di produzione e di prove in un piccolo teatrino in Toscana, vicino a dove abita Gianni Maroccolo, per amalgamare tutto coerentemente e io personalmente ho dovuto fare un grande esercizio di sintesi nelle mie narrazioni per far sì che non fossero delle “microconferenze”, ma una vera e propria storia, un viaggio».

Telmo Pievani e Gianni Maroccolo
Telmo Pievani e Gianni Maroccolo

La scienza, in tutti i suoi ambiti ha un ruolo fondamentale nell’affrontare le sfide del presente e del futuro. Ma attualmente sembra un po’ subire degli effetti di un mondo destabilizzato economicamente, socialmente e forse soprattutto a livello di comunicazione...
«Penso sia fondamentale comunicare la scienza in modi nuovi. In questo senso la pandemia è stata un po’ un test traumatico dove sono stati fatti tanti errori di comunicazione e c’è stata di conseguenza una perdita di fiducia. Poi ci sono i social e l’intelligenza artificiale che minacciano perché generano anche tanta disinformazione. Quindi è un momento molto difficile per la comunicazione scientifica. Eppure bisogna stare al passo e al gioco: contenuti della scienza vanno veicolati in modi nuovi, senza presunzioni, come cerco di fare io spiegando sempre bene che cosa non sappiamo e quali sono le incertezze della spiegazione scientifica, evitando di presentarla in modo paternalistico. E poi occorre cambiare i format e i linguaggi utilizzati: la stragrande maggioranza del pubblico va avvicinato portando la scienza fuori dai luoghi istituzionali. NOMADIC è questo: è il provare a raccontare la scienza nei teatri, nelle sale da concerto, in luoghi non deputati istituzionalmente ad essa».

L’emozione è una funzione dell’organismo che ha un ruolo anche a livello evolutivo. In questo senso quando lei dice, «cerchiamo di dare voce a nuovi linguaggi espressivi capaci di generare emozione e partecipazione condivisa, perché solo così temi come la crisi climatica, le migrazioni o le sfide del futuro possono essere compresi e sentiti come parte della vita quotidiana di ognuno», si riferisce a un percorso di evoluzione della nostra specie in atto?
«Sì, sicuramente il percorso consiste nel fatto che noi stiamo cambiando il mondo in un modo molto veloce e spesso anche drammatico. Quindi la situazione di crisi che viviamo oggi è dovuta al fatto che cambiamo il mondo così velocemente da doverci poi a nostra volta adattare al mondo che stiamo modificando e facciamo fatica. Questo che stiamo vivendo è un po’ un momento critico dal punto di vista evolutivo e va raccontato e capito. Ciò è possibile toccando corde emotive, ma le emozioni positive e negative vanno mixate bene, perché se tu calchi la mano solo sul lato negativo alla fine poi ottieni rassegnazione. Piuttosto occorre mescolare le emozioni negative con le emozioni positive, quindi con la speranza, le soluzioni, le prospettive che possiamo costruire insieme. Anche questo è difficile, ma noi con NOMADIC ci proviamo».