I ticinesi al concerto di Bruce Springsteen, nel 1985

Nella storia dei concerti per italiani e ticinesi c’è stato un prima e un dopo il 21 giugno 1985 a San Siro. Bruce Springsteen avrebbe suonato tante altre volte a Milano e anche in Svizzera, ma l’impatto che 40 anni fa ebbero quelle tre ore e mezzo in un caldo allucinante non è più stato replicato, né da lui né da altri. Fra pochi giorni il Boss tornerà a San Siro per due date, lunedì 30 giugno e giovedì 3 luglio, recuperi di quelle saltate nel 2024: l’occasione giusta per riflettere su due mondi diversi e anche su due Springsteen diversi.
La prima volta
Quel concerto fu il primo di Springsteen in un’Italia che soltanto da poco era tornata alle grandi adunate live, che il clima politico degli anni Settanta avevano reso impossibili. Una strada riaperta da Bob Marley nel 1980 ma che fino al 1985 era stata percorsa da pochissimi, almeno negli stadi. Per lo Springsteen 1985 l’organizzazione stimò la presenza di circa 2.000 fan svizzeri, con i ticinesi ovviamente in prevalenza (altra curiosità: circa mille i romani) sui 65.000 spettatori totali, statistica da asteriscare visto che all’epoca i biglietti erano cartacei e non tracciabili, ma comunque credibile. Di sicuro molti di quei 2.000 tre anni prima, l'11 aprile del 1981, erano stati all’Hallenstadion di Zurigo, tappa del The River Tour e primo concerto svizzero di Springsteen che avrebbe in seguito suonato a Zurigo diverse altre volte (ma al Letzigrund), più una a Basilea nel 1988 e due a Ginevra nel 2009 e nel 2013. Quei 65.000 di San Siro significarono il tutto esaurito, visto che nel 1985 non esisteva ancora il terzo anello, che sarebbe stato costruito per il Mondiale del ’90: il prato davanti al palco fu interamente occupato e noi che c’eravamo possiamo testimoniare che cerano almeno 10.000 persone in più di quelle ufficiali.
Ventimila
Un concerto ricordato anche da chi non c’era, viene da dire «soprattutto» da chi non c’era, mentre meno ricordato è il prezzo dei biglietti: 20.000 lire esatte, come potere d’acquisto circa 41 euro di oggi, considerando l’inflazione. Imbarazzante il confronto con i prezzi attuali, che vanno da un minimo di 75 euro, più gli assurdi diritti di prevendita, a un massimo di 184. Un confronto che purtroppo si può fare anche con generi di prima necessità e non soltanto con Springsteen, che peraltro nel 1985 era un evento di portata eccezionale e oggi un po’ meno. La richiesta di biglietti fu doppia rispetto alla capienza e per motivi di ordine pubblico fu annunciato dal Comune un maxischermo nel vicino parco di Trenno, che però dopo una lite con il management di Springsteen (severissimo anche nell’impedire l’ingresso a San Siro di macchine fotografiche e addirittura delle troupe del telegiornale) rimase un annuncio, per arrivare al piano B di uno schermo molto meno mega piazzato fuori San Siro per i tanti senza biglietto che avevano provato a scavalcare, come all’epoca era costume anche per le partite. L’inizio era programmato per le 19:30 di quel venerdì, con apertura dei cancelli alle 15:30. La comoda ma triste era dei posti numerati non era ancora iniziata… Comunque già alle 11 del mattino c’era una pressione che a molti fece temere il peggio: la tragedia dell’Heysel era di poche settimane prima, fino ad allora nessuno aveva mai discusso di sicurezza negli stadi. Quasi tutti comunque con le scarpe da tennis consigliate per chi volesse guadagnare l’accesso al prato, che Inter e Milan avrebbero dovuto usare due giorni dopo per l’andata delle semifinali di Coppa Italia. La lunga attesa fece la gioia dei venditori di bibite e gelati, allora definiti «ciccaioli», con ghiaccioli a 5.000 lire (10 euro di oggi) e il resto in proporzione.
Born In The U.S.A.
La scarsa conoscenza dell’inglese, anche da parte di molti fan del Boss, fece nascere molti equivoci sullo Springsteen muscolare, cantore dell’America reaganiana quando invece raccontava la periferia, le vite normali fra il medio e il mediocre, la fine delle illusioni. Va detto però che in quel periodo in particolare Springsteen come persona viveva e si comportava come un divo, non come uno del popolo che ce l’ha fatta ma non dimentica le sue origini, insomma l’immagine stereotipata e non proprio vera che gli springsteeniani osservanti considerano intoccabile e indiscutibile. I due giorni prima del concerto Springsteen non li passò nel caldo milanese, in centro e tanto meno in periferia, ma nella villa di Gianni Versace a Moltrasio. Un rapporto nato grazie alla moglie dell’epoca, la modella Julianne Phillips, sposata il mese prima, e portato avanti anche con Donatella Versace, la sorella dello stilista, che di fatto fece da guida a Springsteen e signora per quei due giorni sul lago di Como, con tanto di gita in motoscafo e pranzo all’Isola Comacina. Versace gli propose di indossare le sue T-Shirt durante il concerto, ma il Boss non volle apparire troppo modaiolo e rimase con la sua canottiera fintamente stracciata.
Maratona
Il concerto di San Siro del 1985 fu una maratona, tipica delle performance dello straordinario Springsteen in quel periodo. Anzi, più di una maratona perché durò circa tre ore e mezza, con una scaletta di 29 canzoni che spaziavano dai classici di Born to Run e Darkness on the Edge of Town ai nuovi successi di Born in the U.S.A., album uscito l’anno precedente. La setlist includeva brani come Badlands, Thunder Road, Hungry Heart e una potente versione di Born in the U.S.A., eseguita proprio in apertura scatenando il delirio, oltre a cover come Can’t Help Falling in Love e Twist and Shout nei bis. Insomma, il Boss e la E Street Band diedero il massimo, ma nell’occasione il loro rapporto con Milano fu ridotto al minimo. Springsteen arrivò da villa Versace due ore prima del concerto, e subito dopo fu portato alla Malpensa per prendere a mezzanotte un volo privato per Montpellier, tappa successiva del tour. Una vera e propria apparizione per tutti noi, una serata magica, un mondo in cui l’inflazione riguardava le monete ma non le passioni.