Il caso

La musica non è per donne

Le classifiche decennali di Spotify dimostrano una volta di più che in Italia, così come nel resto del mondo, l’industria discografica è dominata dagli uomini e modellata sul loro immaginario
©ETTORE FERRARI
Stefano Olivari
25.02.2023 13:15

La musica italiana è una cosa per uomini. Fra i 50 musicisti più ascoltati su Spotify in Italia negli ultimi dieci anni ci sono infatti 49 maschi e una sola femmina, Madame. Una situazione assurda, visto che in teoria le canzoni non hanno sesso, anzi sono proprio uno dei pochi ambiti in cui ci sarebbero pari opportunità di partenza. E quindi?

Mengoni

Il fenomeno parte da lontano, ma negli ultimi tempi si è estremizzato. Al punto che nessuno si è sorpreso per la dedica alle artiste donne fatta da Marco Mengoni sul palco dell’Ariston, subito dopo aver vinto a Sanremo davanti ad altri quattro uomini (Lazza, Mr. Rain, Ultimo e Tananai), con Giorgia soltanto sesta. Non è che la dedica fosse dovuta, perché ci sono stati casi in cui a Sanremo il podio è stato tutto al femminile (l’ultimo nel 2012: Emma, Arisa e Noemi), ma di sicuro Mengoni si è accorto che nella musica italiana recente c’è una tendenza abbastanza preoccupante, confermata anche dal pur politicamente corretto Sanremo 2023: su 28 partecipanti 8 soliste donne, un duo al femminile (Paola e Chiara) e metà dei Coma_Cose.

Spotify

Il gigantesco e antipatico non detto di questa situazione è che le artiste donne, poche o tante che siano, spesso non vengono premiate dal pubblico, che è invece quasi equamente diviso fra maschi e femmine. Per i suoi dieci anni sul mercato italiano Spotify ha pubblicato le classifiche dei 100 artisti più ascoltati e delle 100 canzoni più ascoltate. La prima donna è come abbiamo visto Madame, quarantanovesima, mentre alla posizione numero 57 c’è Elisa e alla 70 Alessandra Amoroso: basta così, 3 su 100. E quante donne singole ci sono per le prime 100 canzoni? Zero. Le poche (Nstasia, Ana Mena, Giusy Ferreri, Alessandra Amoroso, Elodie, Mara Sattei, Victoria dei Måneskin, Orietta Berti) presenti esistono soltanto in gruppo o nel circo dei featuring. Nemmeno una star mondiale come Lady Gaga convince da sola il pubblico italiano: la sua Shallow è numero 80 nell’ultimo decennio di ascolti, ma nella versione con Bradley Cooper.

Ragazzi per ragazze

Qual è oggi il pubblico della musica? Che poi coincide sempre di più con il pubblico dello streaming: nel 75% dei casi si tratta di persone sotto i 44 anni di età, 46% donne e 54% uomini. Con questo equilibrio fra chi ascolta e in senso lato compra, le classifiche quasi senza donne sono a prima vista un mistero. Spiegato soltanto in parte dal sesso dei dirigenti dell’industria musicale e molto di più da quello degli autori: in Italia oltre il 90% dei credit delle canzoni è per autori uomini e non è un fenomeno locale visto che negli Stati Uniti questa percentuale è del 96. In generale, pur essendo le cantanti il 27% del totale in Italia, le autrici sono il 12,5% di chi scrive canzoni e nella quasi totalità dei casi si tratta di cantautrici: in altre parole la donna scrive quasi unicamente per interpreti donne, mentre gli autori uomini scrivono per entrambi i sessi e quindi in un certo senso si appropriano dell’immaginario femminile. Va da sé che gli uomini tendano a esporre il loro punto di vista, e che quindi lo schema pop classico sia quello di ragazzi che cantano canzoni per ragazze (in quanti testi le ragazze sono l’oggetto dell’amore maschile? Quasi in tutti) ma permettendo ai ragazzi di immedesimarsi almeno un po’.

Rap e trap

Il problema di genere riguarda anche il genere musicale, perché non esistono generi rivolti a un pubblico quasi soltanto femminile mentre ne esistono di dedicati chiaramente a quello maschile. Basti pensare all’heavy metal e al rap, quando non alla trap. Addirittura anche l’indie, di cui si parla tanto confondendo una condizione mediatica con uno stile (da qui le ricorrenti polemiche sui traditori), che di base non dovrebbe avere una connotazione sessuale definita, in pratica ha artisti in gran parte uomini. Nel rap i riferimenti quasi soltanto maschili sconfinano spesso nella misoginia, di interpreti e pubblico, oltre che nella tradizionale omofobia. Vittime non soltanto le donne in generale, ma anche quelle poche che osano fare le rapper, come CRLN, che in due diverse occasioni è stata quasi linciata dal pubblico a colpi di insulti sessisti e di cori che nemmeno negli anni Cinquanta sarebbero stati derubricati a goliardici. Apriva i concerti di Marracash e Gemitaiz e in entrambi i casi nessuna solidarietà è arrivata dagli artisti principali. Insomma, senza criminalizzare un genere musicale che peraltro sogna di essere criminalizzato (tutti fingono di arrivare da immaginari ghetti, prima che si scoprano le loro origini borghesi), bisogna dire che il rap sembra fatto apposta per confinare le donne in un ruolo ben preciso.

E altrove?

La tentazione è sempre quella di rimpiangere un passato meraviglioso, mai davvero esistito. Perché quando si vendevano i dischi e non i click la situazione non era tanto meglio. Nella Top 40 di sempre degli album venduti a un pubblico di lingua italiana ci sono due sole donne, Madonna (True Blue nono e Like a Virgin trentaquattresimo) e Mina in coppia con Celentano. E con i singoli non va tanto meglio. Quanto al mitico mercato internazionale, la situazione non è migliorata nemmeno con il politicamente corretto imperante. Negli Stati Uniti solo il 23,3% di chi è entrato nella Top 100 delle classifiche è donna, peggio che in Italia, mentre poco meglio va con le autrici: 14,4% del totale. Con punte di oltre il 20% per la dance, mentre pochissime (6%) scrivono rap. Malissimo per le produttrici, meno del 4% del totale. E il fenomeno si interseca, in America ma ormai anche in Europa, con il discorso etnico visto che in questo caso gruppi etnici minoritari sono rappresentati in più di metà (57%) delle canzoni da classifica. Per dirla brutalmente, una donna bianca che davvero sfondi nella musica deve avere un talento straordinario. Parafrasando vecchi allenatori di calcio, che mai nemmeno avrebbero concepito l’esistenza del calcio femminile, la realtà dice che la musica non è uno sport per signorine.