Mahmood è un mostro di bravura, lo ha dimostrato a Milano
Non è stato un concerto monstre o, se preferite, non è durato oltre ogni limite. Poco più di un’ora e mezza di muscoli e poesia. Meglio: il pubblico ha lasciato l’Unipol Forum di Assago, Milano, con un misto di sazietà e appetito. Mahmood, per la seconda serata «casalinga» del tour, ha srotolato il suo viaggio artistico. Accogliendo, sul palco, nientepopodimeno che Blanco per una Brividi cantata a occhi chiusi e con il cuore in mano, l’eterna Ornella Vanoni per un duetto da consegnare agli annali (Santa Allegria) e la raffinatissima Angèle per Sempre/Jamais.
Al centro di tutto, lui, Mahmood, al secolo Alessandro Mahmoud, capace di stordire ed emozionare, di accelerare e rallentare, di ballare come un ossesso e di accomodarsi per fare del Forum uno scrigno intimo e personale (impressionante, per qualità e trasporto, il trittico T’Amo, Il Nilo nel Naviglio e Stella Cadente). Tante, tantissime le interazioni con il pubblico, accompagnate sempre da un «raga» al tempo stesso timido e ficcante. Come se, per fare «casino» come ha chiesto (e ottenuto) più volte, servisse un permesso speciale.
Ad accompagnare il viaggio, diciamo a illustrarne tappe e significati, la scenografia. Il concerto è cominciato sulla poltrona del dentista, dove Mahmood, anestetizzato, si è addormentato. E ha iniziato, appunto, a sognare. Un volo verso chissà dove nel quale hanno trovato posto, e spazio, i brani del nuovo album, Nei letti degli altri, oltre ai vecchi successi. Il punto d’arrivo era rappresentato dalle nuvole, mentre il finale (con tanto di ringraziamenti, mamma compresa) è stato con una Tuta Gold da standing ovation. Nel mezzo c’è stato tutto e il contrario di tutto. C’era la potenza di un rave, ma c’era anche la sacralità del teatro. Non solo, passato, presente e futuro si sono fusi in un tutt’uno dall’estetica marcata che, a sua volta, ha mescolato sogno e realtà, modernità e radici. Della serie: ho girato l’Europa (e il mondo) ma non scorderò mai le mie origini (così in Stella Cadente: «Io compro la mia prima casa, non mi chiedi com’è / Mi son sentito grande per la prima volta anche se / Dopo sei mesi ha preso fuoco, era una stella cadente»).
Non è stato un concerto monstre, dicevamo. Ma sul palco si è visto un mostro di bravura. Un artista dal respiro e dalla dimensione, oramai, internazionali. Fra i pochi, in Italia, in grado di mettere in piedi uno show a 360 gradi. Fra i pochi, se non l'unico come ha scritto qualcuno su X, che possa definirsi una divinità musicale.