Musica

Quanta invidia per i Måneskin

Ormai sono la band che nel mondo è maggiormente detestata da colleghi ed addetti ai lavori del proprio Paese: proviamo a capire il perché di questo fenomeno
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Stefano Olivari
26.09.2023 12:00

Ormai è ufficiale: i Måneskin sono la band che nel mondo è maggiormente detestata da colleghi ed addetti ai lavori del proprio Paese, fino al livello degli amatori. Un fenomeno che va al di là della normale invidia nei confronti di chi ha molto successo e che una settimana fa dopo il riconoscimento ottenuto agli MTV Music Awards ha spappolato una quantità incredibile di fegati nell’ambiente della musica italiana e in quello dei presunti esperti. Proviamo a capire il perché di un fenomeno che ha ormai proporzioni assurde, come sa chiunque dia ogni tanto un’occhiata a Twitter.

MTV Video Music Awards

L’ultimo episodio di una storia nemmeno tanto lunga, visto che il loro successo mainstream è iniziato nel 2021, è avvenuto ai recenti MTV Video Music Awards, dove la band romana al Prudential Center di Newark, New Jersey, ha ricevuto il premio nella categoria Best Rock, per il video di The Loneliest. Per il dispiacere di molti i Måneskin non hanno vinto superando l’impiegato che di sera imita Springsteen e il liceale che si crede Kurt Cobain ma, nell’ordine, Foo Fighters, Linkin Park, Red Hot Chili Peppers, Metallica e Muse. Un’altra coltellata è arrivata quando Damiano David, Victoria De De Angelis, Thomas Raggi ed Ethan Torchio si sono esibiti con la loro Honey (Are you coming?) davanti a Taylor Swift, cioè una che vale quasi come tutto il resto dell’industria musicale messo insieme, che ha apprezzato e si è intrattenuta con loro. Che fra l’altro l’anno scorso avevano vinto nella categoria Best Alternative, una doppietta riuscita soltanto ai Green Day. Insomma, comunque la si veda, i Måneskin fanno parte dello star system internazionale.

Gli italiani all'estero

Per capire l’unicità dei Måneskin non bisogna guardare al successo, che può essere effimero o duraturo, nessuno può saperlo in anticipo, ma al tipo di successo. Loro sono infatti riusciti a sfondare all’estero senza fare gli italiani dell’immaginario collettivo e della tradizione, come è o è stato per artisti come Andrea Bocelli, Toto Cutugno, i Ricchi e Poveri e così via, fino ad arrivare ai tre de Il Volo. Di più: non si sono nemmeno ghettizzati nel campionato riservato ai latini, definizione che racchiude generi e personaggi anche lontanissimi fra i quali, per fare due esempi di grande successo internazionale, Laura Pausini ed Eros Ramazzotti. No, i Måneskin sono riusciti a conquistare l’America cantando in inglese, cosa difficilissima anche per gli inglesi, ed in un genere come il rock che nessuno fuori dall’Italia assocerebbe (giustamente) ad un gruppo di ragazzi italiani. Un po’ come dare lezioni di sci di fondo in Norvegia, di samba in Brasile, di karate in Giappone, di rugby in Nuova Zelanda.

Una questione di marketing?

Un tema giornalistico molto popolare in Italia è fondato sul fatto che i Måneskin siano un prodotto di marketing, qualcosa di plastificato e di studiato a tavolino. In realtà fino al 2017 non erano nessuno, si esibivano alle feste e per strada, e solo la partecipazione ad X Factor (nemmeno vinto, arrivarono secondi) ha dato loro l’opportunità di firmare con la Sony. Bene, dirà qualcuno, ci ha pensato la Sony ad imporli. Ecco, la Sony Music italiana attraverso le varie etichette ha in catalogo una quantità enorme di artisti di successo: da Venditti a Calcutta, passando per Baglioni, Fedez, De Gregori, Gianna Nannini, Giorgia, Salmo, Pinguini Tattici Nucleari, Biagio Antonacci, Mengoni, eccetera. E non stiamo a citare quelli delle altre major. Insomma, quasi tutti gli artisti importanti hanno dietro in maniera più o meno diretta una casa discografica importante. Eppure nessuno è conosciuto oltre Chiasso, o meglio, oltre Gottardo, visto che il Ticino musicalmente è italiano, nonostante in molti abbiano fatto tentativi. Chi conosce Vasco Rossi in Francia? Qualcuno che avrà avuto frequentazioni italiane, non certo l’adolescente medio francese. Fra i tanti tentativi di conquistare il mondo senza fare gli italiani della tradizione si ricorda quello negli anni Settanta della PFM, molto sostenuto dalla critica che era conquistata dalla nobiltà del prog. Ma andò male, anzi malissimo. In generale chi vuole uscire dallo schema dell’italiano melodico deve assoggettarsi a collaborazioni (pagate) con grossi nomi stranieri, tipo Zucchero-Miles Davis, e comunque il successo vero non lo raggiunge quasi mai.

Accusati di copiare

Per il livore, nella migliore delle ipotesi la sufficienza, con cui vengono tratti in Italia in Måneskin non c’è in definitiva una spiegazione logica, al di là dell’invidia per chi ha vinto Sanremo, l’Eurovision Song Contest e mille altri premi, oltre ad essere considerato un collega dai grandi della musica internazionale. Passi per i cantanti pop, ma se un grande violinista come Uto Ughi si spinge a dire «I Måneskin sono un insulto alla musica e all’arte» significa che questi ragazzi hanno toccato corde profonde. Ma rimanendo sulla musica è evidente quale sia il problema, e cioè il rock. Un genere morto, da concerti di vecchi dinosauri (fra l’altro i Måneskin hanno aperto un concerto dei Rolling Stones) e per imitatori più giovani, senz’altro qualcosa di lontano, nel 2023, dal gusto mainstream internazionale e italiano: in classifiche dominate in maniera militare da rapper e trapper, con qualche raro tormentone estivo o da discoteca, i Måneskin sono quasi un miracolo. Ma ai puristi del rock non va bene, visto che li accusano di copiare qua e là nella storia, partendo dal glam rock. E la loro ira, come è avvenuto qualche mese fa, colpisce anche chi fra i grandi, come Tom Morello, collabora con loro: nel sottobosco amatoriale e di manici del rock il chitarrista dei Rage Against the Machine è stato bollato come traditore. Stessa sorte per Iggy Pop. E quindi? I Måneskin sono giovani, belli, fluidi, hanno successo in tutto il mondo: insomma, sono tutto ciò che quasi tutti non sono.