Quarant'anni di Bollicine

Il 14 aprile del 1983, 40 anni fa, usciva «Bollicine», il sesto album di Vasco Rossi. Un album di quelli che lasciano il segno. E che incoronò Vasco a icona. È lo stesso cantante a omaggiarne il «compleanno», con una riflessione: «L’album si fece portavoce di un rock inedito, provocatorio e ribelle, con 8 canzoni che colpirono sfacciatamente l’ordine sociale degli anni Ottanta». Come dargli torto.
«Piccolo spazio pubblicità»: il brano Bollicine con la sua Coca-Cola trionfò al Festivalbar del 1983. Vasco Rossi portò sul palco anche l'onnipotenza della religione, con Portatemi Dio: «Metteteci Dio sul banco degli imputati, metteteci Dio e giudicate anche lui con noi, e difendetelo voi, voi buoni cristiani». E poi, il moralismo sessuale, con Mi piaci perché («perché sei porca, sei bugiarda, sei bella, sei donna, c'hai la gonna»). Le parole sempre attuali di Deviazioni – «E non mi dire che sei puro come un giglio, che sei un padre perché c'hai un figlio, credi che basti avere un figlio per essere un uomo e non un coniglio?» –, contro il perbenismo. Ma anche tanto romanticismo, in un brano che non manca mai ai live del Blasco: Una canzone per te. «E non ci credi, eh? Sorridi e abbassi gli occhi un istante, dici "Non credo d'essere così importante", ma dici una bugia. E infatti scappi via». Parole dolcissime, cantate da tutti ai concerti. Insieme a quelle di Giocala, che consente di urlare a squarciagola «corri e fottitene dell'orgoglio. Ne ha rovinati più lui che il petrolio. Ci fosse anche solo una probabilità: giocala, giocala, giocala». Che dire, poi, dell'aspetto nostalgico di Ultimo domicilio conosciuto?
Infine, la meravigliosa Vita spericolata. Un'icona. Un singolo portato sul palco del Festival di Sanremo nel febbraio del 1983, «sconvolgendo il perbenismo borghese di quegli anni. Una rivendicazione esistenziale e vero e proprio manifesto della nascente ribellione giovanile contro un futuro già preordinato e prevedibile».
Quarant'anni dopo la sua partecipazione al Festival, sul suo account Instagram il Blasco ha recentemente raccontato come andarono le cose. Era il 3 febbraio 1983. «Ravera, il patron del Festival di Sanremo che mi aveva invitato l'anno prima, mi aveva detto "vieni puoi fare tutto quello che ti pare" e io scrissi la canzone apposta per andare a fare il matto (Vado al massimo, ndr.), mi invitò a tornare. Io gli dissi "sono venuto l'anno scorso, ho fatto il matto per provocare, per farmi notare. Non è che posso tornare e rifare il matto, se no va a finire che vado a lavorare in un circo". Non avevo proprio intenzione di andarci e lui mi diceva "devi venire per riconoscenza" e io dicevo "non lo so". Poi è successo un fatto importante. A settembre venne fuori il testo di Vita spericolata su una musica di Tullio (Ferro, ndr.) che mi piaceva moltissimo e su cui lavoravo da mesi. Poi è arrivata la vita e mi è venuto in mente come la volevo... spericolata, maleducata, alla faccia di tutti... andate tutti a farvi benedire». C'era l'occasione perfetta per andare a Sanremo. Cantare di fronte a «benpensanti e perbenisti». «Una canzone che mi ha cambiato la vita», ha ammesso Vasco. Che è arrivata penultima in gara a Sanremo. Ma è entrata nella storia della canzone italiana.
«Bollicine», ironico e divertente, aveva una durata complessiva di 33 minuti e 33 secondi. Ha venduto solo allora oltre 1 milione di copie (disco più venduto dell'anno, in classifica per 35 settimane). È stato collocato dalla rivista Rolling Stone Italia alla prima posizione nella sua speciale classifica dei 100 migliori dischi italiani.