Arte

Nelle quadrerie dei Riva

La Pinacoteca Züst di Rancate ospita una mostra originale che, anche grazie ad un innovativo allestimento, getta uno sguardo inedito sul collezionismo privato nella Lugano dei secoli dell’Ancien Régime e, poi, dell’ OttocentoPartendo dal caso emblematico di uno dei più antichi e influenti casati della regione e dai tesori delle sue patrizie dimore
La tipica quadreria «a incrostazione» dell’epoca.
Matteo Airaghi
Matteo Airaghi
27.11.2020 21:32

A cavallo tra arte e storia. Tra memoria e territorio. Tra ricerca scientifica e divulgazione al grande pubblico. È davvero una bella sorpresa, l’ennesima a essere sinceri, la mostra che una Pinacoteca Züst (rinnovata negli spazi dell’ingresso senza tradire i principi ispiratori del suo architetto, Tita Carloni) dedica da domani fino almeno alla fine di febbraio del prossimo anno. Una mostra capace, anche grazie ad un allestimento sorprendente e coinvolgente, di trasformare, come ha ricordato in sede di presentazione la collaboratrice scientifica Alessandra Brambilla, lo spettatore in visitatore protagonista confermando il ruolo di «macchina per pensare» oggi più che mai indispensabile, di questo piccolo, prezioso, museo. Ma dove hanno deciso di portarci in questo nuovo viaggio nella storia e nell’arte del nostro territorio gli esperti curatori Edoardo Agustoni e Lucia Pedrini-Stanga? Nel Ticino dell’Ancien Régime e più precisamente nelle patrizie dimore di una famiglia luganese che può assurgere a paradigma delle vicende delle terre sudalpine soggette al dominio elvetico: quella dei Riva. Con un’esposizione che, per usare le parole della direttrice Mariangela Agliati Ruggia è una mostra di «ricerca», che «porta all’attenzione del pubblico più vasto l’esito di anni di studi condotti dai curatori,i quali con un lavoro certosino hanno esaminato inventari, carte, dimore e archivi. A loro si devono i testi di inquadramento della famiglia oltre all’analisi di tutte le opere esposte, contenuta nelle preziose schede, con alcune nuove attribuzioni. Ad essi si sono poi affiancati altri ricercatori che hanno arricchito il catalogo con affondi sulle tematiche sociali, urbanistiche e culturali». La mostra è dunque l’occasione per riunire una parte della affascinante quadreria dei Riva costituita da pezzi di primaria importanza – ritratti, paesaggi, scene religiose, storiche e di genere – un tempo custoditi nelle dimore luganesi e nelle residenze di campagna, oggi suddivisi tra i vari rami della famiglia (marchesi, conti e nobili), tra Svizzera e Italia. Non è tuttavia solo una mostra dedicata alla pittura con opere pregevolissime di Giuseppe Antonio e Marco Petrini ma anche di Giovanni Battista Innocenzo Colomba e Giuseppe Antonio Orelli, solo per fare alcuni nomi. Grande spazio è infatti dato alla storia del nostro territorio, ma anche al tessuto sociale e all’architettura tra Sei e Ottocento, con un focus su Lugano. È l’occasione per «entrare» davvero (anche grazie ad un bel documentario/ invito di Olmo Cerri) nelle dimore cittadine e nelle ville di campagna della famiglia ma anche di altri casati. A questo proposito si segnala la serie di ritratti dei landfogti provenienti dai cantoni d’Oltralpe che governavano la prefettura di Lugano e che erano in contatto diretto e costante con i Riva e una selezione di pezzi conservati nelle collezioni dei Bellasi e dei Moroni Stampa, con cui avevano rapporti o legami di parentela.

La magia dello studiolo

L’intento è quello di aggiungere un tassello alla vicenda ancora poco nota del collezionismo privato nelle terre dell’attuale Cantone Ticino, dal tardo Seicento all’Ottocento. In mostra sono indagati sia il gusto che le dinamiche relative alla circolazione e al consumo di opere d’arte in questa terra di confine, che dal punto di vista politico guardava a nord, dipendendo dai Cantoni svizzeri, mentre da quello religioso e culturale si volgeva a sud, verso gli Stati italiani. Nella vicina Penisola si stabilirà a metà Ottocento anche una parte della famiglia Riva legata al ramo dei marchesi grazie all’alleanza matrimoniale con il facoltoso casato piemontese dei Francischelli, che a loro volta si imparentano con i Bisi, importante famiglia di artisti milanesi. Di qui le numerose opere di Luigi, Giuseppe, Ernesta, Fulvia e Antonietta Bisi, che ancora oggi appartengono al ramo dei marchesi.

Grazie all’allestimento peculiare di due giovani neolaureate della SUPSI in architettura d’interni di cui abbiamo già tessuto a giusta ragione le lodi, viene ricreata a Rancate l’atmosfera che si respirava nello studiolo di alcuni dei personaggi indagati – e si scoprono le quadrerie (ritratti, paesaggi, scene religiose, storiche e di genere) appartenenti ai tre rami della famiglia (marchesi, conti e nobili) un tempo custodite nelle dimore luganesi e nelle residenze di campagna, con la presentazione in un plastico interattivo della città sul Ceresio tra Sette e Ottocento. In mostra anche una serie di ritratti dei landfogti provenienti dai Cantoni d’Oltralpe che governavano la prefettura di Lugano e una selezione di pezzi provenienti da collezioni di altri casati e con cui i Riva avevano intensi rapporti o legami di parentela.

Tra gli autori di spicco presenti in mostra, per il Settecento vanno segnalati Marco e Giuseppe Antonio Petrini – di cui la famiglia Riva ha rappresentato il massimo committente –, Carlo Francesco e Pietro Rusca, Giovanni Battista Innocenzo Colomba, Carlo Innocenzo Carloni, Giuseppe Antonio Orelli, Giovanni Battista Ronchelli, Giovanni Battista Bagutti, Francesco Capobianco, Gian Francesco Cipper detto «Il Todeschini», Antonio Maria Marini. Per l’Ottocento figurano invece opere di Giovanni Migliara, Giuseppe Reina, Francesco Hayez, Pietro Bagatti Valsecchi e dei Bisi. Al di là del significato artistico (la gran parte delle opere esposte, ricordiamolo, sono ammirabili dal pubblico per la prima volta) è comunque giusto sottolineare il valore storico di questo viaggio, attraverso l’arte, nei baliaggi ticinesi, a nostro modo di vedere autentico valore aggiunto dell’esito di questo prestigioso lavoro di ricerca. Un ulteriore apprezzabile tassello per comprendere la genesi straordinaria di quel Paese d’anima genuinamente lombarda e di sentimento politico robustamente svizzero che abbiamo la fortuna di chiamare «casa».