Dietro le quinte

«Oltre la crisi, è il momento di tornare a inventare»

Alla scoperta di Luna Park, il nuovo spettacolo di Daniele Finzi Pasca: l’intervista al regista ticinese - FOTO
©CdT/Gabriele Putzu
Paolo Galli
04.09.2020 06:00

Cos’è la fantasia? È in fondo la capacità di andare lontano, di spaziare nonostante la realtà, basandosi su essa, anche solo su scampoli, oppure oltrepassandola. È la materia da cui nasce l’arte, di cui si nutre l’artista, che poi la restituisce al pubblico. Daniele Finzi Pasca ne sa qualcosa. La fantasia, già.

La fantasia, già. È capitato a tutti di perdersi in uno sguardo lanciato al cielo. Di abbandonarlo lì per più di un momento. Lo sguardo rimane appiccicato lassù. E noi andiamo oltre. Appunto ci perdiamo. Lo stesso ci è capitato affrontando il percorso dettato dal Luna Park di Daniele Finzi Pasca. Dall’alto la pioggia di coriandoli, tutt’attorno musica e parole intessuti in un’unica - o perlomeno questo è ciò che abbiamo percepito - linea sonora, una linea onirica e dolce, avvolgente. E poi le luci, le scene, i costumi. Ragazzi, il teatro. O meglio, la fantasia. Il teatro e la fantasia in un 2020 che inizia ad assumere i contorni di un non tempo. Esattamente come esistono i non luoghi. Come esistono gli ossimori. Un 2020 che ci è entrato nelle vene, tra le ossa, ma che neppure deve diventare alibi, o freno. «È il momento di inventare », sottolinea infatti Finzi Pasca. È il momento, dopo aver subito uno spavento, di ritornare sulla giostra, che eppure non ha mai smesso di girare.

«Cosa succederà non lo so»

Il suo Luna Park ci riporta in una sorta di mondo - è pur sempre un sogno, o comunque una realtà che è sogno all’interno di un sogno, citando Poe - anni Cinquanta. «Ricordiamoci di come i nostri nonni allora trovarono la forza di ripartire ». Già, dopo la Seconda guerra mondiale, gli anni della ricostruzione, della ripartenza appunto, segnati da una ritrovata voglia di vivere e di creare. Caratteristiche tipiche di ogni dopoguerra. Anche la Compagnia Finzi Pasca riparte, o prova a farlo, adattandosi per ora alle circostanze, subendo come tutti una crisi di cui ancora non si vedono i margini d’uscita, ma anche aggrappandosi proprio alla fantasia, alla creatività. Daniele è serio, l’espressione grave, quando descrive le difficoltà a cui si trova a far fronte. «Cosa succederà non lo so», ammette. La compagnia è divisa in vari Paesi - diciotto le nazionalità rappresentate - «Non era mai successo, negli ultimi vent’anni, di trovarci tutti tanto distanti, di non essere tutti insieme». Per Luna Park la compagnia è ridotta all’osso. Gli altri aspettano, costretti a mordere il freno, sparsi qua e là. Il regista non li perde di vista, idealmente li coccola, anche se al momento non può lasciare il Ticino - e loro non possono raggiungerlo - E pensare che il suo 2020 era iniziato a due passi dalla Cina, per poi spostarsi a Londra, Mosca, New York, il Messico e il Brasile.

«Dei nuovi concetti»

Daniele Finzi Pasca aveva piani e promesse tali da vederlo ovunque. Poi è arrivato il coronavirus. I progetti in corso sono finiti dal cantiere al cassetto, pronti, delle sicurezze parcheggiate in un presente dal canto suo privo di certezze. Ed è sorta questa idea, Luna Park, che ha elementi che richiamano il passato della stessa compagnia, alcuni marchi di fabbrica, uno stile inconfondibile. Parlare di mondo onirico alla fine è piuttosto scontato, ma i riferimenti sono a quell’immaginario - lo scriviamo ripensando a quella infinita pioggia di coriandoli - In scena una vettura, una vecchia Opel, tre protagonisti, una famiglia, o più che altro dei ricordi, di tempi felici, probabilmente dell’infanzia. Ma Daniele non ama il concetto di una nostalgia legata ai «bei vecchi tempi». Racconta di come tale concetto, la nostalgia appunto, sia diverso da un Paese all’altro, ma di come lo stesso trovi dei punti di contatto inaspettati. La nostalgia per i russi sarebbe simile alla nostra. «Quando pensiamo “Questo momento con te è talmente bello, che spero di poterlo rivivere” ». Una sorta di nostalgia preventiva, votata all’azione, più che alla tristezza o alla delusione di qualcosa di andato perduto. Vale anche per la vita e per il teatro. Pensare oggi a un teatro pieno di gente ha poco senso, rimpiangerlo ancora meno. «Per questo bisogna inventare dei nuovi concetti, arrivando a soluzioni che possono poi essere interessanti magari anche a prescindere dal contesto del momento».

«Qualcosa che ti culli»

Daniele Finzi Pasca ha allora puntato su un teatro in movimento, nel quale gli spettatori stessi sono in fondo parte della rappresentazione. Il pubblico si muove infatti tra le scene, sfiora gli attori, arrivando a un metro e mezzo da loro - già, il distanziamento che per una volta comunque avvicina -, oppure ancora meno, quando di mezzo c’è il finestrino della vecchia Opel. «Se cambi la prospettiva del racconto, offri una visione diversa agli spettatori», che si ritrovano nel pieno di una magia, di un’emozione. «Un’emozione intensa, invece che diluita nel tempo». Lo spettacolo dura venti minuti, infatti. Una sorta di giro di giostra, un carosello. «Non solo è il momento di inventare nuovi concetti, è anche il momento giusto per sorprendere gli spettatori, con qualcosa di leggero. Ma non soltanto di leggero: leggero ma delicato, qualcosa che ti culli, che ti abbracci ». C’è bisogno di questo, di calore. L’artista avverte in questo senso anche una forte responsabilità. Chi se non lui può pensare di offrire un pensiero bello, un entusiasmo che non sia solo effimero, un giro di giostra da godere sul momento, sì, ma che poi porti con sé buoni e dolci ricordi, una nuova voglia di guardare oltre gli impegni e le incombenze della vita. «Sì, è come un mandato - ammette ancora Daniele Finzi Pasca -, è quello che bisogna fare: portare leggerezza ». E poi aggiunge: «E stupore ». Dal soffitto, mentre Daniele parla, scendono e poi risalgono vari oggetti, dei vecchi giocattoli. Roland Barthes, in «Miti d’oggi», scriveva, riferendosi ai giocattoli moderni: «L’imborghesimento del giocattolo non si vede soltanto dalle sue forme, tutte funzionali, ma anche dalla sua sostanza. I giocattoli correnti sono di una materia ingrata, prodotti di una tecnica, non di una natura». Il Luna Park di Finzi Pasca non ha subito questo imborghesimento e, benché artificioso - come ogni rappresentazione rispetto alla realtà -, ci riporta alle origini, alla natura, allora alla nostra essenza. Come un vecchio giocattolo di legno, rievoca momenti del nostro passato, comune e al contempo individuale.

«Riportare la gente a teatro»

Anche la stessa compagnia, con questo spettacolo, sembra tornata sulle tracce delle proprie origini, in fondo, preferendo non concedersi alle modalità sfruttate da molti artisti durante il lockdown e nelle fasi successive, quindi sino a oggi. Basti pensare alle esibizioni sui social. «Abbiamo cercato di evitare queste modalità in effetti - confessa Daniele Finzi Pasca - Il nostro obiettivo è sempre stato, sin da subito, di riportare la gente a teatro ». Non a caso, martedì prossimo - con repliche sino al 20 settembre -, la stagione del LAC si aprirà proprio con Luna Park. Uno spettacolo già richiesto anche altrove, a Madrid tanto per cominciare. Molto dipenderà comunque dall’evoluzione della pandemia. Finzi Pasca ci pensa su, pensa a come potrebbe diventare, Luna Park, in altri Paesi, a come eventualmente risvegliare quella nostalgia positiva, attiva e non passiva, in altre realtà, magari lontane dalla nostra, dal Ticino, da Lugano. «Se anche solo rimanesse uno spettacolo per Lugano, sarebbe comunque una bella cosa », sottolinea con orgoglio. Con lo stesso orgoglio, benché schermendosi, confessa che tornerà pure a rappresentare Icaro. «Sarà solo per gli studenti del nuovo master in biomedicina ». Luna Park è per tutti e per tutte le tasche. Il prezzo è accessibile - «meno elitario», lo definisce Daniele -, la fruibilità agile, la formula curiosa. «La chiave per riprendere a muoverci nel mondo, e per tornare a teatro, è creare curiosità ». Insomma, la chiave è la fantasia. Come si diceva, Daniele Finzi Pasca ne sa qualcosa.

Si entra a gruppi e dura venti minuti

Nel mondo degli attori

Luna Park è uno spettacoloinstallazione della durata di 20 minuti in cui si susseguono gruppi di massimo 25 spettatori, guidati sul palcoscenico, dentro le macchine sceniche e il mondo segreto degli attori del teatro e dei clown, attraverso un percorso stabilito ma in piena sicurezza come richiede il periodo attuale.

Da martedì al 20 settembre

La première è in programma martedì prossimo, con repliche sino al 20 settembre. Gli orari: da martedì a venerdì, dalle 17.20 alle 21.30; sabato 12, dalle 14 alle 21.30; sabato 19, dalle 19.30 alle 21.30; domenica, dalle 10 alle 20.20. Accoglienza: venti minuti prima dell’inizio del turno. Biglietti, da 12 a 25 franchi. Adatto ai bambini a partire dai 3 anni.