Othella Dallas: Ballare e cantare il segreto della mia longevità

È una delle personalità più straordinarie di JazzAscona Othella Dallas, cantante jazz e ballerina originaria di Memphis – ma svizzera d’adozione –che si esibirà stasera sullo Stage Al Pontile (ore 19.30) e che domani alle 22.00, sullo Stage New Orleans, verrà insignita dello Swiss Jazz Award. Straordinaria perché ha alle spalle una lunghissima carriera sia come danzatrice a fianco di Katherine Dunham (storica figura, a livello artistico e accademico, della danza afroamericana) sia come cantante jazz in quell’incredibile crogiolo creativo che fu la Parigi degli anni ‘50. Ma anche perché all’età di 93 anni, continua a stregare il pubblico con un’energia speciale. Il cui segreto le abbiamo chiesto di svelarci.
Signora Dallas, ha appena terminato di tenere una lezione di danza e non pare affatto stanca. Com’è possibile?
«Faccio fatica pure io a capirne il motivo, però ho più energia di quando ero giovane. Dentro di me si cela una gioia di vivere talmente irrefrenabile, che neanche so dove mi porterà (ride, ndr.)».
Quella di quest’anno è la sua terza presenza a JazzAscona. Cosa si ricorda delle sue esibizioni nel 2009 e nel 2011?
«Ad essere sincera, penso che a suo tempo non avessero riconosciuto appieno il mio spessore artistico. Ero costretta a correre di qua e di là, esibendomi su piccoli palchi. Per questo motivo mi ero giurata di non tornarci.»



Quando ha cambiato opinione?
«Dopo un incontro con Nicolas Gilliet, il direttore artistico del Festival. Quando mi ha detto che voleva invitarmi ad Ascona, gli ho espresso le mie reticenze. Mi ha promesso un concerto sul palco principale. In più, mi daranno anche il premio. Sembra proprio che qualche mia preghiera sia stata ascoltata».
Lei è statunitense, ma ha trascorso gran parte della sua vita in Svizzera. In quali circostanze si sente elvetica?
«Non mi sento né svizzera, né americana. Per me vale la canzone di Paul Young Wherever I Lay My Hat, That’s My Home (Ovunque lascio il cappello è casa mia)».
Cosa ha apprezzato maggiormente del nostro Paese, quando vi si è trasferita negli anni Cinquanta?
«La grande libertà artistica che vi regnava, in particolare per quanto riguardava danza e canto. In America, al contrario, si era meno aperti verso le forme d’arte non convenzionali».
A suo tempo non dev’essere stato facile farsi un nome negli USA in quanto ballerina di colore...
«Ha perfettamente ragione. Alcuni tentavano addirittura di uccidere noi afroamericani; altri pur non trattandoci alla pari delle danzatrici bianche ci davano l’opportunità di sopravvivere con il nostro lavoro. Parecchie cose sono migliorate da allora, tuttavia ci sono ancora molti stenti tra i neri in America».
Il suo talento per il canto e la danza le ha comunque aperto molte porte...
«Sì, ma non mi ha risparmiato affatto tanto duro lavoro. Mia mamma, la prima pianista jazz di colore ad esibirsi in radio a St. Louis, era sì un esempio positivo, ma mi comandava senza tanti fronzoli in famiglia. E questo suo tono poco accomodante l’ho purtroppo fatto mio: ne sanno qualcosa i miei allievi...».



Com’è diventata allieva di Katherine Dunham, la più famosa coreografa afroamericana?
Dopo aver visto il musical Stormy Weather, capii subito che l’avrei voluta come maestra. Andai a St. Louis per un’audizione ed ebbi successo. I soldi per pagarmi le lezioni alla Dunham School of Theatre and Dance di New York li guadagnavo facendo le pulizie».
Cosa ha imparato da lei?
«Era ossessionata dalle coreografie e esigeva da noi ballerine un impegno totale. I movimenti di ogni singola parte del corpo dovevano combaciare alla perfezione. Dalla Dunham ho imparato che nel ballo è l’attitudine personale a fare la differenza. La danza dev’essere la tua “dannazione”, il tuo destino. Non c’è scampo da tutto questo».
Nella sua vita è stata costretta a fare delle scelte tra danza e vita coniugale?
La prima decisione la prese mio marito (l’ingegnere zurighese Peter Wydler, che sposò nel 1949 - ndr). Dopo il matrimonio, feci ancora parte per qualche mese della Compagnia Dunham, ma in prossimità di una tournée in Sud America, Peter non volle lasciarmi partire. Mi voleva con lui qui in Svizzera. Tredici anni dopo, quando già mi esibivo come cantante jazz, mi fece visita Quincy Jones, pregandomi di accompagnarlo in una serie di concerti in Giappone. Poiché mio marito non era molto contento, rinunciai anche a quell’opportunità».
Le scuole di danza da lei create nel corso degli anni sono state una consolazione per l’aver rinunciato in nome della famiglia a una carriera ancor più brillante?
«Sì. Sono state molto importanti per me. Tanto che quando dovetti chiudere la scuola a Basilea, sprofondai in una crisi esistenziale. Mio figlio mi disse: “Se non vivi più la tua passione, morirai”. Ho dato seguito a quelle sue parole, cercando nuovi spazi per la scuola. Stanze in cui ancora oggi tengo i miei corsi».
Per chiudere, la domanda più intrigante: qual è il segreto della sua forma fisica?
«Danzare e cantare! Poco tempo fa ho tenuto delle lezioni perfino a Londra. Sono riconoscente per la vita che ho vissuto. Sono curiosa di ciò che mi riserverà il domani e mi godo il presente in ogni sua sfumatura».
Il weekend di JazzAscona

Il film
In concomitanza con le sue performance sui palchi asconesi, il Cinema Otello di Ascona proietterà, domenica 23 giugno alle 18.30 il film Othella Dallas - What Is Luck di Andres Brütsch (v.o. inglese, sott. ted.) che racconta la forza e il talento sconfinato dell’artista divenuta leggenda del jazz grazie alle sue interpretazioni al fianco di nomi quali Duke Ellington, Lionel Hampton, Quincy Jones e tanti altri.
Le altre performance
Del fitto programma di JazzAscona durante il weekend segnaliamo anche stasera, sabato 22 giugno il tributo a Nat King Cole di Dave Blenkhorn & David Torkanowsky Trio (ore 20.00 – Stage Seven); l’»Extreme Sax» di Sax Gordon (ore 22.00 – Stage New Orleans), Leroy Jones & Uli Wunner’s Jazz Creole (ore 22.00 – Stage Seven) e JT & The Ka-nection Band, Midnight Session (ore 24.00 – Stage N. Orleans). Tra le proposte di domani The Fats Boys(ore 20.00 – Stage New Orleans), Leon “Kid Chocolate” Brown Jazz band (ore 20.30 – Stage Elvezia) e Sand’s 2B a Band feat. Enrique Parla (ore 21.00 – Ristorante Piazzetta).
Il villaggetto dei media
Vivaci, anche nel weekend, le proposte del «Villaggetto dei Media» sul Lungolago. Gli showcase sul Palco RSI (ore 17.45) saranno animati dal pianista Lluis Coloma (sabato) e dai Boogie Connection (domenica). Ospiti delle interviste «live» saranno invece, sabato, il poliedrico Sax Gordon e domenica – poco prima del conferimento del Jazz Award – Othella Dallas, mentre i protagonisti degli showcase live all'RSI Corner delle 23.00 (trasmessi in diretta su Rete Uno) sono Wax and Boogie (sabato) e Sticky Bones (domenica). Info più dettagliate su www.jazzascona.ch