Arte

Paolo Bellini e la sinestesia del frammento

Lo Spazio Officina di Chiasso dedica una mostra polisensoriale allo scultore ticinese
Paolo Bellini. Ricostruzione, 2017, Scultura in ferro / Iron sculpture 100 x 140 x 43 cm Collezione dell’artista / Artist’s collection Photo Franco Mattei. (© ProLitteris, Zürich)
Matteo Airaghi
Matteo Airaghi
22.03.2019 06:00

È quasi come se fossero tornate a casa. La mostra dedicata dallo Spazio Officina di Chiasso allo scultore Paolo Bellini non segna soltanto un ritorno dell’artista in un luogo cui è per varie ragioni molto legato ma colloca le sue emozionanti opere in un contesto che sembra il più appropriato per loro. Le 42 sculture oggetto della personale (la prima, come ricordato in sede di presentazione alla stampa dalla cocuratrice e direttrice Nicoletta Ossanna Cavadini dedicata nello Spazio Officina a questo filone artistico) danno davvero l’impressione, scrutandole in tutta la loro tridimensionalità, di sentirsi a casa. Trasmettendo così all’osservatore quella singolare emozione polisensoriale che il ferro, l’alluminio e la lamiera zincata (su cui si è particolarmente concentrato l’artista negli ultimi dieci anni periodo preso in esame dall’esposizione) normalmente sono ben lungi dal suscitare. Sposando dunque il tema del programma del Centro Culturale Chiasso per il 2019, la mostra mette in evidenza le relazioni sinestetiche che vedono una interazione fra elementi grafico-scultorei, la poesia e l’immagine. Il processo creativo dell’artista appare infatti frutto di una lunga e insistita esperienza, contrassegnato da una volontà di ricerca plastica animata dal confronto tra progettualità e sensibilità, in cui ogni «frammento» trova la sua perfetta collocazione nella definizione del racconto visivo. In una logica di luminosa «orizzontalità», come l’ha definita Andrea Del Guercio professore a Brera e cocuratore della rassegna belliniana, La mostra accoglie il visitatore con tre opere collocate all’ingresso, che corrispondono alla ricerca dell’artista intorno agli anni Duemila e aprono la visione della produzione del più recente spirito creativo riferito agli ultimi dieci anni. Cinquecento metri quadrati, fruibili con una quarantina di sculture di medie e grandi dimensioni, offrono in seguito emozioni ai visitatori lasciandoli liberi in un percorso soggettivo e individuale attorno alle opere, che sembrano nascere dal suolo con i loro basamenti di altezze diverse. Si esalta in questo modo l’abilità di Bellini nel dare voce alla scultura e nell’ascoltare i frammenti (l’artista lavora essenzialmente con laminati di recupero provenienti dalle destinazioni più disparate) che rimontati parlano di sé ma sanno dare vita a nuovi linguaggi creativi ed emotivi in relazione al vissuto di ognuno di noi. Una poesia e un lirismo della fredda materia che scaturiscono dalla mite sensibilità di Bellini, dal suo profondo interesse per l’architettura e dal suo desiderio attraverso le sue espressioni scultoree di riparare alle distruzioni delle guerre, dei cataclismi o dei terremoti superando il dramma e ridando vita e speranza a realtà di morte e distruzione. Con esiti che richiedono tempo, empatia e attenzione per la tridimensionalità sapendo cambiare prospettiva e punto di vista ad ogni approccio e ad ogni confronto. Un percorso di ricerca che vedrà il suo culmine domenica 14 aprile (ore 16) quando nel Parco delle Sculture collocato dietro al m.a.x. museo lo scultore incontrerà la popolazione chiassese in una presentazione pubblica della sua opera «White Sail» donata alla cittadinanza. Detto del catalogo edito da Skira disponibile dall’inaugurazione di domenica prossima in cui le tavole sono suddivise in tre sezioni, dove le opere sono accompagnate da affondi di dettagli sinestetici e all’apparato di immagini si affiancano i saggi dei curatori (Andrea B. Del Guercio e Nicoletta Ossanna Cavadini) e un’intervista allo scultore condotta dalla Direttrice del m.a.x. museo è giusto ricordare le numerose attività che vedranno coinvolti i più piccoli in appositi incontri con l’artista e studiati laboratori didattici per bambini e adulti interessati. Tra le attività collaterali particolarmente stimolante si annuncia la performance di danza che avrà luogo nello Spazio Officina venerdì 12 aprile alle ore 20 quando Katja Vaghi e Stone Leaf creeranno tra le sculture di Bellini percorsi sensitivi attraverso il movimento e il suono, suscitando tensioni «immersive» che diano la possibilità di generare un’altra dimensione sensoriale. Interferenze emotive e corporee per dare un’ulteriore suggestione sinestetica.

L’artista

Il timido maestro della plasticità esile e metallica

Paolo Bellini nasce a Mendrisio nel 1941. Grazie all’apprendistato svolto nelle fonderie artistiche del borgo, intrapreso a partire dal 1958, Bellini impara a conoscere le varie tecniche di fusione dei metalli e ha l’opportunità di avvicinare artisti quali Jean Arp, Remo Rossi, Emilio Stanzani, Olivier Strebelle e Lynn Chadwick, Mario Neri e Marino Marini.

Dopo aver terminato gli studi all’Accademia di Brera a Milano sotto la guida di Marino Marini e Alik Cavaliere, si trasferisce per qualche tempo in Belgio come assistente dello scultore Strebelle. In seguito a questa esperienza Bellini intraprende una serie di viaggi di studio attraverso l’Europa. Rientrato in Ticino, decide di aprire un proprio atelier a Chiasso. Ha l’occasione di incontrare più volte, nel 1976 e nel 1981 a Much Hadham in Inghilterra, lo scultore Henry Moore, che diventa in quegli anni un costante punto di riferimento per la sua ricerca artistica. Nel corso della sua carriera Paolo Bellini si cimenta con diversi materiali: bronzo (abbandonato a metà degli anni ’80), laminati di recupero, alluminio o ferro, che a partire dal 1987 costituisce la sua materia di studio e lavoro privilegiata. La produzione più recente è caratterizzata anche dall’utilizzo della lamiera zincata, più sottile e luminosa. Dal 1990 al 1995 è stato membro della Commissione Federale di Belle Arti. Paolo Bellini espone regolarmente in Svizzera e all’estero; sue opere fanno parte di collezioni all’interno e fuori dei confini nazionali, e sono altresì presenti in diversi Musei svizzeri. Nel Cantone Ticino molte sono le sue sculture in collezioni pubbliche e private. Vive a Rancate e lavora nel suo atelier a Tremona.