Spettacoli

Paolo Rossi, i sogni e follie dell’attore

Ne «Il re anarchico e i fuorilegge di Versailles - da Molière a George Best» presentato sabato al LAC il comico italiano esalta l’arte dell’improvvisazione
Red. Online
20.01.2019 08:00

Un comico sogna. Sogna di essere il capocomico di una compagnia che, sulle orme di Molière, si appresta a partire per un importante spettacolo a Versailles. Per il quale deve anche scegliere gli attori. Dunque sottopone tutti gli aspiranti ad una serie di provini, chiaramente su brani di Molière, ma non solo. Però siamo in un sogno e come in tutti i sogni le cose non procedono in modo lineare, anzi spesso si scombinano, si intersecano in modo strano ed inesplicabile, assumendo contorni e prendendo pieghe che sfuggono ad ogni logica, guidate solo dall’estro improvvisativo che guida i sogni.
È questa la trama - se trama la possiamo chiamare: è infatti meglio parlare di canovaccio - de Il re anarchico e i fuorilegge di Versailles - da Molière a George Best, spettacolo che il comico italiano Paolo Rossi ha portato sabato sera sul palcoscenico del LAC, circondato da un manipolo di giovani attori di talento ed un paio di musicisti. Un cast composito e vivace che, prendendo spunto (ma molto alla larga...) da Molière, per due ore bombarda il pubblico con un vorticoso e onirico turbinio di brevi monologhi, ficcanti scambi di battute con puntuali riferimenti all’attualità, ma anche musiche, canzoni, balletti spesso apparentemente slegati tra loro ma che, come nella miglior tradizione della Commedia dell’Arte seguono un doppio fil rouge rappresentato da un Paolo Rossi capace di ergersi a protagonista assoluto pur tenendo spesso una posizione defilata, e dal fuoco sacro dell’improvvisazione che unisce tutti i componenti dell’ensemble.

Una piêce dunque strana, che sfugge agli abituali schemi drammaturgici sfociando non di rado in una organizzatissima confusione e che non lascia un attimo di respiro alla platea, continuamente punzecchiata dalla verve - sovente ricca di autocitazioni - del sempre brillante folletto friulano. Ma se Molière, benché citato solo a sprazzi, aleggia sempre e comunque sulla pièce proprio in virtù del suo essere il nume tutelare dell’improvvisazione, in questo bailamme cosa c’entra il calciatore George Best citato nel titolo? A lui Paolo Rossi dedica il gran finale, con il breve ricordo della mitica partita del 1976, quando con la nazionale dell’Irlanda del Nord, Best affrontò l’Olanda di un altro grande genio: Johan Cruyff. E dove, ad un certo punto, Mr. Sregolatezza driblò un paio di giocatori, ma rinunciando a lanciarsi verso la porta avversaria, bensì puntando il fenomeno orange, di fronte al quale si esibì in una finta di corpo, un tunnel per poi calciare via il pallone. E andare dall’avversario con aria di sfida dicendogli: «caro Johan, tu sei il più forte di tutti ma solo perché io non ho tempo». Beh, se non è un grande esempio di improvvisazione teatrale questo...