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Perché crediamo alle notizie false

tutti possiamo ritenere corretta un’informazione che è in realtà falsa, errata o manipolata – A dirlo non sono i giornalisti che scelgono quali argomenti trattare e neppure i fact-checker che verificano le notizie, ma psicologi e sociologi
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Facta.News
07.03.2022 19:00

Credere alle notizie false è umano e tutti possiamo ritenere corretta un’informazione che è in realtà falsa, errata o manipolata. A dirlo non sono i giornalisti che scelgono quali argomenti trattare e neppure i fact-checker che verificano le notizie, ma psicologi e sociologi.

Da tempo gli studiosi si occupano di approfondire la nascita e la diffusione delle notizie false e hanno scoperto che alla base ci sono dei meccanismi propri di tutti gli esseri umani, in grado di essere identificati e spiegati. 

Può quindi succedere a tutti, una volta ogni tanto, di credere a una bufala. La vera difficoltà è imparare poi a non cadere in errore troppo spesso, ma per fortuna la mente stessa è il nostro principale strumento di difesa. 

Come ci comportiamo (senza saperlo) davanti ad una notizia

Quando incontriamo una notizia, sia essa un articolo di giornale o un contenuto sui social network, non la valutiamo con assoluta oggettività. Nella maggior parte delle occasioni (e senza neppure accorgercene) accettiamo o respingiamo le informazioni attraverso una serie di pregiudizi.

Questo tipo di comportamenti sono propri dell’essere umano e avvengono per lo più inconsciamente: stiamo parlando dei cosiddetti bias cognitivi, tendenze non razionali nel modo in cui prendiamo una decisione – soprattutto se in modo particolarmente veloce – che possono farci cadere in errore. Ciò accade, per esempio, quando la notizia arriva da una persona di cui ci fidiamo o di cui condividiamo i valori: tendiamo a considerarla più verosimile (e corretta) rispetto a informazioni provenienti da persone o realtà a noi estranee. 

Un esempio? Pensiamo ad notizia che ci viene riportata da un nostro familiare e a quella che sentiamo raccontata da un estraneo in coda al supermercato. Non è detto che nel primo caso la notizia sia reale e affidabile ma, quasi automaticamente, risulta per noi più verosimile rispetto alla seconda.

Bias di conferma e familiarità

Ma non finisce qui. Oltre all’impressione che le fonti “vicine” siano anche le più affidabili, è poi facile credere alle informazioni che confermano delle convinzioni più in linea con il nostro sistema di valori, piuttosto che alle informazioni che lo mettono in dubbio. Si tratta del bias (o pregiudizio) di conferma

Facciamo un esempio: se una persona ha deciso di seguire una dieta vegana, sarà più predisposto a dare credito alle notizie e alle informazioni che la considerano positivamente, piuttosto che a quelle che la screditano. Si tratta, anche in questo caso, di un processo automatico della natura umana che tende a rafforzare, ogni volta che si presenta l’occasione, il proprio sistema di credenze o la propria ideologia.

Nel mondo online il bias di conferma è amplificato all’interno dei social network, dove le opinioni tendono ad essere ancor più polarizzate rispetto al mondo reale. Sui social gli utenti cercano (e fruiscono) più o meno consciamente le informazioni a supporto delle narrazioni che più li aggradano, ignorando o sminuendo la narrazione antagonista. Si creano le cosiddette echo chamber (in italiano, camere dell’eco), degli spazi social dove le opinioni scambiate si confermano le une alle altre, rafforzando quello che viene proprio indicato come il bias di conferma.

Infine, un ruolo importante viene anche ricoperto dal cosiddetto pregiudizio di familiarità, proprio – anche in questo caso – della natura umana. È stato dimostrato (addirittura qui con uno studio del 1945) che se più persone riprendono una stessa notizia si tende a ritenerla più credibile e reale rispetto ad altre. 

Tra social network e teorie del complotto

Lasciamo per un momento in secondo piano la nostra mente e spostiamoci nel mondo online. Spesso la disinformazione presente su Internet ha successo perché evoca particolari emozioni, specialmente sentimenti negativi come la paura, l’odio o il senso di essere minacciati. 

Diversi studi hanno dimostrato che si tende a credere alle informazioni che sono inserite in una narrativa dotata di senso e così emozionante da suscitare reazioni viscerali. Proprio l’emotività che ne scaturisce sembra essere collegata alla possibilità di credere nelle notizie false. Si tratta, anche in questo caso, di distorsioni cognitive che spiegano perché si commettono errori nel decidere rapidamente se una notizia è vera o meno.

Esempio di questo tipo di narrazione sono le teorie del complotto che, qualsiasi sia il tema trattato, diventano di solito una cornice drammatica ed evocativa molto potente. In queste narrazioni ogni dettaglio può essere spiegato – a differenza della realtà, spesso caotica – e tutti i fatti diventano una presunta prova di una cospirazione, a differenza di quanto invece accade nella realtà dove spesso non si ha una piena comprensione di quanto ci circonda e molte cose avvengono per caso.

Come non sbagliare

Ma come fare, quindi, per non cadere in errore? Lo scopriremo assieme alla redazione di Facta.news. Settimana dopo settimana, impareremo a conoscere sempre meglio il mondo della disinformazione, così da capire come si esprime e quali strategie utilizza per avere successo online. Impareremo anche a conoscere e utilizzare i principali strumenti utili per smascherare le notizie false. 

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