Perché il Natale arriva sempre più in anticipo?

Fine novembre. Autunno inoltrato. Alberi spogli, cielo grigio. Fino a qualche tempo fa, è questo ciò che la nostra mente immaginava pensando a questo periodo dell'anno. Guardandoci attorno, però, quello che vediamo, oggi, è uno scenario molto diverso. Nei negozi, da circa un mese, sono arrivati alberi, luci e decorazioni di Natale. Già prima che arrivasse il giorno di Halloween, le zucche hanno fatto posto a panettoni e pandori sugli scaffali dei supermercati. Quando cala la notte, le prime luminarie si accendono per le vie del centro e, nelle case e nelle piazze hanno già fatto capolino alberi di Natale, presepi e luci.
Anno dopo anno, il Natale arriva sempre più in anticipo. Tanto che a dicembre sembra che il periodo delle feste sia iniziato già da settimane. Fino a non troppi anni fa, l'albero di Natale veniva fatto, secondo tradizione, l'8 dicembre. Oggi, sempre più persone rispolverano gli scatoloni degli addobbi natalizi già nelle prime settimane di novembre. Le «cene di Natale» vengono organizzate con molto anticipo, le canzoni di Michael Bublè e Mariah Carrey passano in radio già a novembre e persino il catalogo Netflix comincia a proporre film natalizi molto prima del 25 dicembre.
Anticipare il Natale, tuttavia, non è solo una tendenza, tantomeno una sola strategia di marketing. Riempire casa di luci calde e fare l'albero di Natale «fuori dai tempi tradizionali» ha spiegazioni più profonde. E anche «più umane». Ne abbiamo parlato con Rosalba Morese, ricercatrice e docente in psicologia e neuroscienze sociali dell'USI.
Sentirsi parte di un gruppo
Per cominciare, dobbiamo partire dalle origini e riflettere sul Natale come festività che, per alcune persone, come spiega l'esperta, può rappresentare un elemento di interesse tramite cui poter analizzare cultura e costumi di una società. «Se lo analizziamo attraverso una lente neuroscientifica, è possibile aprire una finestra privilegiata nell’approfondimento dei processi psicologici e dei meccanismi neurofisiologici sottostanti alle ricorrenze sociali salienti», osserva Rosalba Morese. In altre parole, il Natale agisce da potente stimolo sociale, in grado di coinvolgere in modo sinergico una rete distribuita di sistemi cerebrali e sociali. «Piace perché tocca corde psicologiche, profonde e universali, andando oltre l'aspetto commerciale».
E non solo. La psicologia sociale, infatti, spiega come gli esseri umani, essendo «animali sociali» con un bisogno fondamentale di sentirsi parte di un gruppo. E il Natale, con i suoi rituali condivisi, che spaziano dall'addobbare l'albero al cenare insieme, soddisfa potentemente questo bisogno. «Inoltre, partecipare alle stesse tradizioni di milioni di altre persone ci fa sentire connessi, meno soli e parte di una comunità più grande. È un'esperienza che rafforza i legami», ricorda la ricercatrice.
Ma non è tutto. Il Natale, in molti casi, è strettamente legato ai ricordi d'infanzia. E come osserva Morese, la nostra mente tende a conservare e idealizzare i ricordi positivi, creando una «lente affettiva» attraverso la quale guardiamo al passato. I profumi, le musiche e le decorazioni agiscono come potenti stimoli che risvegliano queste memorie emotive, regalandoci una sensazione di calore, sicurezza e continuità con la nostra storia personale.
Prolungare le emozioni
Il Natale, insomma, ha un impatto emotivo non indifferente su gran parte delle persone. E «anticipandone» i rituali si prolungano le sensazioni positive associate a questa festività. I ricercatori, in tal senso, parlando di «anticipated nostalgia». «Un fenomeno affascinante», osserva l'esperta. «Il nostro cervello può costruire una risposta emotiva proiettandosi nel futuro, simulano stati emotivi futuri, permettendoci di "assaggiare" ora l'emozione che proveremo in seguito e ricavandone un beneficio immediato».
Fare l'albero «in anticipo», in altre parole, non permette solo di ricordare il Natale passato. Il nostro cervello, sapendo per esperienza che quel momento sarà bello e fugace, ci permette di assaporare prima l'emozione positiva che proveremo. «Anticipiamo il Natale per prolungare quell'emozione che verrà, rendendo il periodo di attesa stesso parte del piacere. D'altro canto, sappiamo che i processi neurofisiologici associati all’attesa di un evento piacevole possono essere utilizzati per creare desiderio e aumentare il valore percepito di quell’evento stesso».
Un copione già definito
Come sottolineato in precedenza, al Natale vengono spesso associate emozioni positive. Complici i suoi stessi simboli, che possono addirittura diventare un «rifugio» per alcune persone, quando si incontrano difficoltà nella vita quotidiana. «La psicologia sociale suggerisce che gli esseri umani hanno un bisogno fondamentale di ridurre l'incertezza», spiega l'esperta. L'ansia e lo stress sono spesso legati all'imprevedibilità. Ma il Natale, con il suo «copione sociale» già definito, che prevede lo scambi di regali, le cene in compagnia e altri rituali e tradizioni, offre «una struttura di prevedibilità in un mondo complesso».
Gli esperti parlano di «anticipatory coping»: in altre parole, anticipare il Natale può rappresentare una forma di coping focalizzato sull'emozione. «Invece di affrontare direttamente le fonti di stress, spesso non controllabili, si modifica attivamente il proprio ambiente emotivo per ridurne l'impatto», chiarisce la ricercatrice. «Si sostituisce l'incertezza con un framework simbolo, rassicurante e noto».
Oltre un semplice acquisto
Come abbiamo visto in precedenza, anticipare il Natale non è solo una questione di marketing. Ma come sottolinea la ricercatrice, la psicologia insegna che consumismo ed emozioni non sono due mondi separati, ma di linguaggi che parlano della stessa cosa: del nostro bisogno umano di significato e connessione. «Sappiamo che le nostre emozioni possono essere usate in modo predittivo per influenzare i nostri comportamenti decisionale di acquisto».
Tutto ciò che compone il Natale in termini di acquisti, in realtà, racconta dei simboli, e quei simboli sono carichi di significato. «Rappresentano la tradizione, l'appartenenza familiare, la promessa di un momento speciale».
Se «a Natale sono tutti più buoni»
Come dice un vecchio detto, «a Natale sono tutti più buoni». E questa frase, in qualche modo, gioca un ruolo anche nell'anticipazione del Natale. Come spiega l'esperta, questo meccanismo funziona attraverso quello che in psicologia sociale viene definito «contagio emotivo». Quando iniziamo a vedere luci nelle case e decorazioni per le strade, riceviamo «un segnale potente su emozioni condivise del periodo natalizio». «Non si tratta solo di una percezione individuale, ma diventa rapidamente una norma sociale condivisa».
Di conseguenza, quella che era inizialmente solo un'aspettativa («a Natale si dovrebbe essere più buoni») si trasforma, gradualmente, in una norma descrittiva: «a Natale le persone sono, effettivamente, più buone»). «Anche i piccoli gesti possono creare una profezia che si avvera: più ci aspettiamo gentilezza, più la offriamo per primi. Più la offriamo, più gli altri ricambiano, confermando così la nostra aspettativa iniziale».
Insomma, a livello di identità sociale, «il Natale crea temporaneamente un "noi" più ampio del solito». Come evidenzia Morese, per alcune settimane ci sentiamo parte di una comunità che trascende le nostre solite divisioni. «Questa identità condivisa ci rende più inclini a vedere l'altra persona non come estranea, ma come parte dello stesso gruppo in questa esperienza collettiva». E il risultato è che, anche solo temporaneamente, i confini tra "noi" e "loro" si fanno più sfumati.
