Pier Paolo Pasolini, diario di una vita contro

Pier Paolo Pasolini, forse il più discusso tra gli intellettuali italiani del Novecento, è oggi, a quarant'anni dalla sua morte violenta avvenuta su una spiaggia di Ostia, vicino a Roma il 2 novembre del 1975, un'icona letteraria. I suoi romanzi realistici degli anni Cinquanta e ancora prima le sue poesie di ambiente friulano rompono con i canoni del tempo sia per quel che riguarda lo stile ma anche per gli argomenti trattati. Pasolini, omosessuale dichiarato, inaugurò il discorso pubblico in Italia su questa scelta di vita ponendo se stesso, in qualità di autore ma in qualche modo anche di personaggio, al centro di un dibattito che segnò il corso della sua esistenza. Critico a tratti persino feroce ma sempre originale della società che lo circondava, innanzitutto quella borghese, e tuttavia appartenente dapprima al Pc italiano e poi suo fustigatore e colui che, da «sinistra», seppellì l'impegno politico ma anche i miti e i riti del Sessantotto, Pasolini, ucciso nel 1975 a 53 anni d'età, non fu mai uomo da far compromessi.
La vita che visse, all'apparenza così piena di rifiuti e zeppa di scontri quando non addirittura «violenta», poggia tuttavia su un'onestà intellettuale addirittura brutale che non risparmiava niente a nessuno, neppure a lui stesso. In realtà Pasolini, inserito da Harold Bloom nel celebre ed esclusivo Canone Occidentale per la sua produzione poetica, più che un uomo brutale è stato un essere torturato, incompiuto magari, insoddisfatto, ma senz'altro e senza alcun dubbio geniale nel senso che questa parola riveste quando è applicata a una moltitudine di talenti.
Giovane poeta in friulano e in lingua prima e dopo la Seconda guerra mondiale, amico di Gianfranco Contini che lo lanciò e incitò e in seguito di numerosi altri protagonisti della vita culturale italiana ed europea, fu autore durante l'arco della sua vita di una serie di raccolte poetiche in cui viene accomunata l'attenzione per le forme da percepire con i sensi e per quelle altre forme, di stile e di espressione, che contengono dentro di sé la ritmica necessaria al riconoscimento di verità vissute attraverso la parola. Tra le sue raccolte principali ne citiamo solo due: La meglio gioventù e Le ceneri di Gramsci.
Narratore pure di talento, stupì l'Italia uscita dalla guerra con i suoi romanzi degli anni Cinquanta, Ragazzi di vita e Una vita violenta, crude cronache di vita vissuta ai margini della società da una gioventù abbandonata a sfruttata. Il realismo di queste opere gli valse numerose denunce per oscenità e uno schierarsi a favore o contro di lui, senza mediazioni, cosa che fece di Pasolini una figura non solo centrale in ambito culturale ma anche in quello del costume, e quindi politico.
Pasolini, irrefrenabile, attivissimo, onniproduttivo, si cimentò con crescente successo anche nel cinema, dapprima come cosceneggiatore e sceneggiatore di alcune delle più interessanti produzioni italiane del dopoguerra, poi come regista in prima persona di film che a tutt'oggi rimangono delle pietre miliari della filmografia italiana del Novecento. Lo splendido minimalista Accattone e i susseguenti Il Vangelo secondo Matteo, Il Decameron e I racconti di Canterbury fino al crudissimo Salò, uscito post mortem, ne sono l'esempio.
Da non dimenticare, inoltre, l'ampia attività saggistica di tipo letterario e i popolarissimi e molto citati, negli anni successivi, Scritti corsari, una raccolta di recensioni e articoli di costume scritti negli anni '70 e, secondo lo stile di Pasolini, spesso e volentieri controcorrente. Gli Scritti corsari sono stati poi presi a emblema di un certo giornalismo corsaro, appunto, che ha fatto scuola in Italia sfociando, qualche anno dopo, in quello speciale filone presente tuttora e chiamato «anti casta».
Coinvolto in numerosissime polemiche (le denunce per oscenità ammontano a parecchie decine anche in ambito cinematografico) e persino oggetto di aggressioni e risse di stampo politico, Pasolini fu la figura che forse di più si è avvicinata, nell'Italia del ventesimo secolo, a quel moderno fustigatore di costumi e denunciatore di corrutele che, in altre situazioni e in altre epoche, avrebbe magari assunto le connotazioni di un santo, un martire o un capopopolo.
Il lascito di questo personaggio coraggioso e senza compromessi, oltre naturalmente all'ampio romanzo Petrolio pubblicato nel 1992 a mo' di squarcio o visione sull'Italia degli anni '70, è quello di un letterato che usò sì la penna e la parola a mo' di arma (a tratti ideologica, ma spesso e volentieri propriamente antiideologica), ma che accettò pure di portare sulle sue spalle e nel segreto dell'anima dell'artista il peso di un'epoca e di una società a cui, provocando e creando opere d'arte destinate a durare, aveva tenuto testa.