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Quando lo yoga aiuta a guarire anima e corpo

Un appassionante viaggio intorno al mondo nel documentario autobiografico di Stéphane Haskell
Un’immagine del film. © Frenetic
Antonio Mariotti
10.01.2020 06:00

Cosa accomuna dei detenuti del carcere di massima sicurezza di San Quentin, un gruppo di ebrei ultraortodossi israeliani, i bambini di una scuola elementare francese, dei malati di sclerosi multipla californiani e alcuni guerrieri Masai del Kenya? La pratica dello yoga: è questa la grande sorpresa del documentario realizzato dal fotografo parigino Stéphane Haskell. Un film lontano da qualsiasi cliché New Age, soprattutto perché il suo autore parte dalla propria autobiografia: una decina d’anni fa viene colpito improvvisamente da una forma di ernia discale che lo costringe su una sedia a rotelle e gli provoca dolori costanti e insopportabili. La medicina ufficiale gli propone solo antidolorifici e oppiacei sempre più potenti e gli pronostica che non camminerà mai più. Rassegnato e depresso, Stéphane si imbatte per caso in un corso di yoga terapeutico ispirato agli insegnamenti del maestro indiano B.S.K. Iyengar e in un’insegnante tedesca grazie alla quale inizierà un lungo periodo di riabilitazione. I primi risultati incoraggianti lo spingono a fare una scommessa con se stesso: «Se tornerò a camminare girerò un film per ringraziare tutte le persone che mi hanno aiutato».

Il risultato di questa vera e propria odissea è Yoga. La forza della vita, nel quale Haskell viaggia in varie parti del mondo alla scoperta delle situazioni più imprevedibili dove questa antichissima pratica ascetica e meditativa viene utilizzata per migliorare il benessere di persone alle prese con gravi disagi sociali, fisici, psichici e spirituali. Un viaggio che apre nuove prospettive anche a chi non si è mai interessato a questa disciplina che alle nostre latitudini non è indenne da derive di tipo commerciale.

Haskell non cerca però mai di convincere lo spettatore che la via da lui intrapresa sia l’unica a poter dare simili risultati ma, in filigrana, è bravo a far crescere la tensione verso quello che è il vero protagonista del film, B.S.K. Iyengar che incontra nel 2012 in India, due anni prima della morte avvenuta all’età di 96 anni. Un incontro breve ma illuminante, durante il quale - con parole semplici e concetti chiari - il guru (conosciuto in Occidente fin dagli anni ‘50) chiude il cerchio su tutto ciò che si è visto fino ad allora sullo schermo.