L’anniversario

«Quando mio padre Sergio Maspoli faceva cinema alla radio»

A cent’anni dalla nascita del poeta e drammaturgo di Morcote, capostipite della commedia dialettale ticinese di cui è stato il più prolifico autore, un ricordo del figlio Nicola
Red. Online
25.01.2020 06:00

Era nato il 20 gennaio 1920, lo stesso giorno di Federico Fellini, «ma lui non ci ha mai fatto caso e quando, in occasione del loro compleanno venivano immancabilmente accostati, lui scrollava le spalle e diceva che era una banale coincidenza. Forse aveva ragione e forse no, perché entrambi erano grandi registi cinematografici: solo che mio padre il cinema lo faceva alla radio». È così che Nicola Maspoli ricorda il padre Sergio, una delle personalità più importanti della scena artistica ticinese del Novecento, di cui in questi giorni si ricorda il centenario dalla nascita. E il cui nome è legato prevalentemente alla radio e a quella commedia dialettale di cui è stato l’indiscusso padre nonché il più prolifico autore.

Un autore da record
«In carriera – spiega Nicola Maspoli – mio padre ha scritto oltre 1500 commedie. Un numero impressionante. Se calcoliamo che ha lavorato quarant’anni, significa che ne ha scritta in pratica quasi una alla settimana, curando tutto di ciascun testo: i dialoghi, la sonorizzazione, la regia. Un lavoro titanico che credo nessun altro sarebbe in grado di fare». Ma quale era il suo segreto? «Anzitutto una fantasia e una memoria prodigiose. Lui ogni commedia la pensava dall’inizio alla fine, senza prendere alcun appunto; poi si metteva alla macchina da scrivere (una vecchia e rumorosissima Remington), “mitragliando” senza sosta per ore e ore finché non aveva finito, ed estraniandosi da tutto e da tutti. E poi c’era il fatto che lavorava con un piccolo gruppo di attori con i quali era in simbiosi, per cui quando scriveva, lo faceva modellando i ruoli attorno a loro in modo che potessero rendere al meglio e velocemente. Perché ai ritmi con cui lavoravano, di tempo da perdere non ce n’era. Talvolta lui si presentava da loro con i copioni solo un paio d’ore prima di registrare e a volte non registravano neppure ma andavano in diretta!». Una metodologia di lavoro per certi versi folle, i cui frutti però sono sempre stati di alto livello: anche riascoltate a tanti anni di distanza, le commedie di Sergio Maspoli sono infatti perfette nei loro incastri, nella loro struttura e nella loro rappresentazione scenica. «Perché lui era maniacale nel suo lavoro, estremamente esigente, per lui ogni dettaglio, infatti era fondamentale».

Aveva una memoria prodigiosa: ogni commedia la pensava dall’inizio alla fine, senza appunti. Poi la trascriveva di getto

Quegli strani inviti a cena
Ritratto così Sergio Maspoli potrebbe apparire, a livello umano, una sorta di Cerbero. Ma il figlio si affretta subito a smentire. «Se sul lavoro era rigoroso, fuori era squisito, affabile, amava stare in mezzo alla gente e la sua porta di casa era sempre aperta a tutti. E ciò ogni tanto causava qualche inconveniente». Tipo? «Beh, se in certe cose aveva una memoria prodigiosa (sul lavoro ma, anche nel giocare a scopa – era impossibile batterlo) in altre era sbadatissimo. Capitava dunque che invitasse gente a cena, dimenticandosi però di avvertire mia madre o addirittura scordando che lui stesso quel giorno era impegnato. Inoltre coltivava tanti hobby: amava gli uccelli (a casa avevamo una grande voliera), andare a pescare e suonare la chitarra: strumento del quale era un autentico virtuoso. Tutte cose che condivideva con gli altri in maniera semplice, spontanea». Il divismo, insomma, pur essendo un personaggio, non era una cosa che gli apparteneva. «Al contrario (ride – ndr) basta guardare i rottami di auto con cui ha sempre circolato. E anche il fatto che rifuggiva l’etichetta di intellettuale: lui preferiva definirsi non un artista, ma un artigiano».

Tante commedie ma pochi libri
La sua immensa opera di scrittura per la radio ma anche per il teatro e la tv («lavori questi ultimi di cui andava orgoglioso e nei confronti dei quali aveva un unico rincrescimento: non avere avuto il tempo per specializzarsi nella regia televisiva») non è stata replicata in ambito librario. «Non ha scritto tanti libri», spiega Nicola Maspoli, «un po’ perché con i frenetici ritmi di lavoro alla radio di tempo per fare altro non ne aveva molto, ma anche perché nella scrittura “vera” era meno preciso. Non fosse stato per mio nonno, che si è dato da fare per raccattare qua e là le le poesie che lui scriveva e inviava a giornali e riviste senza tenere una copia, anche la raccolta La botega de nüm matt sarebbe stato complicato pubblicarla. E infatti oltre a questo libro, ne ha realizzati solamente altri due, tra cui la raccolta di novelle I maliardi, che amo particolarmente in quanto ci ritrovo tanto di lui, della sua personalità e della sua filosofia di vita». Ovvvero? «Che le persone non vanno giudicate né dal loro portafoglio né dal partito cui appartengono, ma per quello che sono realmente. E che la vita va affrontata, con serenità, giorno dopo giorno ma senza eccessive aspettative. “Ricordas fioeu che la valisa l’ha gha da vess sempre pronta”, mi disse un giorno. Ed è un insegnamento che porto sempre con me».

Oltre 1500 opere di autentico teatro "popolare"

Morcotese «doc» ma nato a Zurigo il 20 gennaio 1920, Sergio Maspoli dopo studi (non completati) alla Scuola Normale di Locarno, inizia a lavorare alla radio nel 1940. Nel 1942 va in onda la sua prima commedia Ol soliter da la sciora Camara nell’aprile entra nel team della neonata «La domenica popolare» – lo spazio autonomo, specifico e fisso del radioteatro dialettale – all’interno del quale il suo ruolo diventa sempre più importante da farne dal 1955 l’unico autore e in seguito il responsabile ufficiale. Autore radiofonico prolifico, tanto da coniarsi nel 1953 lo pseudonimo di Leo Rocchi per sdoppiare una produzione stimata attorno ai 1500 titoli, vanta però un’esile bibliografia: la raccolta poetica La botega da nümm matt (1965); i racconti in lingua I maliardi (1969); e Bügada al soo. Firappol e stroppol da quai ann mettüt in riga. Il suo teatro televisivo conta invece 20 titoli (dal 1962 al 1985). La critica ha sempre definito la sua opera «popolare» per i contenuti (spesso legati alle tradizioni ticinesi) e per la forma espressiva (il dialetto ), ma anche perché narra del «popolo ticinese», non necessariamente in senso campanilistico. Come ha osservato Felice Filippini, Maspoli «non è sfuggito al regionalismo verista», ma lo ha però elaborato «anteponendo alla visuale una lente trasfiguratrice», inserendo nei testi elementi di critica sociale, mettendo a confronto sistemi di valori come passato e presente, tradizione e progresso, natura e tecnica, con una propensione alla nostalgia malinconica per l’antico mondo passato, che non sfocia però nel rimpianto. Sergio Maspoli è morto nella «sua» Morcote il 13 aprile 1987.