Cinema

Quando Rossellini escluse da «Paisà» l’episodio firmato Klaus Mann

La sceneggiatura del «Cappellano» viene ora pubblicata per la prima volta in un interessante volume
Un momento di «Paisà» di Roberto Rossellini.
Bernardino Marinoni
19.02.2019 06:00

Quando Paisà, il celebre film di Roberto Rossellini, fu concepito doveva contare sette episodi, scortando la risalita alleata dell’Italia e intitolarsi infatti Seven from the US. Uno doveva essere The Chaplain, scritto da Klaus Mann, secondogenito di Thomas Mann, espunto però dal film (e sostituito con l’episodio dei cappellani militari che in Toscana trovano ospitalità in un monastero, sceneggiato da Federico Fellini). Ma la sceneggiatura di The Chaplain è stata ritrovata tra le carte dello scrittore e Il cappellano dunque esce tradotto in italiano (Pendragon, 172 pagine, 15 euro) in un volume corredato da cospicui studi sia sulla collaborazione - non facile - con Rossellini sia sui luoghi e gli avvenimenti del Natale 1944 in una località dell’Appennino tosco-emiliano, a ridosso della prima linea, oltre che su Klaus Mann scrittore combattente e sul suo disagio nella Germania postbellica. Era stata un’anteprima di Roma città aperta a dare forma all’idea di una collaborazione di Klaus Mann per il successivo film di Rossellini e il regista trovò «una vaga affinità elettiva» nello scrittore che avrebbe dovuto supervisionare gli altri episodi, come in parte avvenne, ma tra i due finì perfino a carte bollate quando nell’edizione americana di Paisà il nome di Klaus Mann non comparve nei titoli.

Se il drammatico incontro tra un cappellano militare americano niente affatto guerrafondaio e un adolescente italiano storpio e accesamente fascista costituisce il nerbo del soggetto, va aggiunto che lo scrittore - soldato nelle file alleate, visceralmente antinazista - dalle parti del passo della Futa il 25 dicembre 1944 aveva veramente partecipato alla «festa dei soldati per i bambini italiani» che si colloca al centro della narrazione. Dei collaboratori di Rossellini per Paisà sarà stato infatti il solo ad avere attinto a quelle personali esperienze di guerra dove ebbe modo di verificare come nessuno dei cosceneggiatori difficoltà e drammi della gente con cui entrò in contatto, consapevole che nei luoghi dove è ambientato il racconto la popolazione italiana era divisa sicché «agli occhi dello scrittore questa terra di conflitto doveva apparire come uno spazio simbolico d’indeterminazione» esistenziale dalla quale ha origine la decisione di allearsi al bene o al male. Il tema, che impronta la filosofia del Cappellano, dovette apparire problematico per un regista come Roberto Rossellini, scrive Alberto Gualandi nell’introduzione, che «aveva intenzione di fornire all’intera nazione un primo, magnifico pilastro cinematografico per la costruzione di una nuova, dolente coscienza collettiva». Quanto al testo della sceneggiatura dell’episodio, dattiloscritto, con correzioni autografe dell’autore, l’ambientazione è precisa: «un grande cartello recita “Passo della Futa”, indicando anche l’altitudine della località». E il sermone durante il rito natalizio suscita disappunto negli alti ufficiali presenti: «Nessun uomo - dice il cappellano - è interamente degno di odio e del tutto cattivo: così come nessun uomo è completamente buono. Non siamo tutti creature fragili e fallibili? Ricordiamocelo, anche quando stiamo combattendo coloro che crediamo peggiori di noi» chiedendosi se «la distruzione del male è di per sé sufficiente a garantire la sopravvivenza della virtù».