Quando un bacio batte la pandemia

A Celentano ne servivano 24 mila per essere trascinato nella «follia». Rostand, invece, lo aveva trasformato nell’apostrofo rosa della grammatica sentimentale di Cyrano de Bergerac. Mentre i dioscuri del socialismo reale ne avevano fatto il timbro del proprio inossidabile potere.
Il bacio è «il più epidermico dei gesti umani, ma anche il meno superficiale. Dura un attimo, si ricorda per sempre». E la storia è piena di baci: tra amici e amanti, fratelli e sorelle, genitori e figli, «fornicatori e traditori, sudditi e adulatori». Questo piccolo gesto è stato capace, nei secoli, di simboleggiare e rappresentare «una gamma infinita di sentimenti: amore, compassione, dolcezza, dedizione, passione, riconoscenza, tristezza, dolore, perdono e riconciliazione». Ma ora qualcosa è cambiato.

Un colpo durissimo
La pandemia di COVID-19 ha colpito il bacio in modo duro. Perché, ormai è chiaro a tutti, «baciarsi, annusarsi, inalarsi sono comportamenti che favoriscono il contagio e che vanno limitati allo stretto necessario». O al partner abituale. Abbiamo scoperto sulla nostra pelle, e sulle nostre labbra, che le epidemie non sono soltanto un evento «virale e sanitario», ma anche culturale. «Condizionano la società modellandone pregiudizi e comportamenti». Cambiano le abitudini. Disegnano e impongono nuovi stili di vita.


Il vaccino ci sta riportando lentamente verso la normalità, ma c’è da chiedersi che cosa resterà dentro ciascuno dell’amara esperienza vissuta con l’isolamento forzato, il confinamento, il distanziamento. Se non alle languide carezze, si tornerà almeno agli abbracci e ai baci? O la paura sarà ancora padrona dei nostri movimenti e dei nostri pensieri? Elisabetta Moro e Marino Niola, antropologi campani e studiosi degli usi e costumi del quotidiano (sono condirettori del Museo virtuale della dieta mediterranea di Napoli) hanno tentato di dare qualche risposta a queste domande percorrendo a ritroso la storia sociale, religiosa, letteraria e artistica del bacio. Ne è scaturito un libro tanto divertente e leggero nei toni quanto profondo e ricco nelle argomentazioni (“Baciarsi”, Einaudi, pagine 120, € 12).

Il bacio virtuale
Il punto di partenza, come detto, è la pandemia: «Baci e bacilli» che «si uniscono con l’effetto di ammaliare e ammalare». Il punto di arrivo è una terra incognita. Fatta di suggestioni più che di previsioni. Dove il reale si sovrappone al virtuale. Dicono Moro e Niola: «Lo straordinario sviluppo della dimensione aptica (la percezione aptica è il processo di riconoscimento degli oggetti attraverso il tatto, ndr), che ha fatto del tatto un nuovo driver dei sensi, potrebbe schiudere nuovi orizzonti al bacio a distanza, finora confinato nella dimensione della scrittura, della parola, dell’immagine: dai baci inviati per corrispondenza fino a quelli scoccati in videochiamata. E consentire un contatto fisico, ma in remoto. Insomma, un teletrasporto delle labbra dell’altro. Come nel caso di “Kissenger”, una crasi tra kiss e messenger. Un dispositivo per inviare via Internet baci veri. Consiste in un supporto sul quale infilare il proprio smartphone per poter guardare negli occhi il partner collegato in videochiamata. Alla base c’è un ovale di silicone rosa dietro al quale sono collegati tre sensori. Applicando le labbra a questa sorta di kiss detector, entra in azione un software che riproduce esattamente gli stessi movimenti sul device del partner che ha provveduto ad appoggiarvi le labbra per godersi il bacio in tempo reale». Insomma, ormai non è più vero nemmeno che «a kiss is just a kiss», un bacio è solo un bacio, come cantava Dooley Wilson in Casablanca sotto lo sguardo triste di Ingrid Bergman. «Grazie alle estensioni digitali che spostano i confini del corpo, un bacio smette di essere solo un bacio. È tattile e digitale. È sé stesso e il suo doppio. Qui e ora, ma anche per sempre».

Riprendere fiducia
L’apocalissi tecnologica destinata a sconvolgere i gesti più semplici è uno scenario possibile ma non troppo auspicabile. Nemmeno in tempi ravvicinati alla pandemia. Ne è convinto Vittorio Sgarbi, critico d’arte e scrittore. «Il ritorno al bacio - dice al Corriere del Ticino - sarà la riappropriazione piena dei rapporti di confidenza e di fiducia, con il bacio diremo implicitamente che è scomparsa la paura del contagio. Nel presente immediato, forse, l’idea di tornare alla normalità passa attraverso il tatto, il darsi la mano. Ma si tratta di un gesto non legato a rapporti affettivi, è un avvicinamento relativo, mentre il bacio è atto di affidamento totale». Anche e soprattutto al di là della componente più marcatamente erotica, sessuale.
Sgarbi richiama alcuni esempi classici del bacio artistico - da Hayez a Canova, a Rodin. «“Amore e Psiche” o “Paolo e Francesca” rappresentano il punto più alto dell’intimità, qualcosa che sembra autorizzare ogni possibile conseguenza. Sentimento, emotività». D’altronde, non è forse vero - come testimoniano le descrizioni più antiche del bacio, risalenti all’India del 2000 a.C. - che attraverso il contatto bocca a bocca si inala l’anima dell’altro?
