Cultura

Quel colto libraio che amava il Ticino

Una minuziosa ricerca riporta l’attenzione sulla figura di Beniamino Burstein, libraio antiquario e intellettuale dagli ampi orizzonti nella Lugano di metà Novecento – Illuminante testimonianza di una stagione memorabile per la cultura della Svizzera italiana
Matteo Airaghi
Matteo Airaghi
19.11.2019 06:00

Un piccolo, prezioso frammento di storia. Un personaggio quasi dimenticato. Una vicenda da riscoprire per far luce su una stagione culturale particolarmente feconda per Lugano e per tutta la Svizzera italiana. La figura di Beniamino Burstein torna a parlarci grazie alla ricerca di un giovane studioso ricco di talento e di amore per i libri.

La vita, le profonde passioni intellettuali, il percorso umano e professionale e l’eredità culturale e bibliografica di Beniamino Burstein, (Berna, 1905 - Lugano, 1972) sono al centro di un agile volumetto curato da Luca Montagner che ci riporta così ad uno dei periodi più vivaci e interessanti della ricca tradizione antiquaria luganese. Riemerge così dalle nebbie di un insensato oblio una delle figure capaci di imprimere un segno nella storia culturale del Canton Ticino quel «libraio in Lugano» di cui scavando sotto la superficie del vuoto contemporaneo abbondanti e ricche di spunti riemergono le tracce lungo diversi filoni di ricerca.

Beniamino Burstein (1905-1972) con la figlia Elena, a Locarno negli anni Cinquanta.
Beniamino Burstein (1905-1972) con la figlia Elena, a Locarno negli anni Cinquanta.

Tradizione ashkenazita
Giunto dalla Spagna nel 1936, Burstein cominciò infatti la propria attività libraria luganese, intessendo una ricca rete di relazioni con importanti studiosi, istituti culturali e collezionisti, riuscendo a portare alla luce e a corroborare opere di indiscutibile valore per il nostro territorio. Nella sua corrispondenza personale si trovano nomi del calibro di Italo Calvino, Hermann Hesse, Tommaso Gallarati Scotti, Alberto Vigevani... e molti altri ancora. Beniamino Burstein non fu una figura che ricercò le prime pagine dei giornali, ma nel «segreto» del suo studio, prima in via Tesserete e, in seguito, presso i Palazzi Gargantini, si dedicò alacremente allo studio bibliografico, in particolare quello legato al tanto amato Ticino. Come non ricordare, a questo proposito, il fondamentale contribuito apportato alla conoscenza della storia della Tipografia Agnelli, che nella seconda metà XVIII secolo aprì una filiale proprio sulle sponde del Ceresio. Burstein fu autore di importanti saggi dedicati a questa tipografia e si cimentò nella compilazione di un fondamentale schedario manoscritto, oggi conservato presso l’Archivio di Stato di Bellinzona, contenente il catalogo delle opere stampate dagli Agnelli a Lugano. Questo strumento bibliografico, fortunatamente ritrovato da Montagner e che meriterà un adeguato studio atto alla sua valorizzazione, venne donato dall’antiquario a Padre Callisto Caldelari. Questo perché proprio con il religioso ticinese il libraio luganese aveva stretto un lungo sodalizio professionale, che sfociò in un sincero legame di stima e amicizia reciproca. Ciò è attestato pure dai molti rimandi a Burstein che è possibile rintracciare nelle opere di padre Callisto.

La copertina del saggio di Luca Montagner
La copertina del saggio di Luca Montagner

Altro fondamentale progetto, fortemente promosso dall’antiquario, fu, nel 1957, la pubblicazione dell’importantissimo Codex paleographicus di Luciano Moroni Stampa. Burstein si accollò tutti gli oneri finanziari del lavoro, in qualità di editore dei due volumi che compongono l’opera. Questo studio raccoglie, disposti cronologicamente dall’VIII al XII secolo, gli atti privati relativi alla storia delle terre costituenti la Svizzera Italiana, che rappresentano, soprattutto, il fondo documentario più antico della storia ticinese.

Mecenate per vocazione
Un altro aspetto della personalità di Burstein che merita di essere qui sottolineato è il grande mecenatismo che ha contraddistinto la famiglia negli anni. Di Beniamino è giusto ricordare due importanti donazioni a istituti ticinesi. La prima riguarda un prezioso incunabolo, la Chorographia Verbani lacus di Domenico della Bella detto Maccaneo, oggi conservato in soli nove esemplari al mondo, che venne donato alla Biblioteca cantonale di Lugano in occasione dell’inaugurazione ufficiale del nuovo stabile, progettato dagli architetti Carlo e Rino Tami, il 12 giugno 1942. La seconda donazione da menzionare venne fatta all’allora biblioteca del Convento dei Cappuccini di Lugano, oggi conosciuta con il nome di Biblioteca Salita dei Frati, e si tratta di una preziosa e rara carta per fattura, eseguita dalla Litografia Anzani di Lugano per la Cartoleria e legatoria di Libri di Carlo Salvioni a Bellinzona. Di questo dono, tuttavia, sembrano essersi perdute le tracce. Esperto di Ticinensia, libraio antiquario apprezzato e di respiro internazionale, uomo e intellettuale dagli ampi orizzonti, benefattore illuminato: quella di Burstein rimane una testimonianza esemplare di un’epoca d’oro in cui la cultura costituiva ancora una delle massime ambizioni per la società.