Cent'anni fa

Quelle scarpette da donna dal prezzo astronomico che fanno tanto discutere

Le notizie del 1. febbraio 1925
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Nicola Bottani
Nicola Bottani
01.02.2025 06:00

La Nota
Eh, quanto chiasso per un paio di scarpette esposte in una vetrina di Milano col prezzo di cinque mila lire! Tutti i predicatori di morale in movimento a tempestare contro lo scandalo, come se dovessero pagarle loro le cinque mila lire! In ogni caso, se c’è del chiasso da fare, lo faranno i pescicani che compreranno quelle scarpette di un lusso che rasenta lo schifo. Il marito gridando alla moglie (così per celia, veh! Perchè lui può permettersi anche di peggio coi milioni che ha) che lo vuol rovinare, la signora mostrando le valorose scarpette alla ammirazione e alla invidia delle amiche: «Cinque mila lire le ho pagate, ma per noi è una inezia!».

E ad ogni visita che arriverà per casa, la signora si farà un dovere di mostrare i tappeti veri di Smirne, la coperta da letto di una principessa scaduta, il berrettino da notte di un arciduca andato in miseria, il ferro da stiro della moglie di Tutankamen comperato d’occasione, un sottopiedi fatto con la pelle dell’Orsa maggiore acquistata da un antiquario, lo scaldaletto di Semiramide, ed insieme anche le famose scarpette, lasciando cadere con noncuranza, come un sassolino in una vasca: «Cinque mila lire!», «Dice davvero?», «Sss… Una miseria!».

Le scarpette verranno segnate a disto nelle feste da ballo, nelle soirées (mi dispiace per il francesismo, ma soirées suona più chic) e gli invitati sbalorditi si mormoreranno: «Cinque mila lire i piedi di quella signora!». E vada per la testa che vale assai meno.

Spendere cinque mila lire per un paio di scarpette è un capriccio come quello di accendere la pipa con un biglietto da cento, di pagarsi un piacere con una mezza dozzina di biglietti da mille, di spendere un patrimonio per farsi dire da tanta gente che si è una persona ammodo, scicca, intelligente; o per fabbricarsi un esercito di chierichini che lavorano da mattina a sera a far ballare il turibolo sotto il naso, o anche per comperare grandi estensioni di popolarità, plausi e suffragi, piedestalli di grandezza politica e tanta altra bella roba che su per giù vale le mediocri scarpette alle quali l’intraprendente calzolaio ha appiccicato un valore fittizio di cinque mila lire.

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