Società

Regista per papà

Il sogno di dirigere un film non riguarda soltanto i cosiddetti figli d’arte, ma anche tanti ragazzi di buona famiglia con il mito del lavoro creativo: e adesso nel club è entrata anche la giovane Obama
Stefano Olivari
09.04.2023 18:19

Quale pubblico per il film di Malia Obama? Il cinema sarà anche in crisi, come si dice da decenni, ma tutti vogliono lo stesso diventare registi o attori, soprattutto registi. Spesso ci provano ragazzi senza conoscenze ma pieni di sogni, ma di solito ci riescono i figli dei vecchi registi e dei vecchi attori. Con una categoria emergente, quella dei figli dei ricchi e/o famosi, in altri campi, con il mito del lavoro creativo. Tanti gli esempi, anche senza arrivare ad un presidente degli Stati Uniti.

Malia Obama

La figlia maggiore di Barack e Michelle Obama, 25 anni il prossimo 4 luglio, dopo la laurea ad Harvard ha puntato subito su cinema e televisione, senza mai prendere in considerazione un futuro da avvocato o politico, come i suoi genitori. Per il secondo scenario non si può mai dire, ma per quanto riguarda il primo Malia (che ha una sorella di 3 anni più giovane, Sasha) non ha avuto dubbi: voleva e vuole diventare una regista. Le prime esperienze non sono certo state in una tivù locale, da valletta in minigonna che legge i risultati: stagista alla HBO e alla CBS, ma anche presso la casa di produzione di Harvey Weinstein. Proprio 'quel' Weinstein, che comunque fino ai processi e alle denunce con decenni di ritardo era l’uomo più potente di Hollywood. Poi la collaborazione alla sceneggiatura di Swarm, serie per Amazon Prime e adesso il suo primo film da regista, prodotto da Donald Glover, cantante e produttore semisconosciuto da noi ma molto importante nella parte politicamente corretta di Hollywood. Supersegreta la trama del film d’esordio di Malia Obama, che potrebbe essere un corto per la televisione: facile prevedere che avrà buone o cattive critiche a seconda dell’opinione sul padre, in mezzo a tante opportunità questa sarà l’unica condanna.

Saverio Costanzo

Un esempio di successo, in questo particolare campionato di ‘figli di’, è quello del figlio di Maurizio Costanzo. Classe 1975, nato dal matrimonio del famoso giornalista con Flaminia Morandi, Costanzo junior ha iniziato a lavorare alla RAI ma poi ha cercato di costruirsi una sua propria strada, prima emergendo nella nicchia del film d’autore, arrivando nel 2004 a vincere il Pardo d’Oro a Locarno con il suo Private e poi dopo altro cinema approdando alla televisione mainstream con il successo di L’amica geniale. Insomma, Saverio Costanzo ha avuto buone carte in mano visto che nel mondo dello spettacolo suo padre ha costruito mille carriere, ma queste carte se le è giocate bene. Il padre parlando del loro rapporto amava fare una battuta: «Mi sento come il direttore di un teatrino di provincia che improvvisamente scopre che suo figlio è Ibsen». La storia ovviamente sarebbe stata diversa se il padre di questo potenziale Ibsen fosse stato un muratore.

Ginevra Elkann

Lontani dalla zona Ibsen siamo nel caso di Ginevra Elkann, 44 anni, una degli eredi dell’impero Agnelli-Elkann, sorella di John e Lapo oltre che attualmente in causa con la madre Margherita per l’eredità dei nonni Gianni e Marella: in estrema sintesi se il tribunale competente rimanesse quello svizzero, per Ginevra sarebbe un vantaggio. Non morirà di fame in ogni caso, continuando ad inseguire il suo sogno cinematografico: dopo vari cortometraggi si è giocata la carta della produttrice internazionale ma di nicchia, anche qui senza grossi risultati. E così nel 2019 ha deciso di svoltare, realizzando il suo primo film vero e proprio come regista. Magari, con protagonisti Riccardo Scamarcio e Alba Rohrwacher, è vagamente autobiografico ed in Italia ha avuto discrete critiche. E non sarebbe potuto essere altrimenti, visto che gli Agnelli ancora controllano buona parte della stampa.

Walter Veltroni

Fra le sue diverse vite, l’unica sognata e fortemente voluta dall’ex segretario del Partito Democratico, ex sindaco di Roma, ex ministro della cultura, eccetera, è stata quella di regista. Figlio di Vittorio Veltroni, il più importante giornalista della RAI nell’immediato dopoguerra, di fatto mai conosciuto (morì quando Walter aveva un anno), ha da giovanissimo frequentato il mondo del cinema come assistente ma poi la sua carriera politica è decollata. Il cinema è comunque rimasto un’ossessione e da quando nel 2013 ha abbandonato la politica anche una professione: dal documentario Quando c’era Berlinguer al recentissimo Quando, appena uscito nelle sale, Veltroni si è sempre mosso in un’area di consenso diffuso da parte di critica e VIP. Anche adesso che formalmente è senza potere nessuno, nemmeno l’amico-rivale D’Alema, osa dire in pubblico che i suoi film sono brutti. E a 68 anni si può ancora considerare un giovane regista.

Valeria Bruni Tedeschi

Lo stereotipo della ragazza di buona famiglia che si annoia ad occuparsi dei suoi beni e cerca un’occupazione creativa è perfettamente incarnato dalla figlia dell’industriale Alberto Bruni Tedeschi, il signor CEAT (pneumatici, azienda poi venduta a Pirelli) che negli anni Settanta (Valeria è del 1964) si trasferì con la famiglia a Parigi per paura delle Brigate Rosse e soprattutto dei rapimenti. Valeria Bruni Tedeschi non ha mai pensato ad altra carriera che quella cinematografica ed il suo è un caso di indubbio successo, da attrice e poi anche da regista, come per altri figli d’arte più apprezzata dalla critica che dal pubblico. Da È più facile per un cammello… al recente Forever Young – Les Amandiers non ha comunque sbagliato un colpo, mescolando la sua vita privilegiata con la fantasia pura. Certo nel suo curriculum la maggioranza dei film sono piccole produzioni, di quelle per cui è difficile venire pagati: ma l’arrivo alla fine del mese non è mai stato un problema né per lei né per la sorella Carla.