Rileggere Leo Longanesi, maestro di tutti e di nessuno

Tre libri dedicati al giornalista e fondatore di testate - Sotto la lente l'avventura di "Omnibus" (1937-1939)
Leo Longanesi (1905-1957)
Tommy Cappellini
Tommy Cappellini
19.08.2016 02:05

Negli ultimi mesi sono usciti ben tre libri che riportano l'attenzione su Leo Longanesi (1905-1957), giornalista, fondatore di testate, editore e maestro di una schiera – più ampia di quanto ammettano i soggetti interessati – di reporter e direttori di giornale. Fu anche grafico, pittore, disegnatore, pubblicitario. Studiando il Novecento italico, è difficile prescindere dalla sua influenza, diretta o nascosta, tuttavia resta singolarmente poco frequentato e citato, a vantaggio degli allievi, Indro Montanelli, ad esempio.

Il primo titolo è un'antologia a cura di Pietrangelo Buttafuoco: Il mio Leo Longanesi (edizioni Longanesi, pagg. 258, euro 18,60). Si tratta di stralci prelevati da titoli famosi – Parliamo dell'elefante, In piedi e seduti, Un morto fra noi, Ci salveranno le vecchie zie? – e da storiche riviste come L'italiano e Il Borghese. Una raccolta parziale, come s'intuisce dal taglio della prefazione di Buttafuoco, venti pagine da leggere insieme al capitolo che Piero Buscaroli dedicò a Longanesi in Una nazione in coma (Minerva editore). Comunque sia, un'ottima incursione nel cuore del secolo scorso: Mussolini, la cultura tra le due guerre, De Gasperi, Napoli, Milano, la Brianza, la provincia, il cialtronismo, destra e sinistra.

Il secondo titolo è delle edizioni Henry Beyle: Morte dell'imperatore (pagg. 34, euro 20, in 375 copie numerate). Un elzeviro in cui Longanesi ricostruisce, tra verità storica e invenzione narrativa, crepuscolo e morte di Carlo V. Pubblicato sulla Gazzetta del popolo (12 giugno 1949) e poi nella raccolta Fa lo stesso (Longanesi, 1996), è un testo di tenore classico. Da ricordare, sempre presso i tipi di Henry Beyle, il Piccolo dizionario borghese, scritto da Longanesi con Vitaliano Brancati.

Infine, è in libreria per Franco Angeli uno studio di Ivano Granata, docente di Storia dell'Italia contemporanea all'Università di Milano: L'«Omnibus» di Leo Longanesi. Politica e cultura. Aprile 1937-gennaio 1939 (pagg. 288, euro 30). Chiunque sia appassionato di storia del giornalismo troverà in questo saggio – colmo di lunghe citazioni e note a pié pagina – un sicuro piacere intellettuale. Granata ripercorre l'avventura del settimanale che «fece la fronda» (con juicio) al fascismo mussoliniano. Nelle parole di Montanelli, L'italiano e Omnibus furono «gli unici rifugi non dico dell'opposizione, ma del dissenso dal consenso, e una stecca nel grande belato del pecorume in camicia nera. La battaglia era bella, ma aveva un prezzo: l'isolamento».

Per Nello Ajello, invece, «l'atteggiamento di Longanesi non raggiunse la nobiltà della ribellione (né fu soltanto la durezza della censura ad impediglirglielo); fu invece una critica esercitata, sia pure con rara intelligenza, nell'ambito stesso del sistema». Come che sia, Granata dettaglia con scrupolo le scelte di Longanesi – grafiche e d'impaginazione, stilistiche e di contenuti – e analizza attraverso parecchi esempi come furono «trattate» la politica interna, quella estera, la cultura, il cinema, l'urbanistica, la fotografia. Fino alla soppressione della testata da parte del regime: ufficialmente per un articolo irriverente di Alberto Savinio su Napoli. Tra le righe, perché fastidio, di sicuro, lo dava.

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