Clima

Il nostro mondo, come lo conosciamo, rischia di scomparire

Oggi, 22 aprile 2023, si celebra la Giornata della Terra, ma c'è poco da festeggiare: le temperature continuano ad aumentare, mentre gli scenari che riguardano le Alpi e altri ecosistemi spaventano
© Matt Dunham
Red. Online
22.04.2023 18:00

Il Grande Lago Salato, negli Stati Uniti, a causa della siccità ha raggiunto i suoi minimi storici. Di più, entro cinque anni potrebbe prosciugarsi del tutto. Le Alpi, in Europa, alla fine del secolo potrebbero perdere fino al 70% di innevamento se le temperature, ahinoi, continueranno a salire. E ancora: l’innalzamento del livello del mare e il perdurare di eventi estremi potrebbero, presto, spazzare via una delle ultime roccaforti della tigre del Bengala, nel Bangladesh. Oggi, sabato 22 aprile 2023, in tutto il mondo si celebra la Giornata della Terra, il cosiddetto Earth Day, nome usato per indicare il giorno in cui sono celebrate l’ambiente e la salvaguardia del pianeta. A ben vedere, però, c’è poco da festeggiare. Anzi, c’è di che preoccuparsi.

Nessun luogo, oggi, è al riparo dall’emergenza climatica. La temperatura media globale, l’anno scorso, è stata di 1,15 gradi sopra la media del 1850-1900. Gli anni dal 2015 al 2022, addirittura, sono stati gli otto più caldi dall’inizio delle misurazioni strumentali, nel 1850. Lo scioglimento dei ghiacciai e il citato innalzamento del livello del mare, pure a livelli record nel 2022, continueranno per migliaia di anni. È quanto emerge, in estrema sintesi, dall’ultimo rapporto annuale dell’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM).

Nessun luogo, dicevamo, è al riparo dall’emergenza climatica e dall’aumento delle temperature, che a loro volta alimentano condizioni meteorologiche estreme, con devastazioni terribili per le comunità, le specie animali e vegetali. Siamo, insomma, sull’orlo del baratro. E quasi non ce ne accorgiamo. O non vogliamo accorgercene.

Le Alpi senza neve

Gli ultimi otto anni, come detto, sono stati i più caldi mai registrati. La crescente concentrazione di inquinamento e gas serra sta riscaldando sempre di più il pianeta, tant’è che – come spiegano con forza gli scienziati – siamo vicinissimi a una svolta climatica irreversibile. Una svolta che, se diventasse realtà, non permetterebbe più di salvare alcune specie e alcuni ecosistemi. Bisogna agire, insomma, e anche in fretta. Tutti assieme. Ma, purtroppo, non sembra esserci la necessaria volontà politica.

La CNN, in particolare, si è concentrata sulle Alpi partendo da un paradosso. Le Olimpiadi invernali di Milano e Cortina, nel 2026, rischiano di avere un grande, grandissimo problema: la mancanza della materia prima, la neve. Le Alpi, la più grande catena montuosa d’Europa, soffrono. «La neve negli ultimi due anni sta davvero scomparendo» ha detto Marco Carrer, ecologo forestale dell’Università di Padova. La copertura nevosa nelle Alpi, infatti, adesso dura circa un mese in meno rispetto alla media a lungo termine. Si tratta di un calo «senza precedenti» negli ultimi 600 anni, secondo lo scienziato. «Ciò che sta realmente cambiando è che la temperatura è più calda» ha detto Carrer. Se non si interviene per contrastare il cambiamento climatico, appunto, le Alpi potrebbero subire un -70% in termini di copertura nevosa entro la fine del secolo.

Le stazioni sciistiche alpine, non a caso, da tempo sono alle prese con inverni caldi e secchi, privi di neve. Una componente essenziale, non solo per le attività sportive ma perché senza neve il terreno assorbe più calore. Non solo, la neve rappresenta un’importante riserva d’acqua. Lo abbiamo visto anche in Ticino. Lo scioglimento della neve, infatti, alimenta i fiumi, a loro volta fondamentali per la fauna selvatica, l’industria e l’agricoltura.

Come potrebbero apparire le Alpi nel 2100 secondo l'intelligenza artificiale qualora le temperature continuassero ad aumentare al ritmo attuale. Si nota la quasi totale assenza di neve. © Creato con MidJourney
Come potrebbero apparire le Alpi nel 2100 secondo l'intelligenza artificiale qualora le temperature continuassero ad aumentare al ritmo attuale. Si nota la quasi totale assenza di neve. © Creato con MidJourney

Quel ghiacciaio in Antartide...

Da tutt’altra parte, in Antartide, a preoccupare è invece il Doomsday o, se preferite, il ghiacciaio Thwaites, soprannominato così per l’impatto catastrofico che la sua scomparsa – leggi scioglimento – avrebbe sull’innalzamento globale del livello del mare. Il Doomsday è il ghiacciaio più esteso della Terra e, ahinoi, uno di quelli che cambiano a ritmi più sostenuti.

Gli scienziati, al riguardo, hanno avvertito che il Thwaites, grande all’incirca come la Florida, si regge «con le unghie» mentre gli oceani si riscaldano provocandone lo scioglimento. Uno scioglimento, leggiamo, particolarmente rapido lungo la linea di base, il punto cioè in cui il ghiacciaio incontra il fondale marino. Il cambiamento delle correnti oceaniche, infatti, sta esponendo sempre di più la base del ghiacciaio ad acqua più calda.

La linea di terra si è si è ritirata di oltre otto miglia dagli anni Novanta e questo comporta seri problemi per l’innalzamento globale del livello del mare. Al momento, lo scioglimento del Doomsday contribuisce per il 4% all’innalzamento del livello del mare, una percentuale che potrebbe aumentare in modo significativo. Un crollo completo provocherebbe un innalzamento di 0,7 metri, una vera e propria catastrofe per le comunità che, in tutto il mondo, vivono sulle coste.

Ma c’è di più, visto che questo ghiacciaio rappresenta anche una diga naturale per trattenere il ghiaccio circostante nell’Antartide occidentale. La sua scomparsa, dunque, avrebbe effetti (catastrofici) ancora più ampi. Proprio perché, per dirla con il glaciologo Ted Scambos, il ghiacciaio trascinerebbe con sé anche le aree adiacenti.

Oggi, 22 aprile 2023, si celebra la Giornata dalla Terra. Nessuno, però, ha voglia di festeggiare. Anzi, le preoccupazioni hanno superato il livello di guardia da tempo.