Scorsese pellegrino nel Giappone feudale

Il tema della fede e del "silenzio di DIo" nel nuovo film del regista
Liam Neeson in Silence
Max Armani
12.01.2017 00:11

Tratto dal  libro del 1966, dello scrittore cattolico giapponese Shusaku Endo, Silence, l'ultimo film di Martin Scorsese è un progetto che il regista ha in mente da decenni. Seppure in modo romanzato, racconta la vicenda storica di cui furono protagonisti nella prima metà del 1600, padre Cristovão Ferreira (nel film interpretato da Liam Neeson), gesuita portoghese, e due suoi giovani allievi.Missionario in Giappone, dopo 33 anni in quel paese padre Ferreira, perseguitato e ferocemente torturato, aveva abiurato, e, rinnegato la propria fede, era divenuto buddista e si era sposato. I suoi confratelli, Padre Sebastian Rodrigues (Andrew Garfield) e Padre Garupe (Adam Driver) una volta appresa la notizia, che aveva fatto scandalo a Roma prima di rimbalzare a Lisbona, sbigottiti e increduli, decidono di andare alla ricerca del loro mentore e partono per l'Oriente, votati anima e corpo alla loro pericolosa missione: scoprire la verità, predicando la propria fede. Arrivati in Giappone, prendono contatto con le piccole comunità che vivono la fede cattolica in clandestinità. Perché se la minaccia per loro è il martirio, per i loro cari, nel migliore dei casi, c'è la deportazione e la prigione. Quando i due missionari finiscono nelle mani dei signori feudali e dei loro Samurai, inflessibili difensori del Giappone da qualsiasi «invasione» straniera, e sono torturati a lungo e senza pietà insieme agli abitanti del piccolo villaggio che li ospita, il loro dilemma non è: rinnegare, o morire; in gioco non c'è solo la loro fede, ma anche la possibilità di salvare quel coraggioso piccolo gregge di credenti che stanno immolando se stessi e le loro famiglie.

Scorsese (che con Jay Coks è anche autore della sceneggiatura), attraverso il fervore e i dubbi di Padre Sebastian Rodrigues, riflette sull'arroganza di chi «pretende di portare la verità agli Orientali, incuranti della loro cultura», ed esplora «il silenzio di Dio» davanti alle sofferenze dei credenti; la profondità della fede, le sue molteplici implicazioni; «l'essenza della fede, quel sentimento che taglia fuori tutto: la Chiesa, le istituzioni, i sacramenti, ma che è presente in ogni individuo che trova la sua propria relazione con Cristo».

Il film è visivamente affascinante, pieno di tensione. Per Scorsese è un «pellegrinaggio», come dice lui stesso, una tappa della propria spiritualità, come lo furono L'ultima tentazione di Cristo o Kundun. Tuttavia Silence, ossessivo nella rappresentazione del vasto catalogo di torture e atrocità perpetrate contro i missionari ed i cristiani, manca di quella forza visionaria e di quell'energia che era insita in L'ultima tentazione di Cristo, per cui in certi momenti sembra perdersi in un arrovellarsi ripetitivo, gravido di angoscia.