Sepolti vivi con Reynolds

In "Buried" di Rodrigo Cortés
Marisa Marzelli
19.10.2010 00:29

Nelle nostre sale si possono confrontare due film situati idealmente agli estremi del cinema. Inception ha visivamente tutto, Buried (Sepolto) non ha nulla. È un film che più indigente non si può: un solo attore (performance dell?ottimo Ryan Reynolds) sullo schermo per un?ora e mezzo, filmato in una cassa che qualcuno ha interrato in un luogo imprecisato dell?Iraq. Eppure c?è una forza dirompente; alla fine anche lo spettatore ha l?impressione di essere sceso in quella bara. Buried è l?anomalia dell?anno, la dimostrazione che idee, talento e passione, se usati con intelligenza, possono quasi fare a meno del budget.Diretto e montato dal giovane e semi-sconosciuto spagnolo Rodrigo Cortés, sceneggiato dall?americano Chris Sparling (il suo script era nell?elenco delle migliori sceneggiature ritenute irrealizzabili), filmato dal direttore della fotografia Eduard Grau, Buried non è solo virtuosismo tecnico, è un film per riflettere. La trama è lineare. Paul, un trasportatore americano che ha accettato un lavoro in Iraq solo perché lo stipendio è buono, si risveglia sepolto vivo. Qualcuno (forse terroristi, forse criminali comuni) l?ha rapito e messo in quella fossa perché qualcun altro (il governo americano, il datore di lavoro?) paghi il riscatto. Paul ha un cellulare, un accendino, una matita e per uscirne vivo deve contattare qualcuno che prima lo ascolti e poi lo aiuti, in una corsa contro il tempo, mentre si consumano ossigeno e batteria telefonica. È un thriller della mente, talmente serrato e in continua evoluzione che il pubblico deve condividere angoscia, sudore, speranze di quell?uomo spaventato e armato di telefono. Ma è sempre più solo, e se ne rende conto, perché all?altro capo del filo ci sono le segreterie, burocrati annoiati, gente che gli mente, il sequestratore che lo obbliga a girare il video con cui chiedere il pagamento del riscatto.