Sherlock Holmes fra mente e pugni

È uno Sherlock Holmes atipico – per lo meno confrontandolo con precedenti trasposizioni cinematografiche, perché nelle pagine di Arthur Conan Doyle alcuni elementi stravaganti sono già presenti – quello che arriva ora sul grande schermo con un Robert Downey Jr. perfetto nell'incarnare il detective vittoriano in una versione fuori dagli schemi. Un personaggio che rimane sì, come da copione, un asso della deduzione, ma che oltre a utilizzare il cervello, oltre ad essere dotato di logica ferrea e di un?acutissima capacità di osservazione, qui usa altrettanto i pugni e lotta a tutto spiano. Ed è cinicamente divertente, orso e misogino e più interessato al suo assistente Watson (Jude Law) che al gentil sesso (con un?unica eccezione). D?altra parte questo ultimo Sherlock Holmes porta la firma di Guy Ritchie, regista britannico che ha diretto un paio di pellicole interessanti come Snatch e il più recente Rocknrolla i cui ritmi convulsi, l?ironia acida e l?azione si ritrovano anche qua, seppure calati nell'atmosfera d?epoca in versione blockbuster. Questo dunque lo spirito del nuovo Sherlock Holmes. Quanto alla storia, ha lati intriganti nel mescolare elementi dall?apparenza soprannaturale con la cornice già di per sé suggestiva del 1890 londinese. Si respira l?avvento del nuovo, delle meraviglie tecnologiche del secolo a venire, ma ancora la magia aleggia qua e là, un po? come in The Prestige di Nolan. In questo clima agisce un bieco assassino, Lord Blackwood (Mark Strong) dedito ai sacrifici di giovani donne che pare misteriosamente tornato dalla morte dopo la sua impiccagione. Solo Holmes e Watson potranno contrastarlo e svelare le verità dietro alle sue gesta. A dar loro una mano, l?unica donna che sembra far provare qualche emozione a Holmes, Irene Adler (Rachel McAdams), scaltra criminale che, si intuisce, già una volta ha messo nel sacco il celebre investigatore e ha fatto breccia nel suo cuore.