Sportivamente Sereni

È tipico del panorama culturale e letterario italiano un rapporto non sempre facile, con debiti e influenze poco riconosciute o mal sopportate, tra sport (calcio in primis naturalmente) e poesia o letteratura «alta», quasi che la troppo popolare epica pedatoria poco possa innervare l’esperienza esistenziale di chi abbia ambizioni intellettuali. A smentire una volta di più questo snobistico malinteso ecco una potente e raffinata antologia edita dalla benemerita Nomos Edizioni di Busto Arsizio che esplora il rapporto fervido, appassionato e viscerale tra una figura dello spessore culturale di Vittorio Sereni e lo sport, a partire dall’amore inesausto e tormentato per i colori nerazzurri della sua Inter. Una vicenda d’amore appunto, che occupa l’intera esistenza di Sereni tanto che il titolo della raccolta si rifà ad una sua poesia giovanile (Domenica sportiva del 1935 poi ripreso e modificato più volte) in cui descriveva un cruento derby d’Italia all’Arena contro i rivali di sempre della Juventus ( Il verde è sommerso in nerazzurri/ Ma le zebre venute di Piemonte/ sormontano riscosse a un hallalì/ squillato dietro barriere di folla...) che ne aveva segnato la giovanile immaginazione. Il libro, filologicamente curato da Alberto Brambilla che da ormai un trentennio si dedica allo studio del rapporto fra sport e scrittura, dimostra attraverso i testi come proprio lo sport sia tra i materiali privilegiati da Sereni per costruire la sua complessa poetica nel tempo. Non a caso il volume è organizzato in tre sezioni: in apertura una guida critica ai percorsi poetici «sportivi» che dialogano anche con gli scritti in prosa, introdotti nella seconda parte del libro. Infine ecco la terza sezione dove sono raccolti e annotati gli scritti giornalistici dedicati da Sereni allo sport, dispersi in varie sedi e spesso mai ripubblicati dopo la prima uscita. Tra questi ultimi spiccano il bellissimo Fantasma nerazzurro, una delle riflessioni più profonde che siano mai state scritte intorno alla passione calcistica qui trascritto integralmente, e l’intervista ad Alfredo Binda realizzata per la rivista luinese La Rotonda. Appare così un Sereni sorprendente e in parte sconosciuto, che disquisisce con sapienza di tattiche calcistiche, fa della tecnica di Meazza un modello ideale di bellezza, oppure trasforma una banale cronaca in un sofferto bilancio esistenziale.
Incroci fondanti
«A Paceco in Sicilia - ci spiega il curatore Alberto Brambilla- il 24 luglio 1943 le truppe americane catturano il giovane sottufficiale Vittorio Sereni che, insieme ad altre migliaia di soldati prigionieri, è ammassato, come lui stesso ricorda, “nel vecchio campo sportivo“ di Trapani in attesa di essere inviato in un campo di concentramento algerino. Quando nella struttura sportiva si sparge la voce – poi smentita – della caduta del Governo e della firma di un armistizio, i soldati lì riuniti esplodono in un boato di gioia e Sereni paragona l’urlo di quei diecimila “all’eco viva e reale del clamore di lontane folle domenicali”, vale a dire agli spettatori esultanti per il gol segnato dalla propria squadra. Ugualmente, quando assisterà più avanti ad un incontro di calcio fra prigionieri, sarà colpito dalla “valentia e la grazia” di un ex calciatore professionista del Modena che ora “gioca all’ala” e riesce a destare ammirazione negli spettatori». Anche nei momenti più tragici il poeta luinese trova dunque modo di incrociare la propria scrittura con la passione sportiva. «Sono questi due esempi significativi - prosegue Brambilla - di come lo sport (e in particolare il calcio ed il ciclismo) non siano semplici passatempi o momenti accessori, ma costituiscano momenti esistenziali fondanti. Ed è appunto lo stadio, sia quando trabocca di entusiasmo (qui Sereni dipende dalle poesie calcistiche di Saba) sia quando è deserto ma porta ancora l’eco degli eventi, come un fuoco quasi spento, a rappresentare il luogo simbolico di questa passione. Che ha un’origine quasi mitica; in un certo senso non si sceglie, ma si è scelti una volta per sempre e questo incontro determina una fede incrollabile che ci accompagnerà nella vita». Indissolubilmente nerazzurra nel suo caso ma anche legata a figure leggendarie come quella di Fausto Coppi in cui Sereni finisce quasi con l’identificarsi, come ci spiega ancora Alberto Brambilla: «Nato nel 1919, Coppi era più giovane di soli sei anni rispetto al poeta, ma attraverso le sue vicende biografiche poteva rappresentare una sorta di specchio, di modello esemplare. Si comprende dunque come Sereni costruisse un campione a sua immagine, facendolo diventare un mito di rinascita dopo la tragedia della prigionia in guerra (“ce l’ha fatta... e dunque anch’io / posso ancora riprendermi, stravincere”)». E infatti arriverà la vittoria ai Mondiali di Lugano del 1953. «Mi piace ricordare - conclude Brambilla- proprio la Svizzera italiana, a cui Sereni è stato sempre molto legato. Non a caso alcuni pezzi giornalistici riuniti nel volume derivano dalla rivista Illustrazione ticinese, a cui collaborò per qualche tempo nel dopoguerra».