«Donne, non siate troppo severe con voi stesse»

Per anni è stata un volto del TG della RSI. Poi il salto nell’amministrazione federale, assumendo il ruolo di portavoce del Dipartimento degli affari esteri. Il posto ideale per una donna innamorata della diversità delle culture come Paola Ceresetti. «Per quanto riguarda la parità di genere - racconta - vedo ancora troppe colleghe competenti rinunciare a incarichi di responsabilità perché convinte di non essere all’altezza, per poi farsi superare da uomini meno bravi di loro».
Da dove parte la sua storia?
Geograficamente, dalle montagne della Leventina, dove sono cresciuta, e dal lago di Garda, luogo d’origine di mio padre. E poi, per quanto riguarda la personalità, da un interesse marcato per il mondo, la diversità delle culture e le sfide che il futuro ci riserva. Il Dipartimento federale degli affari esteri mi offre un quadro professionale ideale; mi consente di lavorare a Ginevra, dove la Svizzera s’impegna nel contesto delle organizzazioni internazionali per trovare soluzioni alle grandi sfide globali come il cambiamento climatico, la lotta alle epidemie o gli sviluppi tecnologici legati alla digitalizzazione.
Cosa le dicevano i suoi genitori?
Abbassa la testa e fatti sotto. E se proprio non va, noi ci siamo sempre.
Quanto è stato importante adattarsi?
Il mondo cambia, la società, così come gli individui che la compongono, deve adattarsi e trarre il meglio dai cambiamenti. L’evoluzione tecnologica, per esempio, può fare paura perché ha un impatto enorme, ad esempio sul mondo del lavoro. L’intelligenza artificiale promette di svolgere presto compiti che ora sono appannaggio degli umani. Professioni come quella del traduttore rischiano di scomparire. La tecnologia offre però anche tutta una serie di opportunità, nel campo della salute oppure nella prevenzione delle catastrofi naturali. A Ginevra, la comunità internazionale lavora insieme ai settori privato e accademico per mettere l’elemento umano al centro dell’evoluzione tecnologica, per elaborare strategie che permettano al mondo di adattarsi ai cambiamenti in corso sfruttandoli a vantaggio delle popolazioni. Nello stesso modo, anche per gli individui è importante adattarsi, purché lo si faccia con lo scopo di migliorare.
«Ognuno di noi è artista della propria vita: che lo sappia o no, che lo voglia o no, che gli piaccia o no». La frase è di Zygmunt Bauman, sociologo. È d’accordo?
A pari opportunità, assolutamente sì. Quando tutti i cittadini e le cittadine hanno la possibilità d’accedere a una formazione di qualità, possono riqualificarsi in caso di bisogno, possono ricorre a cure mediche se necessario e offrire ai figli un futuro degno, allora direi proprio di sì.



Conta più la fortuna o la dedizione?
La passione, direi. Alzarsi la mattina per andare a svolgere un compito appassionante è davvero un regalo della vita. Fortuna e dedizione contribuiscono a realizzare questo traguardo.
Lei ha incontrato più ostacoli o opportunità?
D’istinto direi più opportunità. Ma forse è perché gli ostacoli, una volta superati, non sembrano più così importanti.


Quale è stato il primo ostacolo che ha incontrato sul suo percorso professionale?
Il trasferimento, nel 1989, della redazione del Telegiornale, dove lavoravo, da Zurigo - sede dei miei studi - a Lugano. Conciliare università e lavoro in due città diverse è stata una bella impresa. Ma ne è valsa la pena.



Ci sono stati pregiudizi nel suo mestiere che ha dovuto combattere in quanto donna?
I dubbi di alcuni superiori sulla capacità a dare il massimo sul lavoro pur avendo una famiglia. Quando mi sono candidata per la RSI a Berna, per esempio, mi si chiese come pensavo di conciliare una funzione impegnativa come quella di corrispondente politico con la cura di mio figlio. Allora, mi sentii in dovere di giustificarmi. Oggi non lo farei più. Non ho mai sentito di un collega uomo dover rendere conto ai superiori di come gestisce lavoro e famiglia.
Cosa significa essere donna oggi?
Difficile rispondere in modo univoco. Le variabili geografica, sociale e economica hanno un’influenza enorme. Sul piano globale, l’uguaglianza di genere è tra le priorità delle Nazioni Unite, che vi dedicano uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030.
Durante i negoziati di pace che si svolgono regolarmente a Ginevra, le donne vengono sempre più spesso coinvolte nelle discussioni. È ormai acquisito che la loro presenza favorisce il raggiungimento di soluzioni di compromesso.
Anche per il DFAE, le donne sono una componente centrale dell’azione in diversi settori.
Per quanto riguarda la situazione interna alla Svizzera, il potenziale di miglioramento è certo importante, basti pensare alle disparità salariali o alla violenza di genere. Ma anche la consapevolezza e la determinazione delle donne e di un numero sempre maggiore di uomini è forte. Certe cose devono cambiare, non si scappa.
È possibile coniugare la famiglia con la vita professionale?
Sì. L’importante è non considerare questa bella sfida come una questione femminile, ma come un compito di entrambi i genitori.


Cosa direbbe a una ragazza in difficoltà?
Credici e non mollare mai. A volte, le ragazze, le donne sono troppo severe con sé stesse. Ho visto colleghe competenti rinunciare a candidarsi per incarichi di responsabilità perché convinte di non essere all’altezza, per poi farsi superare da uomini meno bravi di loro, ma di sicuro con un’autostima più solida.
Come ci si rialza dopo un fallimento?
I fallimenti, come gli ostacoli, fanno parte della vita. Certo, sono duri da incassare, ma permettono anche di guardare alle cause e di cercare il modo di fare meglio la volta dopo.
Cosa direbbe il bambino che è in lei dell’adulto che è diventata?
Non ne ho la più pallida idea!
Se la sua vita fosse un hashtag quale sarebbe?
#Tech4Good. Con questo hashtag si trovano sui social esempi di nuove tecnologie utilizzate per migliorare la vita degli esseri umani.