L'intervista

Giovanni Soldini: «Il Mediterraneo è un hotspot dei problemi del mondo»

Il velista italiano di origini ticinesi riflette sull'ambiente e sull'assurdità delle leggi che, di fatto, colpevolizzano chi salva persone in mare
Stefania Briccola
28.02.2023 13:30

Giovanni Soldini, con il team di Maserati Multi70, ha tagliato il traguardo della quattordicesima RORC Caribbean 600 in seconda posizione dopo una gara spettacolare tra le isole delle Piccole Antille. Per soli 11, dannati secondi il MOD 70 del rivale Zoulou, con a bordo Loick Peyron, ha conquistato la sospirata Line Honours dei multiscafi. Il velista italiano di origini ticinesi, intercettato dal CdT, commenta la Rorc Caribbean 600 e racconta il suo impegno per l’ambiente: dallo «sbarco» del motore a scoppio dal Maserati Multi 70 alla partecipazione al «Decennio del mare UNESCO». Il trimarano, munito di Ocean Pack, misura infatti CO2, salinità e temperatura di superficie delle acque sulle rotte di tutto il mondo. Stando ai primi riscontri, il Mediterraneo si è rivelato un hotspot dell’emergenza climatica. Il velista, insignito della Legion d’onore nel 2000 per aver soccorso Isabelle Autissier durante il giro del mondo in solitaria, ricorda di avere fatto solo il suo dovere come ogni marinaio e riflette sull’assurdità di leggi che vanno contro una cultura millenaria.      

Giovanni Soldini, come è andata questa edizione della RORC Caribbean 600?
«La cosa più difficile da accettare è proprio il fatto che abbiamo costruito una posizione di vantaggio fin dalle prime battute della regata. Piano piano, siamo riusciti a fare la differenza in tante situazioni dove c’erano venti più o meno stabili e ad avere un vantaggio di 15 miglia, che poi abbiamo perso totalmente alla penultima boa perché quando siamo arrivati non c’era più vento e abbiamo posteggiato un’oretta lasciando il tempo a Zoulou di arrivare e addirittura di superarci. Lì è stata veramente durissima, perché ci sentivamo la regata in tasca e invece alla fine la natura comanda. Comunque, non ci siamo persi d’animo e siamo riusciti a prendere una nuvoletta che ci ha aiutato a riacchiappare gli avversari, in un momento in cui invece loro si erano un po’ piantati. Siamo ripartiti insieme, li abbiamo superati di nuovo creando un piccolo vantaggio di mezzo miglio che avevamo poi fino all’ultima isola: abbiamo girato e ci siamo portati fino a due virate prima dell’arrivo, loro erano 150 metri più fuori di noi e lì hanno preso più vento recuperando la metà del vantaggio. Poi, proprio sulla linea, è successo che abbiamo fatto quest’ultima virata tre secondi in anticipo. Per cui, quando ci siano trovati a tagliare la linea eravamo 10-12 metri troppo bassi rispetto alla boa ed è lì che abbiamo perso la regata».

Quanto conta la fortuna?
«La fortuna te la cerchi, però obiettivamente in mare ci muoviamo un po’ come in montagna. È un ambiente in cui la natura comanda».

Quali difficoltà comporta una regata come la RORC Caribbean 600?
«Questa volta, dalle previsioni sembrava che le condizioni fossero più stabili. Invece, l’aliseo è pieno di temporali che rubano il vento o lo fanno aumentare tantissimo. C’è una instabilità di fondo che rende il percorso come se fosse una strada piena di buche».

In che modo cambia la strategia di competizione passando dalle grande traversate in solitaria alle regate con l’equipaggio?
«L’obiettivo è sempre lo stesso: tu devi arrivare prima degli altri. Le difficoltà sono più o meno simili. In solitario devi gestire te stesso in tutto e per tutto, mentre in equipaggio è meno complicato il controllo delle energie, del sonno e delle manovre e riesci a spingere di più la barca oltre a condividere emozioni e decisioni. Poi, alla fine, in una regata come questa nessuno di noi ha dormito più di tre ore». 

Come svolge il monitoraggio della salute del mare a lato delle competizioni sul trimarano Maserati Multi70?
«Sono sempre stato molto sensibile a questi temi. Per esempio, il mio Class 40 nel 2017 era già tutto pieno di celle fotovoltaiche e si muoveva con grande autonomia energetica. Da qualche anno, si è aperta la possibilità di partecipare all’azione degli scienziati mettendo a disposizione una barca a vela che fa tutte queste miglia senza consumare idrocarburi e può raccogliere dati preziosi».

La gestione dei dati scientifici è in mano all’Unesco e tramite il «Decennio del mare» sono entrato in contatto con gli scienziati che poi studiano i dati raccolti a livello europeo

Lei ha aderito dal 2022 al programma «Decennio del mare Unesco»  testimoniato da un logo sulla randa del trimarano…
«La gestione dei dati scientifici è in mano all’UNESCO. E tramite il Decennio del mare sono entrato in contatto con gli scienziati che poi studiano i dati raccolti a livello europeo».

Che cosa ha riscontrato a proposito della salute del Mediterraneo con l’utilizzo di Ocean Pack ?
«Questa macchina è in grado di misurare una volta al secondo la CO2 sulla superficie del mare. Sin dal primo giro che abbiamo fatto sono rimasto sconvolto perché sulle coste italiane, in Sicilia, e nel Mediterraneo, anche davanti alla Spagna, i valori della CO2 nell’acqua a giugno erano a livello di 550 parti per milione mentre all’uscita dallo stretto Gibilterra calavano anche sotto 400 parti per milione. Questo dice quanto il Mediterraneo sia un luogo delicato. In effetti, è un mare molto chiuso, sottoposto a una presenza umana altissima, si scalda molto, è poco profondo e ha poca possibilità d ricambio. Il Mediterraneo è un hotspot dei problemi del mondo».

Come avete mandato in pensione il motore a scoppio del trimarano Maserati Multi 70?
«Da settembre, abbiamo sbarcato il motore a scoppio e navighiamo con un motore elettrico che viene alimentato da una batteria ricaricata da pannelli solari e da un sistema eolico. Quindi, siamo full electric da qualche mese e soprattutto da qualche miglio e abbiamo superato i test condotti in navigazione nel Mediterraneo e nell'Atlantico. In qualche modo, c’è l’idea di dimostrare che si può fare. È ovvio che Maserati è una barca molto più efficiente nel muoversi a vela che a motore».

Il salvataggio eroico di Isabelle Autissier, che le è valso la Legion d’onore in Francia, alla luce delle emergenze attuali degli sbarchi nel Mediterraneo che significato assume?
«Stiamo vivendo una situazione demenziale, perché in qualche modo per millenni i marinai di tutte le epoche e di tutte le culture, dai fenici ai greci e dai romani in poi, non hanno mai pensato di lasciare morire in mare un naufrago. Neanche quando c’erano i romani che ti salvavano e poi, semmai, ti mettevano a remare nella galera. È allucinate che siano proprio i Paesi occidentali, che dovrebbero essere il faro dei valori e della cultura, a fare delle leggi assurde che di fatto colpevolizzano chi ti salva. Questo non succede solo in Italia e in Europa, ma anche negli Stati Unti. A me è successo di essere naufrago nel 2005, quando mi sono capottato col trimarano Tim mentre facevo la Transat Jacques Vabre, e di essere stato salvato da una petroliera con bandiera panamense che era arrivata a Houston. Per scendere e andare in territorio americano, da dove avrei preso un aereo e me ne sarei tornato a casa, è stata un’epopea».

Quale è il suo luogo del cuore?
«Vado in vacanza in Grecia nelle Cicladi, dove soffia il meltemi e si sta benissimo. Non sono mai stato in Polinesia e prima di morire mi piacerebbe farci un giro».

Da ragazzino non ho voluto studiare e laurearmi, ma volevo navigare e ci è voluto un po’ per convincere i miei genitori che non era un capriccio

Se non avesse fatto questo lavoro, cosa avrebbe scelto?
«Non ne ho idea, meno male che ho scelto la vela. Da ragazzino non ho voluto studiare e laurearmi, ma volevo navigare e ci è voluto un po’ per convincere i miei genitori che non era un capriccio». 

In quali valori si rispecchia pensando alle sue origini ticinesi?
«In un certo approccio, forse morale che mi porta ad essere attento ad alcuni temi. L’Italia è un Paese un po’ strano, dove comunque la gente pensa che le cose pubbliche non siano di nessuno, invece in Svizzera c’è un rapporto più sereno e più intelligente con questo tipo di cose».

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