Tarmo Peltokoski: «È per affrontare Wagner che sono salito sul podio»

Direttore d’orchestra a soli 21 anni: già questo basterebbe a qualificare come sorprendente il finlandese Tarmo Peltokoski che sabato 18 dicembre, alle 18, al LAC di Lugano dirigerà il concerto di Natale dell’OSI. In programma l’ouverture dell’Hänsel e Gretel di Humperdinck, la Suite dallo Schiaccianoci di Ciaikovskij (due pagine indissolubilmente legate al Natale) e una preziosa rarità come le Five Variants of Dives and Lazarus di Ralph Vaughan Williams. Non potevamo, quindi, farci sfuggire l’opportunità di conoscere meglio questo giovane e ambizioso talento della bacchetta, che nei prossimi mesi affronterà nientemeno che il suo primo Ring (Anello del Nibelungo) wagneriano.
Come è arrivato a dirigere così giovane?
«Ho iniziato a suonare il pianoforte a 8 anni, ma già a 11 ho scoperto il mondo musicale di Wagner, che da allora è il centro della mia vita: e l’unico mezzo per poterlo affrontare direttamente era dirigere un’orchestra. In Finlandia abbiamo il più grande maestro di direzione d’orchestra al mondo, Jorma Panula, ancora attivo a 91 anni d’età: sono andato da lui a studiare quando avevo 14 anni».
Cosa c’è di così speciale nella scuola di Panula, che ha prodotto alcuni tra i più grandi talenti della bacchetta degli ultimi anni?
«È innegabile la qualità dei direttori che sono usciti dalle sue mani, fra cui Sakari Oramo, con cui studio attualmente: il segreto, secondo me, è che la sua non è veramente una scuola. Mi spiego: esiste la scuola russa che parte da Ilya Musin e che ha prodotto talenti come Valerij Gergiev, Bychkov, fino a Currentzis e Sokhiev, ed ha dei tratti comuni perfettamente riconoscibili. Poi c’è la scuola viennese, che ha origine da Hans Swarowsky. Panula – che io ho conosciuto quando aveva 84 anni, e quindi non posso dire come lavorasse negli anni ’70 – non si impone mai sugli allievi, non li mette mai sotto pressione. Li aspetta e sa assecondarne le caratteristiche personali: tutti i suoi studenti sono diversi, non ci sono due direttori finlandesi che siano musicalmente sovrapponibili. Semplificando, si potrebbe dire che insegna più ad essere un vero musicista che un direttore, anche se ovviamente per iniziare a dirigere occorre avere una formazione già abbastanza completa. Ha inoltre la singolare caratteristica di accettare allievi molto giovani, come nel mio caso e vuole che i futuri direttori suonino uno strumento dell’orchestra: in questo senso io l’ho “deluso”, essendo pianista, e credo anzi di essere l’unico suo allievo con questa caratteristica! Un po’ alla volta è iniziata la mia “carriera”, come si suol dire».



Non le piace la parola?
«Carriera va ancora bene: ma non sopporto quando alla musica si accostano i concetti di “business” o “industria”. Io vorrei proseguire sul doppio binario di direttore e pianista, però negli ultimi tempi mi sto focalizzando quasi esclusivamente sulla bacchetta: in ogni caso il mio essere musicista parte dalla tastiera e non concepisco che si possa dirigere senza suonare uno strumento. Per quanto riguarda il concerto al LAC, sono molto felice di tornare in Svizzera per la seconda volta, dopo che a settembre ho diretto a Montreux con la l’Orchestra da camera di Basilea».
Certamente d’ispirazione wagneriana è l’ouverture dell’Hänsel e Gretel di Humperdinck che aprirà il concerto...
«Si tratta di musica di qualità notevole, anche se oggi non più eseguita come un tempo (specie in Finlandia), dal carattere molto germanico, influenzata dalla musica popolare, e legatissima a Wagner nella scrittura. Ma la pagina che mi sta particolarmente a cuore, nel programma di domani, è quella di Vaughan Williams, che è uno dei miei compositori preferiti e di cui nel 2022 celebreremo i 150 anni dalla nascita: le Five Variants of Dives and Lazarus, quasi sconosciute, sono derivate da una tradizionale melodia natalizia inglese che, sono sicuro, gli ascoltatori sapranno identificare subito come tipica di questo periodo festivo. L’orchestrazione è per arpa ed archi, molto elegante ed efficace».
Infine un classico natalizio per eccellenza, lo Schiaccianoci: una favola con implicazioni più profonde.
«Suoneremo la Suite che contiene alcune delle melodie più celebri del balletto: è una favola come Hänsel e Gretel, e mi preme sottolineare come sia musica di dimensioni sonore contenute. La pagina iniziale è chiamata “ouverture - miniature”, le marce e le danze hanno sonorità intime, raccolte, delicate: dobbiamo dimenticarci il Ciaikovskij tragico, tutto in fortissimo delle ultime sinfonie, perché qui abbiamo un mondo fatato, impalpabile. E al proposito mi viene in mente il consiglio di Strauss ai giovani direttori, cui suggeriva di affrontare la propria Elektra come se fosse musica “elfica” composta da Mendelssohn!».
Tra musica e teatro in un confronto intergenerazionale

Sarà una sorta di confronto intergenerazionale il Concerto di Natale di domani dell’Orchestra della Svizzera italiana. A fare da contralto al giovanissimo direttore d’orchestra finnico ci sarà infatti un autentico veterano della scena, l’ottantenne attore ticinese Antonio Ballerio che contribuirà a teatralizzare l’evento con una serie di letture sceniche. «Quando, a causa dell’impossibilità di fare arrivare il balletto russo originaramente previsto a fianco dell’OSI mi è stato chiesto di intervenire, il primo pensiero è stato “finalmente è arrivato un ruolo che attendevo da tempo”», spiega Ballerio. «Ho dunque accettato l’incarico con grande entusiasmo anche perché, per me si tratta di una duplice inedita sfida. Ovvero interagire con un’orchestra sinfonica guidata da un così giovane direttore e per di più farlo in in un contesto speciale quello natalizio. Un’esperienza dunque straordinaria, tanto più che ho potuto scegliere i testi da abbinare al programma musicale». Testi, ovviamente, a tema natalizio che Antonio Ballerio proporrà negli intervalli tra le varie composizioni del programma e attraverso i quali cercherà di amplificare ulteriormente l’atmosfera festosa dell’evento. «Ho scelto dapprima alcune poesie di due autori italiani che hanno saputo descrivere il Natale in modo meraviglioso ancorché da due angolature diverse», spiega l’attore ticinese che ritorna sul palco del LAC a poche settimane di distanza da un’applaudita performance nella cmmnedia goldoniana La bottega del caffè. «Si tratta di Gianni Rodari, grande autore per l’infanzia e che quindi vede la festa in modo molto spontaneo e semplice e il romano Trilussa il quale invece ha della festa e del suo contorno un’interpretazione più... caustica. Proporrò poi Il dono dei Magi, celebre novella di O. Henry, per poi chiudere con un paio di brevi liriche natalizie di un altro grande autore italiano, Guido Gozzano».