L'analisi

Il ruolo della televisione nell'inseguimento di OJ Simpson

Oggi, un evento simile, verrebbe frammentato e spezzettato da social e portali mentre all'epoca gli americani, ma non solo, si incollarono al piccolo schermo
Una fotografia scattata durante l'inseguimento del 17 giugno 1994. © Reuters
Marcello Pelizzari
12.04.2024 10:30

Che cosa resta, oggi, di quell'inseguimento? La morte di OJ Simpson, a quasi 77 anni, ha riportato tutti lì, inevitabilmente. A quel pomeriggio di giugno, anno di grazia 1994. E a quella fuga tanto folle quanto televisiva, se non cinematografica, a bordo di una Ford Bronco bianca che – per inciso – nemmeno era sua ma di Al Cowlings, anche lui ex giocatore, che scappò assieme all'amico. Simpson, all'epoca, si era già lasciato alle spalle una florida carriera nel football americano. Ma era rimasto nel giro, per così dire. Anzi, era diventato una celebrità del piccolo e del grande schermo. In quelle ore, cercò di lasciarsi alle spalle anche l'accusa, pesantissima, di aver commesso un efferato, duplice omicidio. Il 13 giugno del 1994 l'ex moglie Nicole Brown e un suo amico, Ronald Lyle Goldman, furono trovati uccisi, lei con 12 coltellate e lui con 20. Simpson, fin da subito, fu il principale sospettato.

Nel 1994, quando Simpson fu il protagonista assoluto del suo personalissimo road movie, ma quella era vita vera, 95 milioni di persone negli Stati Uniti accesero all'istante il televisore. Guardarono e riguardarono quelle scene, in una sorta di rito collettivo dettato dai grandi network e da una copertura iper-estesa, in particolare grazie agli elicotteri. Un anno dopo, quando la giuria emise il verdetto di non colpevolezza nei confronti di «Juice» gli spettatori erano addirittura 150 milioni. Un'adunata paragonabile solo e soltanto al Super Bowl, l'evento televisivo per eccellenza in America. Difficilmente vedremo ancora qualcosa di simile, hanno sottolineato gli esperti.

Al Cowlings, al volante, scappa dalla polizia durante l'inseguimento del 17 giugno 1994. OJ Simpson è nascosto fra i sedili posteriori. © Reuters
Al Cowlings, al volante, scappa dalla polizia durante l'inseguimento del 17 giugno 1994. OJ Simpson è nascosto fra i sedili posteriori. © Reuters

Internet, in effetti, si è preso tutto. L'intera torta, o quasi. Da un lato, la rete – da anni oramai – consente di informarsi su tutto. In qualsiasi momento. Soprattutto, e qui veniamo all'altro lato, permette di scegliere. Senza imposizioni o scelte di palinsesto, per intenderci. All'inizio degli anni Novanta, in piena epoca OJ Simpson, il web era ancora una curiosità sebbene avesse già le stimmate di next big thing. La prossima, grande cosa. Nel 1994, l'anno dell'inseguimento nella tentacolare Los Angeles, AOL – il provider che rese popolare Internet in America – aveva poco più di un milione di abbonati. La televisione, per contro, era (ancora) un mezzo di comunicazione di massa. Non soltanto, per dirla con Business Insider, perché raggiungeva tutti. Ma perché a tutti mostrava la stessa cosa nel medesimo momento. Le principali reti radiotelevisive dell'epoca, tornando all'inseguimento, interruppero immediatamente le trasmissioni per seguire, in diretta, la fuga di OJ Simpson. L'anno successivo, quando il processo divenne una piccola, grande storia americana, i network non parlavano d'altro. Dalla giuria agli avvocati, passando per il modo in cui erano state raccolte le prove e il tema del razzismo. 

Oggi, appunto, le coordinate sono cambiate. Negli Stati Uniti, scrive sempre Business Insider, praticamente nessuno ha acceso la televisione quando i vari portali hanno dato la notizia della morte di Simpson. E questo nonostante la presenza di canali all news come CNN, che hanno dato ampia copertura alla morte dell'ex giocatore e celebrità. Anni fa, Variety sosteneva invece che – nella nostra epoca – anche il processo iper-mediatizzato di «Juice» sarebbe stato vissuto diversamente. Sui social, in streaming, online. Meno, molto meno sulla televisione classica e generalista. Sempre che a tutti, adesso, interessi ancora la stessa cosa nello stesso momento. Un fatto tutto fuorché scontato. Soprattutto perché i media digitali, pur attirando traffico e interazioni, non possono costringere tutti a guardare o leggere il medesimo tema.

Che cosa resta, dunque, di quell'inseguimento a quasi trent'anni dai fatti? Il fascino, finanche morboso, per le storie di cronaca nera, forse. Capace di resistere alle rivoluzioni, sebbene non riesca più ad attirare audience oceaniche come ai vecchi tempi.