Ma quello non può essere Batman

A riguardarlo oggi, con occhi adulti e grazie alle repliche di Rai4, viene da sorridere. No, quello non può essere Batman. È troppo colorato. È troppo pop. È troppo psichedelico e onomatopeico, con quelle scritte pacchiane durante le scazzottate. Pow. Crash. E via discorrendo. Un chiaro richiamo al fumetto. È troppo, appunto. Un eccesso continuo, mitigato da una recitazione volutamente seria e distaccata. Anche, se non soprattutto, in presenza di battute e nonsense. In fondo, però, basterebbe richiamare il periodo di produzione: dal 1966 al 1968, quando valeva (più o meno) tutto. Il successo di Batman, di questo Batman perlomeno, tanto bravo a contrastare i nemici quanto a ballare il «Batusi», si spiega anche così. Soltanto in quegli anni un progetto tremendamente kitsch e pacchiano avrebbe potuto funzionare. Di più, senza questa versione dell’Uomo Pipistrello strampalata e assurda non ci sarebbero state neppure le altre, più cupe e serie. Quelle di Burton e Nolan, ad esempio, aspettando la prossima firmata Reeves.
Un telefilm iconico
Rai4, dicevamo, dal 18 aprile ha deciso di trasmettere nuovamente le puntate di questo telefilm divenuto, diciamo pure senza volerlo, iconico. Fu un dirigente del network televisivo statunitense ABC, narra la leggenda, ad avanzare l’idea di una seria incentrata su Batman. E questo perché, banalmente, era un grandissimo appassionato del fumetto. La ABC, quindi, avvicinò la 20th Century Fox e il produttore William Dozier. Che del fumetto e, in generale, della storia dell’Uomo Pipistrello sapeva poco o nulla. Anzi, non sapeva proprio niente. E a dirla tutta non l’idea di uno show dedicato a un supereroe non gli sembrava nemmeno chissà che cosa. Ma, si mormora, Dozier non stava benissimo a livello finanziario e così dedicò anima e corpo al progetto. Si mise a leggere i vari numeri del fumetto, trovò il tutto dozzinale, fuori di testa. Infantile, anche. E decise, a mo’ di sfida, di esaltare ulteriormente le esagerazioni e gli eccessi. Di rendere Batman un personaggio differente rispetto alle origini. Un personaggio al passo con i tempi. Quei tempi, perlomeno. Gli anni Sessanta.
Sospensione dell’incredulità
Il segreto del successo, ad ogni modo, non risiede unicamente nell’atmosfera squisitamente camp (citiamo da Wikipedia: l’uso deliberato, consapevole e sofisticato del kitsch). Si nasconde fra le pieghe dei (tanti) contrasti. Per dire, da una parte buchi nella trama, copioni assurdi, stratagemmi che richiedono una forte, fortissima sospensione dell’incredulità. Dall’altra, invece, attori dalla recitazione perfetta, seria, posata. Lo stesso Batman non perde praticamente mai le staffe, anzi: si comporta da perfetto gentiluomo, prima di fronteggiare il cattivo di turno posteggia la Batmobile e paga il posteggio inserendo le monetine nel parchimetro. E ancora, Batman non aveva né passato né ricordi. Nessun accenno ai genitori uccisi in un vicolo. Era solo e soltanto Batman. Perché così doveva essere.
Il propellente per squali
La serie, conclusasi dopo tre stagioni, era un’esplosione continua di colori. Era, allargando il discorso, pop art. E il successo, dopo le critiche iniziali, fu clamoroso. Al punto che Batman divenne personaggio anche lontano dal piccolo schermo. Era sulle copertine delle riviste, nei discorsi ai tavolini dei bar. Ovunque. In un’epoca segnata dai moti studenteschi, dalle lotte per l’uguaglianza razziale, dalla guerra fredda e da quella, tremenda, in Vietnam, l’appuntamento con Batman divenne escapismo puro. Una fuga dalla realtà, proprio così. Meglio, molto meglio vedere Adam West – l’attore che interpretava l’Uomo Pipistrello – combattere per il bene di Gotham City. Con buona pace per i vari Joker, Pinguino, Enigmista, Mister Freeze e Cappellaio Matto, per tacere dei cattivoni inventati ad arte dagli sceneggiatori. Ne citiamo due, Re Tut e Testa d’Uovo.
Il successo fu tale che venne girato anche un film per la televisione. Un film passato alla storia per una scena, soprattutto: Batman che non riesce a sbarazzarsi di una bomba. E per l’utilizzo di un’arma assurda e surreale: il repellente per squali. Roba da matti. Le continue esagerazioni, tuttavia, segnarono anche la fine della serie. E questo perché gli sceneggiatori ad un certo punto non riuscirono più a ricreare la magia dei primi tempi. Le gag, così, iniziarono a essere ripetitive. E ad annoiare. Eppure, come detto, Batman resta un prodotto incredibilmente attuale. Capace, anche, di innovare. Non soltanto attraverso scenografie pompose e un cast stellare ma, ad esempio, introducendo la tecnica del cliffhanger per separare un episodio dall’altro: alla fine di quello precedente, banalmente, il nostro eroe si cacciava sempre in qualche guaio o rischiava la vita. Per la soluzione, bisognava aspettare la puntata successiva. Chiamatela fidelizzazione dello spettatore.