The Boss & Mr. President, il libro che racconta l’America

«Le conversazioni migliori hanno anche una qualità senza tempo: ci riportano nel regno della memoria e ci spingono in avanti, verso le speranze e i sogni che abbiamo. Rivelare le nostre storie, ascoltare quelle degli altri, ci ricorda che non siamo soli; e forse ci aiuta a capirci un po’ meglio». Se poi queste storie sono «semplicemente fantastiche da raccontare », allora il gioco della narrazione acquista potenza. Sino a farsi letteratura. Sino a diventare “Storia”.
I dialoghi tra Barack Obama e Bruce Springsteen, registrati nel 2020 e pubblicati ieri in contemporanea in tutto il mondo, non sono soltanto un libro-evento. Sono molto di più. Mostrano la faccia aperta e progressista di un Paese tuttora profondamente diviso, sono il tentativo di ricucire con le parole il tessuto lacerato dell’America rossa e blu, l’America dei conservatori ferocemente contrapposta a quella dei liberal. Non una Bibbia del progressismo, però; né un trattato di pedagogia della tolleranza. Piuttosto, un esempio pratico di come discutere. E di quanto sia utile il dialogo. «Non troverete risposte - dice il “Boss” ai lettori - ma due persone impegnate nella ricerca, che fanno del loro meglio per trovare domande migliori».
«Volevamo offrire, con una certa umiltà, la sensazione che c’è una vicenda americana comune capace di superare la polarizzazione, la divisione, la rabbia e il risentimento alimentati durante gli ultimi anni - ha detto Obama in un’intervista alla CBS - Forse è ingenuo pensare che sia possibile ricostruire questa storia comune. Ma lo preferisco al cinismo di chi dice che non c’è alcuna possibilità di farlo».
Nati negli USA
Nelle pagine di “Renegades. Born in the USA” ci sono molte parole e anche decine e decine di immagini, fogli di appunti, documenti. Un album di ricordi. E, insieme, un viaggio dentro le trasformazioni convulse - e a volta difficili da comprendere - di un Paese complicato.
Gli Stati Uniti fanno da filo conduttore. «Forse una cosa che io e Bruce condividiamo - la sua musica, la mia politica - è la convinzione che le persone non siano statiche. E penso che l’America sia la prova che le cose non sono statiche», spiega l’ex presidente.
«Siamo entrambi creature con il marchio “Born in the USA”. Non esiste un’altra nazione che avrebbe potuto mettere insieme la mescolanza di caratteristiche che formano un Barack Obama o un Bruce Springsteen», dice a sua volta il cantante. Nati negli Stati Uniti, certo, ma capaci di parlare al mondo. Uno con la musica. L’altro con la politica.
«Possono farlo perché sono entrambi grandi star, due miti - dice lo storico dei media Peppino Ortoleva, teorico della «società comunicante» e acuto osservatore di «Riti, abitudini e mitologie» dei mezzi di comunicazione di massa Obama è un’icona pop, parla come un predicatore e quindi affascina; il “Boss” è, a sua volta, un simbolo della musica rock e ha una forza trascinante ». L’importanza del libro non risiede tuttavia «semplicemente nei contenuti della conversazione, il cui peso resta comunque decisivo», dice ancora Ortoleva. «Quello che viene celebrato è soprattutto l’incontro, lo scambio tra i due; assieme a ciò che li accomuna, ciò che unisce il cantante con un’impronta politica chiara e il primo presidente nero degli Stati Uniti. Springsteen e Obama incarnano un grande pezzo degli Stati Uniti», ma non la totalità del Paese. «C’è infatti una parte di America, altrettanto popolare, che se n’è andata da un’altra parte e non è disposta ad ascoltarli».
Forse anche per questo, il tramite del messaggio è semplice, facilmente accessibile: prima, conversazioni a portata di click su Internet; e ora, un libro riccamente illustrato. Una scelta giudicata quasi scontata da Giampietro Mazzoleni, già professore di comunicazione politica alla Statale di Milano e studioso della dimensione “pop” della politica, argomento al quale ha dedicato qualche anno fa un’interessante monografia scritta assieme ad Anna Sfardini.
«Il filone pop è di successo se viene utilizzato in modo opportuno e saggio, sfruttando la sua dimensione piacevole», dice Mazzoleni. «L’intrattenimento aiuta a veicolare i messaggi, anche quelli complessi: accresce le possibilità di ottenere ascolto. A differenza di altri politici più compassati e seriosi, ad esempio lo stesso Trump o l’attuale presidente Joe Biden, Obama è sempre stato spiritoso e autoironico, e quindi capace di intrattenere divertendo. Per Springsteen, invece, è tutto più facile: è una vera e propria “celebrity”, come dicono gli americani, ed è sempre stato impegnato in battaglie caratterizzate da dimensioni e riflessi politici». Questo sistema di comunicazione “pop”, in voga soprattutto nelle democrazie liberali, sta pendendo piede anche in Paesi dove la politica mantiene un’aura sacrale.
«È ovvio che un certo tipo di messaggio non può passare unicamente con l’intrattenimento - aggiunge Mazzoleni Tuttavia, se vuoi raggiungere tutti devi adottare modalità diverse tra loro, senza dimenticare che il politichese non sarà mai efficace quanto un messaggio ironico».
Far parlare gli esclusi
In un’intervista rilasciata l’altro ieri in vista dell’uscita del libro, Obama e Springsteen hanno insistito sul punto: «Ci siamo fatti tante domande nella nostra vita - ha detto l’ex presidente USA - farsi tante domande, non sentirsi a proprio agio per lo statu quo, questo mi definisce. Non riuscivo a stare dentro una tribù, avevo bisogno di una comunità. A me interessa far partecipare più persone. Far contare le voci di chi è escluso».
«Mio padre era senza lavoro - ha aggiunto Springsteen Un uomo che non ha mai trovato una collocazione precisa; è stato straziante far parte di quella realtà, condividere il dolore di restare inascoltati. Per questo ho iniziato a scrivere. La mia è la storia di chi cerca di dare voce a chi non è stato mai ascoltato: ho reso quelle storie il lavoro della mia vita, ed è ancora così».