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The Playlist, così Netflix racconta la storia di Spotify

Le origini e il possibile futuro della piattaforma di musica in streaming in sei episodi da circa 50 minuti – Il declino è imminente?
© Netflix
Jenny Covelli
27.10.2022 15:30

Alzi la mano chi non possiede un account su Spotify. In cuffia, in auto o in diffusione dentro casa. Alcuni sopportano la pubblicità, altri preferiscono pagare l'account Premium. Ma come è possibile che la musica sia istantaneamente disponibile, tutta, in streaming e gratis? E, soprattutto, durerà? Sono le domande alla base di The Playlist, miniserie fiction disponibile su Netflix. Composta da sei episodi, racconta infatti la controversa e rivoluzionaria nascita di Spotify, nel 2006, in un periodo di crisi discografica, calo vertiginoso della vendita dei fischi (fisici) e dilagante pirateria musicale. E infatti la mente torna ai bei vecchi tempi di eMule quando, dopo una notte di download a tutto spiano, invece di un bel film o dell'album dell'estate ti ritrovavi nella cartella un bel porno. E dovevi ricominciare da capo. 

Sei sguardi sulla storia

Attraverso sei episodi, dalla durata di circa 50 minuti l’uno, The Playlist consente allo spettatore di spiare negli uffici delle major della musica, tra dirigenti discografici e imprenditori. E, proprio come in una playlist su Spotify composta da brani di artisti diversi, la serie racconta quello che è successo da sei punti di vista, quello dei protagonisti. A partire da Daniel Ek, CEO e co-fondatore di Spotify, fino alla cantante Bobbi T. Passando dal discografico, il programmatore geniale (che con gli altri nerd cerca di rendere la musica disponibile all'utente in totale libertà e istantaneamente), la responsabile degli affari legali, e pure Martin Lorentzon, che per primo ha investito nel progetto. Ognuno con la propria versione e percezione dei fatti. Tra chi comprende la necessità di abbandonare il passato e chi invece è avverso alle nuove tecnologie. E alla musica in streaming nello specifico (quella legale, non quella di The Pirate Bay), perché è di questo che si tratta.

© Netflix
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La rivoluzione nel mondo della musica

E proprio grazie ai sei punti di vista diversi è possibile capire (o almeno provare a farlo) cosa significhi avere l'idea geniale, trovare le persone giuste, scontrarsi con il muro della diffidenza, quello dei soldi, quello dell'ostracismo. Ma anche come un buon proposito può trasformarsi durante il processo di realizzazione. E come i suoi protagonisti mutino nel frattempo. Lo sfondo, come detto, è quello dell'inizio degli anni Duemila. Prima Napster, poi The Pirate Bay, il mondo della musica è devastato. Le case discografiche impazzite. I brani, senza limiti, passano da Internet ed entrano nelle sezioni Download dei computer. Poi nei CD o negli iPod.

Ma qualcuno ci ha visto una possibilità. E, a favore o meno che sia, ha sicuramente rivoluzionato quel mondo. Completamente, totalmente. Tanto che oggi, se domandate a un adolescente come accedere alla musica qualora Spotify crashasse, non ha nessuna idea di come rispondere. Se non con YouTube. Che però ha una modalità di fruizione totalmente differente e «pesante».

Verso un finale apertissimo

Sicuramente una rivoluzione, dicevamo. Ma il modello streaming è davvero sostenibile? Come vengono distribuiti i profitti generati da Spotify? Quanto, effettivamente, finisce nelle tasche del grande e, soprattutto, del piccolo artista? Le domande restano aperte. Già perché, lo ricordiamo, The Playlist non è un documentario ma una miniserie fiction. Che ha un suo finale, frutto di uno degli scenari possibili. Un futuro prossimo, che potrà incrociare o meno la strada della realtà. Chi usa Spotify può considerarsi «colpevole»? Che dire, allora, di Netflix?

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