Tina Turner e le ferite di un passato che ritorna

Oggi l’ottantaduenne signora Bach vive appartata con il marito nella sua lussuosa villa di Küssnacht sulle rive del lago di Zurigo, provata da un’esistenza del tutto fuori dal comune e da una serie di gravi malattie che ne hanno messo a dura prova la sua inarrestabile energia. Eppure, mentre racconta le sue vite precedenti, ogni tanto negli occhi di questa gran dama della musica rock riaffiora la grinta di un tempo, di quando era ancora Tina Turner e con la sua voce possente e la sua elettrizzante presenza scenica era in grado di dominare le decine di migliaia di spettatori che assistevano ai suoi concerti in ogni angolo del mondo.
Abbandonata e molestata
Tina, il documentario di Dan Lindsay e T.J. Martin presentato in questi giorni online fuori concorso alla 71. Berlinale ripercorre in un paio d’ore questa incredibile esistenza, fatta di indicibili sofferenze (l’abbandono da parte della madre quando era bambina, le pesantissime molestie sessuali e psicologiche esercitate su di lei dal marito e pigmalione Ike Turner) ma anche di un totale riscatto dal punto di vista artistico e umano che l’ha portata a ottenere un enorme successo nel mondo della musica ma anche a fungere da esempio per migliaia di donne che avevano subito il suo stesso destino, decenni prima della nascita del movimento #MeToo. Costruito in modo classico, basato su un sapientissimo montaggio di un ricco materiale d’archivio d’ogni genere e di interviste essenziali, il film ha il pregio di non allontanarsi mai dall’oggetto della sua indagine, raccontando attraverso la vicenda della sua protagonista una piccola ma significativa fetta di mezzo secolo di storia, non solo musicale ma anche sociale, del XX secolo. Quella di Tina Turner può quindi essere vista come una continua ricerca d’amore, amore che - prima di incontrare Erwin Bach alla fine degli anni Novanta - l’artista aveva trovato solo nei suoi fan. Non sorprende quindi che uno dei momenti più emozionanti del film sia l’interpretazione dal vivo da brividi di Help, la «canzonetta» dei Beatles che grazie alla sua voce e al suo pathos diventa un lancinante grido d’aiuto. Con questo film, che ha coprodotto, Tina Turner intende mettere la parola fine al racconto della sua vita che è stata oggetto di libri, autobiografie, film, musical e migliaia di interviste. Dopo aver rischiato di morire sotto le pesanti percosse di Ike e a causa di innumerevoli tentativi di suicidio, dopo aver conquistato da sola la vetta della popolarità mondiale, ora la «tigre del rock» è davvero stanca e non intende più far parlare di sé. Grazie signora Bach per questa ultima emozionante testimonianza!
Dal Libano a Le Havre
Il concorso della 71. Berlinale ha proposto nei giorni scorsi due produzioni francesi degne di nota. In Memory Box, Joana Hadjthomas e Khalil Joreige ci raccontano la storia di tre donne di tre generazioni diverse (nonna, madre e nipote adolescente) esuli in Quebec dopo aver dovuto lasciare il Libano martoriato dalla guerra civile. È l’arrivo da Beirut di un grosso pacco colmo di vecchi documenti (diari, fotografie, registrazioni sonore) a risvegliare le memorie di un passato bruciante e tragico, riuscendo con il coinvolgere emotivamente lo spettatore. Peccato che i due registi scelgano di terminare il film con il ritorno in Libano di madre e figlia per una vacanza troppo luminosa e perfetta per essere credibile.
Nei mesi scorsi l’operato delle forze dell’ordine è stato al centro dell’attualità francese, sull’onda del movimento BlackLive Matters. Il regista Xavier Beauvois (giunto al successo nel 2010 con Des hommes et des dieux) con il suo nuovo film Albatros affronta questo non semplice tema raccontando la storia di Laurent (Jérémie Renier, perfettamente calato nella parte), gendarme in una zona rurale nei pressi di Le Havre. Laurent è un sottufficiale dalle idee chiare: sul lavoro è preciso e disponibile; a casa è l’affettuoso compagno di Marie - che sta per sposare - e il padre sempre presente della loro figlioletta di 10 anni. Una notte però questo «mondo perfetto» esplode: Laurent, nel tentativo di salvare dal suicidio un giovane agricoltore che conosce bene, gli spara a una gamba e l’uomo muore dissanguato. Per il gendarme modello sembra la fine: Laurent si richiude su se stesso e solo una lunga traversata in solitaria in barca a vela, sulle rotte dei suoi avi balenieri gli permetterà di iniziare una nuova vita.